In caso dipianificazione urbanistica si può presentare ricorso contro le scelte del
Comune solo se si dimostra una serie di condizioni. Lo ha spiegato il Consiglio di Stato con la sentenza 3433/2015. Nel caso preso in esame dai giudici, dopo che un Comune aveva
approvato il piano degli interventi, con delle osservazioni era stato chiesto
di ridurre l’altezza degli edifici previsti, incrementare i verde circostante e
limitare gli interventi ammissibili solo al recupero del patrimonio edilizio
esistente. Il Comune aveva accettato alcuni suggerimenti, ma il proprietario di
un edificio situato nella zona vicina a quella interessata dal piano degli
interventi aveva impugnato le scelte del Comune che, a suo avviso, lo
danneggiavano.
Sia
il Tribunale amministrativo che il Consiglio di Stato hanno bocciato le
richieste dell’interessato spiegando che in materia di pianificazione
urbanistica il ricorso è ammesso solo se si dimostra che da essa possono
derivare danni patrimoniali o il peggioramento delle condizioni di vita. Per
poter prendere in considerazione i ricorsi, si deve inoltre dimostrare che la
nuova destinazione urbanistica incide sul godimento o sul valore di mercato dell’area
vicina o, ancora, su interessi specifici. Al contrario,
hanno chiarito i giudici, non è sufficiente affermare che la vicinanza può
provocare danni generici.
Il
CdS ha infine affermato che le scelte dell’Amministrazione sono discrezionali e
generiche, cioè non possono riferirsi a dei casi specifici. In
altre parole, il Comune aveva preso in considerazione le richieste avanzate da
alcuni cittadini, ma solo perché consentivano, in generale, la tutela delle
zone di pregio e la limitazione dello sfruttamento del territorio a fini
edificatori.