In mezzo a tante voci esultanti ce n’è anche una fuori da coro. È quella dell’Agefis (associazione dei geometri fiscalisti) che accoglie con delusione e rammarico lo stop subito dal processo di riforma del catasto dopo la cassazione del secondo decreto attuativo della legge di delega fiscale in materia, dall’ultimo Consiglio dei ministri utile per approvarlo.
“Il secondo decreto, il più significativo, quello, per intenderci, concernente la revisione dell’intero sistema estimativo del catasto fabbricati, avrebbe dovuto essere discusso nel corso del Consiglio dei Ministri n.69/2015 tenutosi il 23 giugno, ma è stato eliminato all’ultimo istante dall’ordine del giorno per volere dello stesso presidente del Consiglio – ricostruisce l’Agefis -. Questa cancellazione in extremis getta nella più totale insicurezza il futuro della revisione del sistema catastale italiano”.
L’associazione sottolinea che nel corso della conferenza stampa al termine del Consiglio dei Ministri il presidente Renzi ha comunicato la scelta del Governo di non intervenire sul catasto spiegando che, nelle more dell’approvazione della local tax, qualsiasi operazione potrebbe apparire come un intervento di aumento delle tasse, sebbene il testo preveda l’invarianza di gettito. Una scelta non condivisa dal presidente Agefis Mirco Mion: “La riforma del Catasto ha l’obiettivo di rendere più equa la tassazione immobiliare, facendo pagare quanto dovuto a coloro che possiedono immobili di pregio, ponendo rimedio a una situazione di privilegio e disuguaglianza che non è più accettabile. Quindi il mancato varo del tanto atteso decreto legislativo è, a dispetto di quanto affermato da alcuni, una sconfitta ai danni dei cittadini appartenenti a fasce medio-basse, ovvero dei possessori di immobili di basso valore con rendite alte rispetto a possessori di immobili di pregio con rendite molto basse”.
Allo stato attuale, infatti, l’associazione dei geometri fiscalisti ricorda che “le rendite catastali presentano profondi elementi di vetustà e obsolescenza derivanti dal fatto che il sistema a categorie e classi non è mai stato modificato, rimanendo sostanzialmente quello dell’impianto formato sulla base della legge del 1939. È evidente che il mancato aggiornamento degli estimi catastali ha prodotto una staticità della corrispondente base imponibile rispetto ai prezzi mediamente applicati e ai redditi percepiti. Staticità per altro non superabile con il semplice utilizzo di moltiplicatori lineari che, come si è verificato per l’Imu, possono ridurre l’incidenza della tassazione sul valore di mercato effettivo al crescere della differenza tra valore catastale e valore di mercato. Procrastinare l’avvio della riforma significa continuare a non aggiornare gli estimi, seguitando così a produrre diseguaglianze sempre più marcate, che favorisco le grandi proprietà e penalizzano le famiglie mono-proprietarie e quei giovani che negli ultimi anni hanno comprato casa e che pagano ancora il mutuo”.
Preme ancora sul tasto dell’equità l’ultima considerazione di Mion: “La riforma deve avere l’obiettivo di far pagare meno chi fino ad oggi ha pagato molto, utilizzando il maggior gettito derivante dalla tassazione fatta ai grandi proprietari. A fronte di alcune categorie di contribuenti che pagheranno meno, perché certe rendite catastali saranno riviste al ribasso, altri pagheranno, di conseguenza, di più: il saldo del gettito, però, dovrà essere lo stesso. Tutto questo anche nel rispetto dell’articolo 53 della Costituzione e del principio della progressività basata sulla capacità contributiva dei cittadini. La riforma del catasto può, e deve essere, un vero esercizio di democrazia fiscale dal quale non ci si può più sottrarre. Non procedere in fretta in questo senso significa continuare a penalizzare i cittadini più deboli e a non tutelarli”.