D. I condòmini di un condominio – composto da oltre 100 unità immobiliari – hanno sollevato un problema di interpretazione delle norme contenute nella riforma del condominio in materia di supercondominio. Vi sottopongo la problematica che presumo possa essere estesa ad una pluralità di condòmini che si trovano nella medesima situazione di quello in argomento.
Il condominio è stato costruito agli inizi degli anni Ottanta da un’unica impresa, ed è formato da:
* un grosso fabbricato di sei piani fuori terra formato da due corpi – cinque scale il primo e due il secondo – edificati in tempi diversi e su mappali diversi;
* tre corpi di villette a schiera costruiti in due tempi congiuntamente al fabbricato principale e sugli stessi mappali;
* una grande piazza di circa mq. 3.000 – privata ad uso pubblico – sotto la quale sono state costruite circa 80 autorimesse previste congiuntamente ad altre 80 ubicate sotto il fabbricato principale e sotto le villette ed aventi i corselli in comune come pure in comune sono gli stessi accessi alle vie principali.
È necessario precisare che i giardini delle villette coprono in tutta lunghezza – e per quasi tutta la larghezza – l’intero corsello di accesso alle autorimesse interrate.
I fabbricati hanno in comune oltre alla piazza anche l’impianto di adduzione dell’acqua comprese le due autoclavi, l’impianto antincendio, l’illuminazione dei corselli al piano interrato ed i passaggi pedonali per l’accesso alla piazza, la sala riunioni, quattro scale che uniscono la piazza all’interrato e sono state imposte come vie di fuga dai vigili del fuoco per tutte le autorimesse dell’interrato. A seguito della difficoltà di ricevere segnali televisivi l’antenna a servizio delle villette è installata sul tetto del corpo principale di sei piani.
Nell’anno 2007 i condòmini – nel corso di apposita assemblea – hanno formalmente confermato il regolamento condominiale e le tabelle millesimali, entrambi in uso da tempo per tutto il condominio. Con l’avvento della nuova normativa sui condomini, alcuni condòmini ritengono di fatto smembrato il complesso sopradescritto e trasformato in un supercondominio di vari fabbricati che, secondo loro, dovrebbero essere autonomi pur con parti accessorie.
Le argomentazioni da loro addotte troverebbero fondamento nell’interpretazione della formulazione del nuovo art. 1117/bis del c.c. e dell’art. 67 delle disposizioni di attuazione del codice civile. In buona sostanza gli interessati – sia i proprietari delle villette a schiera e sia quelli delle varie scale – sono dell’avviso che la riforma considera una situazione come quella sopra descritta inequivocabilmente come supercondominio senza dover interpretare ed applicare gli art. 61 e 62 delle disposizioni di attuazione.
Rispondono gli avvocati Massimiliano Bettoni e Giandomenico Graziano (Studio Legale MaBe)
R. Il condominio viene in essere “ipso iure et facto”, ovverosia senza bisogno d’apposite manifestazioni di volontà o altre esternazioni, quali approvazioni assembleari, solo che singoli edifici, costituiti in altrettanti condomini, abbiano in comune alcuni impianti e servizi legati, attraverso la relazione di accessorietà, con gli edifici medesimi e per ciò appartenenti, pro quota, ai proprietari delle singole unita immobiliari comprese nei diversi fabbricati (cfr., Cassazione n. 17332 del 2011).
Secondo il principio di accessorietà, un bene è condominiale “allorché sussista un collegamento funzionale tra il bene stesso e la singola unità immobiliare” (cfr. Cass., 27145/2007; Cass., 17993/2010). Il singolo, quindi, ha il diritto di condominio pro quota sulla parte in questione se quella parte risulti funzionale alla singola unità immobiliare di cui è proprietario, ovvero se tra le parti comuni e le singole unità esiste un legame materiale di incorporazione che rende le prime indissolubilmente legate alle seconde.
Il bene, al contrario, non è comune quando per le sue caratteristiche funzionali o strutturali serva in modo esclusivo all’uso o al godimento di una sola singola unità immobiliare, o perché non sia necessaria per l’esistenza dell’edificio stesso o perché sia perpetuamente destinata all’uso particolare.
Quando una parte comune è accessoria a più edifici contigui tra loro e strutturalmente autonomi si parla di supercondominio. Per meglio dire, i singoli edifici costituiti in altrettanti condomini vengono a formare un supercondominio quando alcuni impianti e servizi comuni sono già contestualmente legati dalla relazione di accessorio a principale con più edifici. La figura del supercondominio è, quindi, compatibile con la contestuale esistenza di condomini autonomi, afferenti ai singoli edifici.
Fino al recente passato era dibattuto se la normativa dei condomini degli edifici potesse applicarsi anche al supercondominio o se per tali fattispecie dovesse rilevare la normativa della comunione. Questo interrogativo sorgeva per la fatica ad abbandonare l’idea, riferibile al Legislatore del 1942, ancorata unicamente al concetto di condominio in senso verticale. Oggi, è fuori dubbio che le realtà immobiliari sviluppate in senso orizzontale presentano fattispecie di condominialità da trattare alla stregua del condominio tradizionale. Tale affermazione, oltre al disposto di cui all’art. 1117 bis cod. civ., è altresì consolidata dal mutamento terminologico cui si è avvalso il Legislatore della riforma il quale ha modificato la locuzione “i proprietari dei diversi piani o porzioni di piano” con il sintagma “i proprietari delle singole unità immobiliari”.
Orbene, gli artt. 61 e 62 disp. att. c.c. permettono ai condòmini di “sciogliere il condominio” dividendolo in parti che abbiano le caratteristiche di edifici autonomi, intervenendo così sulla situazione di fatto. (Cass. 05 ottobre 2001 n. 12290).
Tutto ciò porta ad affermare che al supercondominio si applica la normativa condominiale anche se non vi e alcuna volontà dei condòmini e se non vi è titolo contrario.
La suprema Corte di Cassazione 2305/2008, ha affermato che ai fini della costituzione di un supercondominio non è necessaria né la manifestazione di volontà dell’originario costruttore né quella di tutti i proprietari delle unità immobiliari di ciascun condominio, essendo sufficiente che i singoli edifici abbiano, materialmente, in comune alcuni impianti o servizi, ricompresi nell’ambito di applicazione dell’articolo 1117 del cc, in quanto collegati da un vincolo di accessorietà necessaria a ciascuno degli stabili, spettando, di conseguenza, a ciascuno dei condòmini dei singoli fabbricati la titolarità pro quota su tali parti comuni e l’obbligo di corrispondere gli oneri condominiali relativi alla loro manutenzione.
Ciò premesso, la divisione del condominio avviene con la divisione delle parti comuni ex art. 1119 cod. civ. e qualora la divisione non possa attuarsi senza modificare lo stato delle cose ed occorrano opere per la sistemazione diversa dei locali o delle dipendenze tra i condòmini, lo scioglimento deve essere deliberato con le più stringenti maggioranze di cui all’art. 1136, quinto comma, cod. civ.
Questo perché attraverso un intervento sulle parti comuni, si andrebbe ad incidere sulla relazione di accessorietà di cui sopra.
Qualora, a seguito della divisione, dovessero ancora restare in comune alcune parti, perché ad esempio, non suscettibili di utilizzazione separata ovvero indivisibili, su queste dovrà continuare ad essere applicata la fattispecie del supercondominio, quindi con la convocazione di un’apposita superassemblea, con la ripartizione delle spese tra i supercondòmini, ecc.
Ciò che rileva, in conclusione, è proprio lo stato di fatto (relazione di accessorietà) di cui all’art. 1117 cod. civ.. I condòmini possono decidere di interferire su detta relazione, ma qualora ciò sia materialmente o giuridicamente impossibile, saranno ancora soggetti alla fattispecie supercondominiale.
Né una diversa interpretazione può rilevarsi attraverso la Riforma del Condominio, la quale, limitandosi a recepire il precedente e copioso orientamento giurisprudenziale, altro non ha fatto che normativizzare la situazione previgente. Nel caso di specie, quindi, riteniamo che la nuova disciplina normativa in materia condominiale sancisca ipso iure et facto tale fattispecie e pertanto la situazione è già considerabile quale super condominio senza che sia necessario un passaggio e dar corso alle azioni prescritte agli articoli 61e 62 delle disposizioni di attuazione del codice civile.