[A cura di: Confappi]
“Nell’ambito dei regolamenti condominiali, vanno distinte le clausole con contenuto tipicamente regolamentare dalle clausole contrattuali, le quali devono essere approvate all’unanimità. È fuori discussione che una clausola, che limita ad un determinato uso un immobile escludendo gli altri possibili, costituisce limitazione del diritto di proprietà”. È quanto scrivono i giudici della Corte di Cassazione nella sentenza n. 5657 del 20 marzo 2015.
Il protagonista della vicenda è un condomino, che decide di impugnare una delibera assembleare con la quale è stato approvato (a maggioranza e con il suo voto contrario) un regolamento di condominio, che priva alcuni condòmini dell’utilizzo di parti comuni. Nello specifico, l’utilizzo delle ultime rampe di scale di un palazzo che quindi, secondo la delibera incriminata, appartengono solo ad alcuni condòmini i quali possono vietarne l’accesso agli altri.
Dice la Suprema Corte: “Le norme del regolamento condominiale che incidono sulla utilizzabilità e sulla destinazione delle parti dell’edificio, in particolare sullo stato giuridico di una cosa comune, come nella specie le scale, hanno carattere convenzionale e, se predisposte dall’originario proprietario dello stabile, debbono essere accettate dai condòmini nei rispettivi atti di acquisto ovvero con atti separati, e, se invece deliberate dall’assemblea condominiale, debbono essere approvate all’unanimità (cfr. tra le tante, Cass. 11 febbraio 1977 n. 621)”.
Quindi, continuano i giudici, “non potendo formare oggetto di decisione assembleare a maggioranza, sono assolutamente nulle le deliberazioni delle assemblee condominiali lesive dei diritti di proprietà comune. Ciò posto, non vi è dubbio che la clausola (del regolamento condominiale approvato dall’assemblea a maggioranza) che destina alla proprietà esclusiva dei proprietari dell’appartamento posto al piano terzo ed attico dello stabile le scale di collegamento fra i due piani, costituisce “di per sé” lesione del diritto di proprietà comune dei condòmini, comprimendo in maniera eccessiva e ingiustificata l’esercizio di facoltà connesse all’uso o al godimento delle parti comuni dell’edificio – divieto di accedere in una parte delle scale – escludendo alcune destinazioni dall’uso che avrebbe potuto altrimenti farsi della cosa comune”.