Un contribuente non paga le tasse. Equitalia iscrive ipoteca su tre immobili di sua proprietà, i quali, tuttavia, erano già stati destinati a fondo patrimoniale. Il giudice tributario accoglie il ricorso del debitore, ma l’esattore richiede che sulla questione si pronunci, invece, il giudice ordinario. Di quale tribunale è la competenza? È il complesso caso del quale si è occupata la Corte di Cassazione con la sentenza 641 del 16 gennaio 2015, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. Un. civ., sent. 16.1.2015, n. 641
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
G.G. impugnò davanti al giudice tributario l’iscrizione ipotecaria, eseguita nel 2008, conseguente al mancato pagamento di tre cartelle di pagamento relative ad imposte sui redditi per il 1997, effettuata su immobili di sua proprietà, assumendo che questi erano già stati destinati al fondo patrimoniale costituito con atto del 5 marzo 1999, e che ai sensi dell’art. 170 cod. civ., l’esecuzione sui beni e sui frutti del fondo patrimoniale era consentita solo per debiti contratti per far fronte ad esigenze familiari.
Il concessionario per la riscossione spa Equitalia Sestri eccepiva che l’iscrizione a ruolo dei tributi indicati nelle tre cartelle era anteriore alla costituzione del fondo patrimoniale, e che l’esecuzione era comunque possibile dovendosi intendere il disposto dell’art. 170 cod. civ. nel senso che nei bisogni della famiglia rientrano i proventi di una attività lavorativa svolta per il mantenimento della famiglia stessa, e dunque anche i relativi debiti.
In primo grado l’iscrizione era ritenuta illegittima ed il ricorso era accolto.
Il concessionario per la riscossione proponeva appello, eccependo in primo luogo il difetto di giurisdizione del giudice tributario circa le questioni attinenti la impignorabilità dei beni assoggettati al fondo patrimoniale, rilevando che la materia del contendere era la possibilità di effettuare un’esecuzione su un bene soggetto a fondo patrimoniale, e quindi una materia di competenza del giudice ordinario.
La Commissione tributaria regionale, con la sentenza impugnata, rilevato che gli obiettivi del fondo patrimoniale non consistono nel soddisfare i bisogni della famiglia, ma a vincolare alcuni beni al soddisfacimento anche solo eventuale di tali bisogni, sottraendoli alla garanzia generica di tutti i creditori, osservava che “il rimedio dato ai creditori dall’art. 2901 cod. civ. a tutela della loro garanzia patrimoniale generica (art. 2740 c.c.) contro gli atti di disposizione posti in essere dal debitore a detrimento delle loro ragioni è l’azione revocatoria … che attribuisce al creditore il potere di ottenere la dichiarazione giudiziale di inefficacia dell’atto di disposizione lesivo delle proprie ragioni”. Tale azione era “evidentemente di competenza del giudice ordinario…”, sicché era necessario “dichiarare la incompetenza del giudice tributario a favore del giudice ordinario, il quale dovrà accertare l’esistenza di un pregiudizio arrecato dall’atto di disposizione alla garanzia patrimoniale di tale credito, che l’appellato contesta sostenendo che vi erano altri beni (stipendi) aggredibili”.
Nei confronti della decisione il contribuente propone ricorso per cassazione sulla base di tre motivi. La spa Equitalia Sestri resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, denunciando violazione “delle norme di cui all’art. 35, comma 26 quinquies, del d.l. n. 223 del 2006”, il ricorrente assume che il credito per il quale era stata eseguita l’iscrizione ipotecaria – “secondo il disposto dell’art. 77 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602”, come si leggeva nell’atto impugnato – ha natura tributaria, e quindi il relativo ricorso dovrebbe essere proposto davanti al giudice tributario.
Con il secondo motivo, denunciando “illogicità della motivazione ed inconferenza della stessa in relazione all’oggetto del giudizio. Violazione delle norme di cui all’art. 132, n. 4, c.p.c. e ricorribilità ex art. 360, n. 5, c.p.c.”, censura la decisione per aver affermato che il concessionario per la riscossione avrebbe dovuto procedere con azione revocatoria nei confronti dell’avvenuta costituzione del fondo patrimoniale; che l’azione revocatoria apparteneva alla giurisdizione del giudice ordinario; e che pertanto sussisteva difetto di giurisdizione. E rileva come nella specie non fosse stata proposta alcuna azione revocatoria e come oggetto della controversia fosse la legittimità della iscrizione di ipoteca su beni costituenti fondo patrimoniale, sicché la motivazione non aveva alcun collegamento con l’oggetto del giudizio, ed era perciò illogica ed in conferente.
Con il terzo motivo, denunciando “illogicità della motivazione ed inconferenza della stessa in relazione all’oggetto del giudizio. Violazione delle norme di cui all’art. 132, n. 4, c.p.c. e ricorribilità ex art. 360, n. 5, c.p.c. Pronuncia sul merito ex art. 348, secondo comma, c.p.c.”, critica la decisione per aver ignorato i principi devolutivi dell’impugnazione ed aver errato nell’interpretare le domande formulate dalle parti sia in appello che in primo grado, e per aver offerto una definizione del fondo patrimoniale non rispettosa dei principi informatori dell’istituto.
I motivi del ricorso, siccome strettamente connessi, vanno esaminati congiuntamente.
Secondo l’insegnamento di questa Corte, a seguito dell’introduzione, ad opera dell’art. 35, comma 26 quinquies, lettera e-bis, della legge n. 223 del 2006, nell’elenco degli atti impugnabili innanzi al giudice tributario di cui all’art. 19, comma 1, del d. lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, l’iscrizione di ipoteca sugli immobili di cui all’art. 77 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, “le controversie aventi ad oggetto il provvedimento di iscrizione di ipoteca sugli immobili, cui l’Amministrazione finanziaria può ricorrere in sede di riscossione delle imposte sul reddito, ai sensi del d.P.R. n. 602 del 1973, appartengono alla giurisdizione del giudice tributario, qualora i crediti garantiti dall’ipoteca abbiano natura tributaria” (Cass. sez. un., 5 marzo 2009, n. 5286; per il regime vigente in epoca anteriore alla novella del 2006, si veda Cass., sez. un., 24 marzo, 2009, n. 7034; con riguardo alle controversie aventi ad oggetto il fermo di beni mobili, cfr. Cass., sez. un., 5 giugno 2008, n. 14831).
La sentenza impugnata a tali principi non si è attenuta, ed ha attribuito rilevanza nella controversia alla destinazione degli immobili a fondo patrimoniale, in modo inconferente e perciò illogico, sulla base di una ricostruzione della fattispecie basata su elementi del tutto ipotetici, utilizzando l’esercizio dell’azione revocatoria di cui all’art. 2901 cod. civ. – esercizio del tutto estraneo al giudizio in esame – non come argomento utile ad individuare il giudice munito di giurisdizione, ma come (unico) rimedio asseritamente ortodosso offerto ai creditori per neutralizzare la destinazione dei beni a fondo patrimoniale.
Il ricorso va pertanto accolto e dichiarata la giurisdizione del giudice tributario sulla controversia, la sentenza va cassata e la causa rinviata anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Liguria.
P.Q.M.
La Corte, a sezioni unite, accoglie il ricorso e dichiara la giurisdizione del giudice tributario, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Liguria.