[A cura di: avv. Saveria Del Vecchio – Ape Torino]
Negli ultimi anni l’emergenza abitativa, a causa della crisi economica, si è aggravata e, contrariamente al comune sentire, le conseguenze negative non riguardano soltanto i conduttori. È indubbio che vi sia un’emergenza sfratti per gli inquilini che versano in difficoltà economica, ma, nella maggior parte dei casi, questa emergenza è altrettanto grave per i proprietari che si trovano sostanzialmente privi di una tutela efficace e rispettosa del diritto.
Quando in un rapporto di locazione si verifica l’inadempimento del conduttore che non riesce più a pagare il canone e gli oneri accessori, è sicuramente necessario provvedere alla tutela di questo soggetto e fare in modo che possa trovare un’altra idonea sistemazione, ma questa tutela non può realizzarsi scaricando sul privato cittadino (in questo caso il proprietario immobiliare) il relativo costo.
Nel nostro Paese la categoria dei proprietari non è costituita da “agiati” che vivono delle rendite di un cospicuo patrimonio immobiliare; anzi, nella maggior parte dei casi si tratta di persone dal reddito medio-basso, (quelli maggiormente colpiti dalla crisi), che sono proprietari di un immobile acquistato con i risparmi di una vita, cercando di integrare la pensione o lo stipendio con il canone di locazione.
In tale contesto la morosità dell’inquilino, anche se “incolpevole”, può avere conseguenze gravi anche per il proprietario se si considera il mancato guadagno per i canoni non percepiti, le spese sostenute per la procedura di sfratto e gli oneri (ad esempio le spese di riscaldamento) versati al posto dell’inquilino dovendo, nel contempo, versare le imposte e sostenere le spese di manutenzione dell’immobile.
Il danno è ulteriormente aggravato dalla lunghezza delle procedure di sfratto per morosità, i cui tempi di rilascio risultano essere in media di 8-9 mesi, ma possono arrivare anche a 15 o 18 mesi, soprattutto nelle grandi città dove la concessione dell’intervento della forza pubblica viene spesso negata.
L’articolo 6 comma 5 a legge 28 ottobre 2013, n. 124 disponendo la cosiddetta graduazione amministrativa degli sfratti prevede che: “I comuni adottano le misure necessarie per comunicare alla Prefettura-Uffici territoriali del Governo l’elenco dei soggetti richiedenti che abbiano i requisiti per l’accesso al contributo, per le valutazioni funzionali all’adozione delle misure di graduazione programmata dell’intervento della forza pubblica nell’esecuzione dei provvedimenti di sfratto”. L’intervento dei Prefetti è dunque previsto solo dopo la comunicazione in parola riguardante i richiedenti contributi ed in stretta correlazione con l’assegnazione di questi. Gli interventi dei Prefetti (programmazione disponibilità forza pubblica, ecc.) dovrebbero essere circoscritti agli interventi previsti e quindi generali e non certo di esame, e conseguente graduazione, di singoli casi (riservata all’Autorità giudiziaria, come stabilito – su ricorso della Confedilizia – dalla Corte costituzionale con sentenza n. 321/’98).
In sostanza, la norma non riconosce alcun potere ai Prefetti di graduazione degli sfratti, neppure surrettiziamente tramite la graduazione della concessione della forza pubblica. Graduazione – quest’ultima – che dovrebbe essere programmata solo in linea generale, in funzione della disponibilità della stessa per periodi determinati, nel loro complesso considerati. Nelle grandi città, invece, dove l’emergenza abitativa si fa sentire con più drammaticità e sono aumentati a dismisura i casi di cui l’amministrazione deve farsi carico senza disporre delle risorse, si è registrata la tendenza delle autorità locali ad allungare i tempi dell’esecuzione forzata negando l’intervento della forza pubblica senza che il proprietario interessato della procedura possa comprendere le motivazioni del diniego.
Nel comune di Torino, ad esempio, in alcune zone “calde” l’esecuzione degli sfratti può causare problemi di ordine pubblico. In queste situazioni il proprietario è di fatto privo di tutela. Infatti, pur avendo ottenuto i provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria che accertano il suo diritto a rientrare in possesso dell’immobile, e che ordinano il rilascio dell’immobile, si vede negare l’intervento della forza pubblica per mesi. In altri casi, invece, è capitato che, seppur intervenute, le stesse forze dell’ordine non abbiano dato esecuzione allo sfratto per la presenza di minori all’interno dell’alloggio.
L’esecuzione dello sfratto viene così rimandata a data da destinarsi senza alcuna certezza di quando potrà avvenire il rilascio, in quanto gli enti preposti non forniscono indicazioni al riguardo. Pur essendo doveroso un intervento delle istituzioni per tutelare gli inquilini disagiati, non sono i cittadini, e nel caso di specie i proprietari di casa, che devono farsi carico delle problematiche sociali. Senza trascurare un ulteriore dato: se con la crisi sono aumentati i casi di “morosità incolpevole”, molte volte, invece, gli inquilini si rendono volontariamente morosi senza il timore di gravi conseguenze, potendo confidare sulle lungaggini delle procedure e consapevoli che possono occupare per oltre un anno un immobile senza pagare nulla, prima di doverlo restituire.