Tra gli indiscussi protagonisti del Def – il Documento di economia e Finanza del cui testo definitivo è attesa stamattina l’approvazione in Consiglio dei Ministri – c’è senza dubbio la local tax: l’imposta unica sugli immobili la cui introduzione è prevista per il 2016. come è noto, il suo intento principale dovrebbe essere quello della semplificazione, accorpando Imu, Tasi, e una serie di altri balzelli locali. Ma da parte di molti – proprietari immobiliari in primis – c’è il timore che si tratti di un ennesimo cambiamento di nome, attuato per celare una nuova batosta sul settore che più di ogni altro, negli ultimi anni, ha contribuito al risanamento delle asfittiche casse del Paese.
Tra i primi ad intervenire sulla questione, tuttavia, non c’è una rappresentanza della proprietà, bensì la Fimaa, la federazione dei mediatori d’affari aderente a Confcommercio, che per voce del presidente nazionale, Valerio Angeletti (nella foto), puntualizza: “Fare chiarezza nella giungla delle tasse sul mattone, semplificando con un’imposta sulla casa unica e secca vuol dire mettere ordine una volta per tutte al pasticcio della Iuc, ma per la vera ripresa del mercato delle compravendite immobiliari occorre ridurre la pressione fiscale sugli immobili. È questa l’unica via per sostenere l’incremento delle compravendite che, seppur ancor molto lento, stiamo registrando in diverse zone del Paese e per tornare finalmente a crescere in maniera costante e duratura”.
Secondo il numero uno Fimaa, “Superare la coesistenza di Imu e Tasi, unificando i due tributi in un’unica imposta con aliquote differenziate è senza dubbio positivo, perché senza tasse chiare ed eque non si va da nessuna parte. Ci auguriamo però che alla politica degli annunci sulla local tax non segua di fatto il solito giochetto del cambiar nome alle cose solo per nascondere improvvisi aumenti delle imposte a carico dei cittadini e delle imprese”.