[A cura di: avvocati Roberto Negro e Valentina Massara – centro studi Appc]
L’avvocato Enrico Bet del Foro di Genova (AIAF), ha tenuto una importante relazione sul tema molto attuale della crisi della famiglia e del suo reverberarsi su aspetti di natura immobiliare, condominiale e locatizia.
Ha segnalato il relatore la problematica relativa all’assegnazione della casa familiare, come disciplinata dall’art. 337 sexies cod. civ. che dispone che il godimento della casa familiare sia attribuito tenuto prioritariamente conto dell’esigenze dei figli, e che nell’assegnazione il Giudice debba tener conto della regolamentazione dei rapporti economici tra i genitori, considerandosi anche l’eventuale titolo di proprietà.
L’articolo in questione dispone che il diritto al godimento della casa familiare venga meno se l’assegnatario non la abiti o cessi di abitarla stabilmente o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio.
Il provvedimento di assegnazione è trascrivibile ed opponibile ai terzi ex art. 2643 c.c..
I provvedimenti di cui sopra non fanno differenza tra figli nati nel matrimonio e figli nati fuori dal matrimonio e sono addottati dal Tribunale ordinario.
In parallelo, all’art. 337 sexies cod. civ, si fa riferimento all’art. 6 della Legge 898/70, che dispone che l’abitazione della casa familiare spetti di preferenza al genitore cui sono affidati i figli o al genitore con il quale i figli convivono.
Lo scopo delle norme sarebbe quello di consentire al figlio di mantenere, anche nella crisi del rapporto di coppia, l’habitat domestico in cui ha sempre vissuto; anche nel caso di contratto di locazione vigono norme similari, in quanto già la legge 392/78 disponeva che nei contratti di locazione succede al conduttore l’altro coniuge se il diritto di abitazione nella casa familiare sia attribuito allo stesso dal Giudice, ovvero in caso di accordo tra i coniugi stessi.
Problemi particolari sorgono in caso di comodato, in quanto spesso l’immobile viene concesso in comodato dai genitori al figlio che si sposa, e ciò in quanto il diritto dell’assegnatario dovrebbe possedere la stabilità che aveva l’originario diritto del comodatario: la Corte di Cassazione a Sezioni Unite (sentenza n. 13603/04) ha ritenuto che il comodante sarebbe tenuto a consentire la continuazione del godimento del bene per l’uso previsto dal contratto ed in particolare per l’uso familiare, valutandosi da parte del Giudice se le motivazioni nel momento in cui è stato concesso il bene siano tali da impedire di protrarre oltre l’occupazione.
La concessione per uso familiare implica una scrupolosa verifica dell’intenzione delle parti, delle condizioni personali e sociali, della natura dei loro rapporti e degli interessi perseguiti (Corte Cass.Sentenza n. 20448/14).
In definitiva, la normativa introdotta dall’art. 337 sexies cod. civ. comporta la necessità che le eventuali difficoltà interpretative o discrasie vengano superate con una lettura della norma costituzionalmente orientata.
Il relatore ha anche esaminato il problema del pagamento delle imposte sulla casa, soprattutto per lo “usuario” non proprietario e, peraltro, ai fini dell’applicazione della TASI, visto che il presupposto dell’imposta si realizza con la detenzione dell’immobile a qualsiasi titolo, il tributo dovrebbe incidere anche sull’utilizzatore-occupante dell’immobile stesso.