RISTRUTTURAZIONI E VINCOLO PAESAGGISTICO: AUTORIZZAZIONE ORDINARIA O SEMPLIFICATA?
[A cura di: avv. Silvio Rezzonico – pres. naz. Confappi] È di gran lunga il vincolo più diffuso in Italia. Perfino nelle grandi città vi sono quartieri, anche lontano dai centri storici, che sono protetti. Non è tuttavia facile parlarne, anche perché i vincoli sono costruiti su misura per la singola località. Può essere necessaria l’autorizzazione per sostituire una siepe con un muro, per trasformare una finestra in portafinestra, per sostituire le tegole di un tetto, per costruire un balcone o una scala esterna e perfino per pitturare con un certo colore i muri esterni.
Insomma, l’unico tratto in comune è che il vincolo coinvolge sempre opere all’esterno dei fabbricati. Si può però trattare anche di opere di semplice manutenzione ordinaria come la tinteggiatura delle facciate. Di conseguenza, in caso di vincolo paesaggistico su cui non decide il Comune, un’opera edilizia per cui è prevista l’attività edilizia libera, in realtà, pretende un’asseverazione del Comune stesso alle prescrizioni urbanistiche ed edilizie. Quindi tanto libera non è.
Ma a chi bisogna rivolgersi? In Comune e presso un tecnico esperto. In passato era sempre la Regione (o le Province da essa delegate) a concedere l’autorizzazione. Ora sono, in linea di principio, i Comuni. Ma solo quelli che sono stati giudicati dalla Regione avere “i requisiti di organizzazione e di competenza tecnico-scientifica” per vagliare l’autorizzazione (quindi hanno costituito apposite commissioni paesaggistiche al loro interno). Così esistono Comuni abilitati e Comuni non abilitati a esaminare le richieste.
IN COSA CONSISTE
Le norme sull’autorizzazione paesaggistica sono costantemente in mutamento e hanno ricevuto ulteriori ritocchi dalla conversione del D.L. 83/2014 (Legge 29 luglio 2014, n. 106). Il passo più importante si è avuto però con il varo del D.P.R. 9 luglio 2010, n. 139 che istituisce il regime semplificato dell’autorizzazione paesaggistica per le opere minori nelle regioni a statuto ordinario, restando valido solo in casi piuttosto rari il regime ordinario previsto dal Testo Unico per i beni culturali e il paesaggio). Detto in altre parole, esistono due tipi di autorizzazione: quella ordinaria (regolata dal D.Lgs. 42/2004) e quella, appunto, più “semplice” (contenuta nel DPR 139/2010).
La differenza tra le due sta innanzitutto nei tempi. La prima prevede, salvo intoppi, dai 105 ai 120 giorni di attesa per essere rilasciata, più altri 30 giorni per divenire efficace. I tempi possono essere però notevolmente più lunghi, soprattutto se la P.A. ha sacche di inefficienza e diviene necessario far scattare meccanismi sostitutivi.
Per la seconda autorizzazione, invece, basta attendere 60 giorni, passati i quali senza che siano stati incontrati ostacoli, si avrebbe il diritto di dar via libera al cantiere. Naturalmente tali tempi valgono per pratiche ben predisposte dal tecnico che ci assiste, con tutta la documentazione necessaria: altrimenti si allungano di una quindicina di giorni per l’integrazione della documentazione.
ITER SEMPLIFICATO
Di autorizzazione semplificata si occupa principalmente il DPR 139/2010. Essa è concessa per 39 tipi di interventi, elencati nel DPR 139/2010: un elenco sintetico dei più importanti è riportato di seguito. Si tratta naturalmente delle opere edilizie di più scarso conto, ma anche di quelle più comuni.
Quali interventi
* Incrementi volumetrici fino al 10%, max 100 mc. (In questo caso, il D.L. 12 settembre 2014, n. 133 (decreto “sblocca Italia”) ha stabilito che non è soggetta ad autorizzazione paesaggistica l’installazione o la modifica di impianti di radiotelefonia mobile, da eseguire su edifici e tralicci preesistenti, che comportino la realizzazione di pali di supporto per antenne di altezza non superiore a 1,5 m. e superficie delle antenne non superiore a 0,5 mq. Sono inoltre escluse le zone A quali centri storici e zone assimilate).
* Demolizioni e ricostruzioni con il rispetto di volumetria e sagoma preesistenti (escluse zone A).
* Demolizione senza ricostruzione o demolizione di superfetazioni (escluse zone A).
* Apertura e modifica finestre esterne o lucernari, realizzazione o modifica di balconi, terrazze, lastrici solari, finestre, ringhiere e parapetti, chiusura balconi, rifacimento coperture e intonaci (escluse zone A).
* Rifacimento tetti anche con materiali diversi e modifica inclinazione, realizzazione abbaini, lastrici solari, terrazze a tasca (escluse zone A).
* Adeguamento alle norme antisismiche e sul risparmio energetico.
* Posti auto esterni o interrati con volume fino a 50 mc e relative rampe (prima realizzazione, le modifiche ad autorizzazione ordinaria).
* Tettoie, porticati, chioschi fino a 30 mq.
* Volumi tecnici fino a 10 mc.
* Opere di superamento delle barriere architettoniche, anche con modifica prospetti e sagome (escluse zone A).
* Cancelli, recinzioni o muri di contenimento del terreno (escluse zone A).
* Modifica di muri di cinta senza incremento altezze.
* Pavimentazioni, accessi pedonali e carrabili di larghezza non superiore a 4 m (escluse zone A).
* Monumenti ed edicole funerarie nei cimiteri.
* Cartelli e insegne pubblicitari inferiori a 18 mq (escluse zone A).
* Tende da sole per attività commerciali e pubblici esercizi.
* Adeguamento della viabilità esistente (marciapiedi, incroci, parcheggi a raso, ecc.).
* Allacciamenti alle infrastrutture di rete, anche sopra suolo.
* Pali per elettricità fino a 10 m e per la telefonia fino a 6,3 m (non è soggetta ad autorizzazione paesaggistica l’installazione o la modifica di impianti di radiotelefonia mobile, da eseguire su edifici e tralicci preesistenti, che comportino la realizzazione di pali di supporto per antenne di altezza non superiore a 1,5 m. e superficie delle antenne non superiore a 0,5 mq).
* Cabine elettriche o gas
* Arredi urbani, illuminazione pubblica
* Installazione climatizzatori esterni, caldaie, parabole, antenne (escluse zone A).
* Antenne radiomobili non superiori a 6 metri, e apparati di telecomunicazioni in vani tecnici a loro servizio non superiori a 3 m.
* Serbatoi GPL fino a 13 mc e recinzioni correlate.
* Impianti tecnici esterni al servizio di edifici esistenti a destinazione produttiva.
* Opere e manufatti interrati, comprese opere di recinzione o sistemazione correlate.
* Pannelli fotovoltaici e termici fino a 25 mq superficie (esclusi immobili con vincolo storico-architettonico)
* Nuovi pozzi prelievi da falda per uso domestico (occorre l’assenso dell’autorità competente), tombamento parziale di corsi d’acqua (tratti fino a 4 m) esclusivamente per dare accesso ad abitazioni esistenti e/o a fondi agricoli interclusi.
* Manufatti di difesa dalle acque costiere, fluviali e dei laghi e taglio vegetazione sulle sponde.
* Taglio parziale di boschi di pertinenza immobili esistenti, fino a 100 mq, o per il ripristino di prati stabili, prati pascolo, coltivazioni agrarie tipiche, fino a 5mila mq, taglio di alberi isolati o in gruppo.
* Casotti per attrezzi in legno (fino a 10 mq).
* Occupazione temporanea suolo con strutture mobili, chioschi (fino a 120 giorni).
* Strutture amovibili per attività turistiche, sportive o del tempo libero.
SOPRINTENDENZE
Le Soprintendenze sono sempre coinvolte nel processo. Il loro parere va sempre chiesto, in caso di iter lungo o breve, dall’ente incaricato (Comune, Provincia o Regione), ma non è obbligatorio. Ci spieghiamo meglio. Quando il Soprintendente si pronuncia, l’ente locale deve emanare un provvedimento in linea con quanto detto dalla Soprintendenza. Se invece tace, o non risponde nei tempi previsti, l’ente locale deve comunque pronunciarsi, per il sì o per il no, nei tempi prescritti.
Ma il nodo reale resta quello di altri tempi: quelli antecedenti alla presentazione della domanda. Innanzitutto i tempi necessari al tecnico abilitato per redigere la scheda di relazione paesaggistica allegata al DPCM 12 dicembre 2005, detta “semplificata” ma che in realtà tanto semplice non è. La documentazione necessaria che va allegata è imponente: prevede il progetto, i riferimenti legislativi, le ortofoto dell’area, gli estratti delle mappe predisposte dai vari strumenti urbanistici comunali, gli estratti degli strumenti di pianificazione paesistica (quali PP, PTCP. PURT) che evidenzino il contesto paesaggistico e l’area dell’intervento, le foto dell’area coinvolta nelle opere.
Poi ci sono le valutazioni stesse del progettista, che deve evidenziare gli elementi o valenze paesaggistiche che interessano l’area di intervento e il contesto paesaggistico, gli effetti conseguenti alla realizzazione dell’opera e le misure adottate per mitigare l’intervento.
Insomma, per mettere un cancello, per pavimentare un accesso carrabile o per installare una tenda da sole su un negozio può essere necessario un vero e proprio “trattato” architettonico a firma di un operatore con notevole sensibilità ambientale.
QUALI SONO I RISCHI
I rischi sono di due tipi. Il primo è quello denunciato spesso dalle associazioni di tutela del paesaggio: la Soprintendenza ha troppo da fare, ha poco personale o è inefficiente e non rispetta il ruolino di marcia. Il risultato è che si consentono lavori edili che rovinano l’ambiente. Il secondo rischio è invece di segno opposto: il Comune e le sue Commissioni paesaggistiche non si danno da fare e il cittadino non riesce a ottenere l’assenso necessario nei giorni previsti, anche se ne avrebbe diritto. Se ciò accade, la soluzione è fare un costoso ricorso al TAR, ai sensi della Legge 241/1990, chiedendo anche il risarcimento di eventuali danni (comunque difficili da provare).
Anche l’impugnazione avviene con ricorso al TAR (in teoria anche al Presidente della Repubblica). Sempre al TAR possono rivolgersi anche le “associazioni portatrici di interessi diffusi in materia di ambiente e danno ambientale”, ovviamente contro un’autorizzazione rilasciata. Infine, la Legge 106/2014 prevede l’istituzione di apposite Commissioni, regionali o interregionali, che hanno il compito di esprimersi entro il termine perentorio di 10 giorni dalla ricezione dell’atto, sull’impugnazione fatta da altre amministrazioni pubbliche su pareri, i nulla osta o gli altri atti di assenso espressi dagli organi periferici del Ministero per i beni e le attività culturali, comprese le Soprintendenze. Può capitare, quindi, che contrasti interni alla P.A. possano invalidare un’autorizzazione già ricevuta.
TERMINI DI VALIDITÀ
L’autorizzazione paesaggistica vale 5 anni. Al suo termine è necessario ricominciare tutto da capo, richiedendo se è il caso una nuova autorizzazione. Tuttavia la già citata Legge 106/2014 ha introdotto una novità: il principio che il periodo su cui calcolare i 5 anni inizia a partire dal giorno in cui viene rilasciato il titolo edilizio per cui si chiede l’autorizzazione stessa. La modifica è evidentemente equa, perché detta uguali condizioni per tutti: non era giusto che i tempi burocratici per ottenere un assenso dilatati a causa dell’inefficienza di un certo Comune mettessero nei guai certi cittadini, dando loro meno tempo per eseguire opere con autorizzazione paesaggistica.
ITER A CONFRONTO
Iter ordinario
* Presentazione del progetto corredato dalla documentazione all’apposito ufficio delegato dalla regione (in genere, comunale).
* Istruttoria:
– esame completezza;
– valutazione paesaggistica;
– parere Commissione per il paesaggio.
* Invio alla Soprintendenza (entro 40 giorni).
* Parere della Soprintendenza (entro 45 giorni):
– nel caso il parere pervenga, l’Amministrazione competente provvede in conformità al parere entro 20 giorni;
– decorsi 60 giorni dalla ricezione degli atti dal Soprintendente, l’Amministrazione competente conclude il procedimento e dà l’autorizzazione;
– nel caso il parere della Soprintendenza non pervenga, è possibile convocare una Conferenza di servizi. Quest’ultima si pronuncia entro 15 giorni dalla convocazione;
– nel caso in cui l’Amministrazione competente non provveda dopo il parere della Sorpintendenza, l’interessato può richiedere alla Regione che sia nominato un commissario ad acta entro altri 60 giorni;
– nel caso in cui il commissario non sia nominato il ruolo di chi rilascia l’autorizzazione viene esercitato dalla Soprintendenza.
* L’autorizzazione diventa efficace 30 giorni dopo il rilascio.
Iter semplificato
Per legge, le durate massime sono le seguenti:
* se non ci sono problemi: 60 giorni;
* se non ci sono problemi, ma va integrata la documentazione: 75 giorni;
* se c’è parere negativo, ma vengono accolte le osservazioni del committente: 80-95 giorni;
* se c’è parere negativo e c’è il ricorso alla Soprintendenza: 75-90 giorni.