Alloggio pignorato: il debitore può abitarlo senza versare alcun corrispettivo
Nel periodo di tempo che intercorre tra il pignoramento di un immobile e la sua vendita coattiva, la legge tende a salvaguardare il diritto all’abitazione: il debitore può dunque vivere in quell’appartamento senza essere tenuto a pagare un corrispettivo al creditore. È quanto richiamato dal Tribunale di Taranto con la sentenza 2690 del 18 settembre 2014, di cui riportiamo un estratto.
TRIBUNALE DI TARANTO
Sez. II, sentenza 18.9.2014, n. 2690
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il fondamento della domanda.
Nel corso della procedura esecutiva immobiliare iscritta al n. (omissis), davanti al Tribunale di Taranto, l’interventrice S.F. srl aveva richiesto al Giudice dell’Esecuzione di porre a carico dei debitori, i sig.ri V.C. e F.D., un corrispettivo per il godimento da parte loro del bene pignorato, oltre che di una sua pertinenza, od in subordine che ne fosse disposta la liberazione.
Il Giudice dell’Esecuzione con ordinanza del 31-10-2012 rigettava entrambe le richieste ed il provvedimento veniva poi confermato dal Collegio in sede di reclamo.
Seguiva riassunzione del giudizio di merito di opposizione agli atti esecutivi tesa ad ottenere i provvedimenti invano richiesti al Giudice dell’Esecuzione.
Si costituiva solo uno dei debitori esecutati, e all’udienza del 18-06-2014 la causa veniva riservata per la decisione, con la concessione dei termini ex art. 190 per lo scambio di conclusionali ed eventuali repliche.
Il debitore esecutato non è tenuto a pagare un corrispettivo per il godimento del bene pignorato per il quale è stato autorizzato ex art. 560 c.p.c. ad abitarlo. L’infondatezza della tesi contraria: l’argomento difensivo che fa leva sul disposto ex art. 2912 c.c..
Secondo la tesi istante, comprendendo il pignoramento ex art. 2912 c.c. anche i frutti della cosa pignorata, troverebbe giustificazione il diritto al corrispettivo per l’occupazione dell’immobile da parte del debitore. È facile però ribattere che il legislatore ha voluto fare riferimento evidentemente ai frutti civili già esistenti, cioè al diverso caso in cui il debitore non abita l’immobile per averlo dato in locazione prima del pignoramento.
Viceversa l’art. 560 c.p.c. evocato dalle parti attribuisce al Giudice dell’Esecuzione il potere di autorizzare il debitore a continuare ad abitare l’immobile in alternativa alla sua liberazione: si deve quindi trattare di immobile già abitato dallo stesso debitore esecutato.
L’argomento che evoca l’istituto dell’occupazione di immobile pignorato, il cui possesso sarebbe appannaggio dei creditori.
La difesa istante sostiene poi che il diritto al corrispettivo per il godimento dell’immobile da parte del debitore esecutato si giustificherebbe perché la sua sarebbe una forma di occupazione di un bene, il cui possesso spetterebbe ai creditori della procedura.
Dimentica però la difesa istante che con il pignoramento si crea soltanto un vincolo di indisponibilità, ma non è automatica la privazione del godimento da parte dei debitori della cosa pignorata, beninteso a titolo di abitazione, spettando ogni decisione in materia al Giudice dell’Esecuzione ex art. 560 c.p.c..
I debitori, poi, perdono il possesso del bene solo con la vendita coattiva, ma fino ad allora potrebbe espandersi pienamente il contenuto del diritto di proprietà a loro spettante, saldando i creditori; prima della vendita coattiva possono essere privati del diritto di goderne solo con apposito provvedimento del Giudice dell’Esecuzione che disponga ex art. 560 c.p.c. la liberazione della cosa pignorata.
La volontà del legislatore ex art. 560 c.p.c.: la tendenziale prevalenza del diritto di abitazione sul diritto di credito in conflitto dei creditori.
Come emerge dal disposto ex art. 560 c.p.c., in realtà la legge ha voluto salvaguardare per quanto possibile il diritto di abitazione dei debitori esecutati limitatamente al periodo di tempo che intercorre tra il pignoramento e la vendita coattiva.
In altri termini se non emerge la necessità di liberare l’immobile, perché ad esempio i debitori ostacolino la vendita non permettendone l’accesso, prevale la salvaguardia del diritto all’abitazione; ciò in coerenza con l’indubbio favor per la protezione di questo diritto rinvenibile nel nostro ordinamento, che lo pone in posizione sovraordinata rispetto al contrapposto diritto dei creditori della procedura esecutiva a veder aumentato l’ammontare del ricavato.
Non si può poi a rigore parlare di occupazione del bene da parte dei debitori, posto che l’abitazione risulta autorizzata dal Giudice dell’Esecuzione; ed è allora anche lecito supporre che se il legislatore avesse voluto prevedere in una siffatta ipotesi un corrispettivo a carico del debitore esecutato, lo avrebbe espressamente contemplato, peraltro nell’ampia disciplina dedicata alla materia con gli art. 559-560 c.p.c..
Si ricordi, poi, che non è detto che vi sia un danno per la procedura per effetto di siffatta autorizzazione, come sostenuto invece dall’istante; un danno infatti vi sarebbe stato se fosse sorta l’esigenza di locare il bene a terzi. L’autorizzazione ad abitare l’immobile pignorato si spiega allora anche perché il più delle volte la locazione a terzi rappresenterebbe un ostacolo ad una pronta vendita coattiva.
Che poi possa intercorrere un periodo di tempo troppo lungo per giungere alla vendita coattiva, come lamentava l’istante, non è detto che dipenda dalla circostanza che i debitori siano stati autorizzati ad abitare il bene pignorato; e nel caso concreto peraltro la domanda non veniva ancorata ad una siffatta prospettazione.
La domanda subordinata di concessione della liberazione dell’immobile ex art. 560 c.p.c..
Proprio perché nella disciplina prevista dall’art. 560 c.p.c. la regola è che il Giudice dell’Esecuzione autorizzi il debitore ad abitare il bene pignorato, occorre che la diversa scelta di disporre la sua liberazione sia giustificata in concreto. Nel ricorso però non veniva spiegato il motivo per il quale sarebbe stato opportuno nel caso concreto adottare una siffatta più drastica misura; quindi la domanda subordinata di liberazione dell’immobile pignorato è da considerare inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza dell’attore e si liquidano come in dispositivo, tenuto conto della effettiva attività svolta.
P.Q.M.
Definitivamente pronunziando sull’opposizione ex art. 617 c.p.c. proposta dalla (omissis) – quale procuratrice della creditrice intervenuta S.F. s.r.l. – avverso l’ordinanza del 31-10-2012 adottata dal Giudice dell’Esecuzione nell’ambito della procedura esecutiva immobiliare 356-2007, rigettata ogni altra domanda ed eccezione, così provvede:
rigetta la domanda principale e dichiara inammissibile la domanda subordinata;
conferma quindi l’ordinanza del Giudice dell’Esecuzione impugnata;
condanna l’opponente al pagamento delle spese processuali sopportate dal sig. V.C., che si liquidano, in favore del suo difensore anticipante, in euro 6.000 per compenso professionale, oltre accessori di legge.