I lavori di allaccio della condotta idrico-fognale alle villette condominiali stanno per generare danni materiali alle unità abitative. Sulla denuncia di nuova opera e danno temuto il ricorso è respinto perché proposto contro un provvedimento (non definitivo) di natura cautelare. È quanto disposta dalla Corte di Cassazione con la sentenza 6302 del 27 marzo 2015, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., sent. 27.3.2015, n. 6302
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RITENUTO IN FATTO
l. È impugnata l’ordinanza del Tribunale di Trani, depositata l’11 maggio 2009, che, in sede di reclamo cautelare, ha riformato l’ordinanza emessa dal giudice unico del Tribunale di Trani, sezione distaccata di Barletta, in data 27 aprile 2007, e per l’effetto ha rigettato il ricorso per denuncia di nuova opera e di danno temuto proposto da M.D. nei confronti di N.R. e altri (omissis).
1.1. Il sig. M.D. aveva agito per ottenere l’inibitoria della prosecuzione dei lavori di allaccio della condotta idrico-fognale alle villette condominiali situate in via …, ai civici …, in Barletta, deducendo che i resistenti erano in procinto di rompere i muri di contenimento della rampa condominiale per procedere al suddetto congiungimento, e che sussisteva il pericolo di danno.
1.2. Nel contraddittorio delle parti, il giudice unico aveva accolto il ricorso e vietato la continuazione dei lavori, ordinando altresì il ripristino del muro di contenimento che delimitava i giardini di pertinenza delle singole unità abitative, ed aveva condannato i resistenti, in solido, al pagamento delle spese processuali.
2. Il giudice del reclamo, adito dai resistenti, aveva riformato totalmente il provvedimento impugnato, rilevando che mancava il riscontro dell’effettivo inizio dei lavori denunciati, e quindi della modifica dello stato dei luoghi riconducibile alla nozione di “nuova opera”, sicché il ricorso del sig. M.D. doveva essere rigettato. Le spese di lite erano integralmente compensate, fatta eccezione per quelle relative alla CTU, poste a carico del ricorrente.
3. Per la cassazione dell’ordinanza M.D. ha proposto ricorso straordinario affidato a undici motivi.
Resistono con controricorso N.R. e altri (omissis).
Le parti hanno depositato memorie in prossimità dell’udienza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
l. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
1.1. Il provvedimento impugnato è un’ordinanza resa in sede di reclamo cautelare, nel procedimento introdotto dal sig. M.D. con denuncia di nuova opera e di danno temuto.
Costituisce principio di diritto consolidato nella giurisprudenza di questa Corte l’affermazione secondo cui il ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost. è proponibile avverso provvedimenti giurisdizionali emessi in forma di ordinanza o di decreto solo quando essi siano definitivi ed abbiano carattere decisorio, cioè siano in grado di incidere con efficacia di giudicato su situazioni soggettive di natura sostanziale: a ciò consegue l’inammissibilità dell’impugnazione con tale mezzo dell’ordinanza adottata dal tribunale in sede di reclamo avverso provvedimento di natura cautelare o possessoria, giacché trattasi di decisione a carattere strumentale ed interinale operante per il limitato tempo del giudizio di merito e sino all’adozione delle determinazioni definitive all’esito di esso, come tale inidonea a conseguire efficacia di giudicato, sia dal punto di vista formale che da quello sostanziale, non rilevando in senso contrario il fatto che vi sia stata condanna alle spese.
Detta inammissibilità del ricorso straordinario per cassazione deve essere affermata anche quando, come il caso in esame, la parte ricorrente deduca la “abnormità” del provvedimento medesimo, perché recante statuizioni eccedenti la funzione meramente cautelare (ex plurimis, Cass.,Sez. U., sentenza n. 1245 del 2004).
2. Il ricorso risulta inammissibile anche con riferimento alla impugnazione della statuizione sulle spese, per assenza del requisito della residualità.
Trova infatti applicazione, nel caso in esame (procedimento introdotto prima del 4 luglio 2009), l’art. 669-septies cod. proc. civ. nel testo vigente prima della modifica introdotta dalla legge n. 69 del 2009, che prevedeva lo specifico rimedio dell’opposizione ai sensi degli artt. 645 ss. cod. proc. civ..
3. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi euro 3.700, di cui euro 200 per esborsi, oltre accessori di legge.