Un focus specifico sui consumi di energia daparte delle famiglie, sulle modalità di riscaldamento domestico, sugli impianti
utilizzati in ambito condominiale. A contenerlo è la relazione sulla situazione
energetica nazionale nel 2014 pubblicata nei giorni scorsi dal Ministero dello
Sviluppo Economico.
LA RELAZIONE
Il primo dato che si evince dal report è che
prosegue la transizione energetica dell’Italia verso un sistema più efficiente,
meno dipendente da fonti estere e in cui le energie rinnovabili svolgono un
ruolo sempre più rilevante. L’energia da fonti rinnovabili copre infatti oltre
un quinto della produzione primaria richiesta e rappresenta la prima fonte di
generazione elettrica (43% della produzione nazionale lorda). Anche la
riduzione degli usi finali di energia (-4,6%) è stata generalizzata in tutti i
settori e particolarmente acuta negli usi civili (famiglie e servizi pubblici e
privati), che rimangono i maggiori consumatori di energia.
La relazione è stata redatta da un gruppo di
lavoro costituito presso la Direzione Generale per la Sicurezza degli
Approvvigionamenti e le Infrastrutture Energetiche (DGSAIE) e formato da
rappresentanti istituzionali e settoriali interessati alle tematiche
energetiche. Alla relazione – che può essere interamente consultata sul sito
del MiSE – sono allegate tre monografie relative alle seguenti tematiche:
* Spesa energetica e competitività delle
imprese;
* La produzione, i costi e il valore aggiunto
del settore energetico nel periodo 2011-2014;
* Imposte sull’energia: principali evidenze
del 2014 e analisi della serie storica 1995-2013.
Nel 2014, il maggior contributo ai consumi energetici
complessivi è ancora una volta da attribuire al settore degli usi civili (che
comprende il settore domestico, del commercio, dei servizi e della Pubblica
amministrazione) per il quale si rileva una quota del 36%: superiore a quella
dei trasporti (32%) e dell’industria (23%). Nell’ultimo decennio, l’incidenza
di tale settore è aumentata di oltre quattro punti percentuali. Alcune stime,
peraltro, imputano al settore domestico un peso particolarmente rilevante
nell’ambito degli impieghi energetici del settore degli usi civili, dovuto
proprio alla crescente diffusione di impianti di riscaldamento e di
raffrescamento e all’utilizzo di elettrodomestici e di impianti ed
apparecchiature elettriche ed elettroniche.
Secondo i dati dell’indagine Istat sui consumi delle
famiglie italiane, nel 2013 la maggioranza delle famiglie che risiedono in
Italia possiede un sistema di riscaldamento degli ambienti (98,0%),
mentre praticamente tutte le famiglie (99,3%) dispongono di acqua calda
sanitaria. Rispetto agli impianti per il riscaldamento, i sistemi per il
raffrescamento risultano invece molto meno diffusi: ne sono in possesso solo
29,4 famiglie su 100.
Se si escludono le dotazioni per la produzione dell’acqua
calda sanitaria, caratterizzate da una contenuta variabilità, la distribuzione
delle dotazioni si modifica a livello territoriale, in relazione alle
differenziate esigenze di climatizzazione delle abitazioni connesse a
differenti condizioni climatiche locali. I sistemi per il riscaldamento
dell’abitazione risultano più diffusi nel Nord, interessando la quasi totalità
delle famiglie, e in particolare in Piemonte, Valle d’Aosta, Trentino-Alto
Adige, Veneto e FriuliVenezia Giulia. All’opposto, in Sicilia si registra la
più elevata quota di abitazioni prive di sistemi di riscaldamento (11,6%).
Gli impianti per il raffrescamento degli ambienti,
invece, mostrano una più consistente diffusione nel Nord-Est (dove a dotarsene
sono 39 famiglie su 100) e nel Mezzogiorno (32,2), con quote ancor più elevate
in regioni quali la Sardegna (47,5), il Veneto (45,3), l’Emilia Romagna (42,8).
L’esigenza di condizionamento viene invece avvertita in maniera inferiore dalle
famiglie residenti nel Centro (24,0) e nel Nord-Ovest (23,4) e del tutto marginalmente
in regioni montane come Valle D’Aosta e Trentino-Alto Adige.
L’impianto autonomo è il sistema di riscaldamento più
utilizzato dalle famiglie italiane, rappresentando il 65,8% degli impianti
unici o prevalenti di riscaldamento delle abitazioni e il 73,9% di quelli per
la produzione di acqua calda. Gli apparecchi singoli rappresentano la
fonte unica o prevalente di riscaldamento degli ambienti in 18,5 casi su 100
(più in particolare, 15% per gli apparecchi fissi e 3,5% per quelli portatili)
e, dell’acqua calda, in 20,4 su 100. Gli impianti centralizzati sono il
15,7% delle dotazioni per il riscaldamento delle abitazioni e solo il 5,8%
degli apparecchi per la produzione di acqua calda sanitaria (ACS).
Significative differenze nella diffusione delle varie
tipologie di impianto si riscontrano a livello territoriale. Nel Nord-Est e nel
Centro la percentuale di diffusione dell’impianto autonomo risulta superiore
alla media nazionale per entrambi gli utilizzi (con punte fino all’85% per ACS
nel Nord-Est), mentre nel Nord-Ovest è la proporzione di famiglie che
utilizzano l’impianto centralizzato ad essere superiore alla media (oltre il
30% per il riscaldamento della casa e il 10% per l’acqua). Agli apparecchi
singoli si ricorre soprattutto nel Mezzogiorno: per l’abitazione li utilizzano
il 31,3% delle famiglie (ben 59% in Sardegna e 41% in Sicilia); per l’acqua il
29,1% (56% in Sardegna e 43% in Sicilia).
Il gas naturale (comunemente noto nel settore
residenziale come “metano”) che alimenta oltre il 70% degli impianti per il
riscaldamento degli ambienti e dell’acqua, è il combustibile di gran lunga
maggiormente utilizzato nel settore residenziale, in particolar modo per i
sistemi centralizzati e autonomi. Seguono le biomasse (usate soprattutto
per gli apparecchi singoli fissi di riscaldamento dell’abitazione), e l’energia
elettrica (che alimenta soprattutto gli scaldabagni), mentre GPL e gasolio
assumono un ruolo complessivamente marginale per entrambi gli utilizzi. La
notevole convergenza tra tipologie di sistemi di riscaldamento dell’abitazione
e dell’acqua – in termini sia territoriali sia di fonte di alimentazione –
dipende dall’elevata incidenza di famiglie che adottano lo stesso impianto per
entrambi gli utilizzi: si tratta di 64,7 famiglie su 100, di cui 59,4 in
possesso di impianto autonomo e 5,3 di centralizzato.
Le famiglie spendono in un anno oltre 42 miliardi di euro
per il consumo energetico, con una spesa media annuale a famiglia di 1.635
euro. La spesa media annuale varia consistentemente a livello territoriale, in
relazione a molteplici elementi: un utilizzo delle funzioni di riscaldamento e
condizionamento più o meno pronunciato a seconda delle condizioni climatiche
locali; un diverso ricorso alle varie fonti energetiche; un costo di mercato
dei diversi prodotti energetici anch’esso variabile sul territorio. Le spese
per prodotti energetici risultano superiori al Nord (1.872 euro medi all’anno
nel Nord Est e 1.790 nel Nord-Ovest) e inferiori nel Centro (1.527) e, ancor più,
nel Mezzogiorno (1.387). La regione in cui le famiglie spendono in assoluto di
più è la Valle d’Aosta (2.000 euro), seguita da Emilia Romagna, Veneto,
Lombardia e Piemonte. All’estremo opposto della graduatoria si collocano la
Sicilia, che registra una spesa media annuale inferiore ai 1.300 euro all’anno,
la Campania, il Lazio e la Puglia. Le famiglie residenti in Valle d’Aosta,
dunque, spendono circa il 70% in più di quelle residenti in Sicilia, con un
differenziale pari a quasi 750 euro.
Se si guarda alla composizione percentuale della spesa media
annuale per fonte energetica, il metano – ampiamente utilizzato, come si è
visto, per le funzioni di riscaldamento, ma anche per gli usi cucina – risulta
il combustibile al quale viene destinata la quota più consistente di spesa
(50%). Il contributo dell’energia elettrica alla spesa media annua ammonta al
36%, mentre quote assai meno rilevanti di spesa vengono devolute all’acquisto
di GPL (6%), biomasse (5%) e gasolio (4%).
Il confronto interregionale della composizione percentuale
della spesa media per fonte energetica rende conto della diversa diffusione dei
combustibili sul territorio. Per tenere conto dell’onere economico dei prodotti
energetici, quando effettivamente utilizzati dalle famiglie, è utile calcolare
la spesa media effettiva, rapportando la spesa totale, per ciascuna fonte
energetica, al numero delle sole famiglie che la hanno acquistata. Il gasolio è
il combustibile al quale è associata la spesa media effettiva annuale più
elevata, pari a 1.400 euro circa. Seguono il metano, che costa alle famiglie
che ne fanno uso poco più di 1.000 euro all’anno, e l’energia elettrica (581).
Su livelli inferiori e tra loro confrontabili si collocano le spese medie
effettive per i pellets (459 euro), la legna (457) e il GPL (449).
Per famiglie ed imprese la spesa energetica costituisce una
voce di costo difficilmente comprimibile; in presenza di prezzi crescenti dei
prodotti energetici, la spesa per il loro acquisto va a distrarre risorse che potrebbero
essere invece destinate a consumi e investimenti così influendo sul benessere
delle prime e la competitività delle seconde.
Per il gas, il gap tra i prezzi pagati dalle famiglie
italiane e quelle europee è sostanzialmente determinato dalla componente
fiscale che, con l’eccezione della Francia per le classi più bassi di consumo,
rende il nostro gas per uso domestico il più caro in Europa (del 20-30 per
cento a seconda delle classi di consumo). Per le imprese, invece, il gap è
assente fatta eccezione per le imprese con consumi più bassi, che, dopo le
imposte, pagano un prezzo superiore del 10% della media europea (ma consumano
meno dell’ 1% del gas per utilizzi industriali).
Per l’energia elettrica la situazione è differente. Con
l’eccezione delle famiglie collocate nelle fasce inferiori di consumo (che
consumano il 42 per cento della domanda residenziale), il prezzo italiano
dell’energia elettrica è tra i più elevati (dal 12 al 75 per cento in più della
media dell’UE 27), in particolare, per le imprese; queste ultime sostengono
prezzi più elevati della media europea in tutte le classi di consumo (di oltre
il 35-48 per cento).