“Bene l’eliminazione della Tasi, ma è dalla riqualificazione, dall’efficientamento energetico degli immobili e dal consolidamento del patrimonio edilizio esistente che ripartirà il settore delle costruzioni”. Secondo il neo-presidente dell’Ance, Claudio De Albertis, sono queste le linee guida da seguire per rimarginare le ferite di una crisi economica durata otto anni. Il numero uno dell’Associazione Nazionale Costruttori Edili, nominato a fine di luglio in sostituzione di Paolo Buzzetti, spiega ai taccuini di Italia Casa e di Quotidianodelcondominio.it quale sia la strada maestra da percorrere per invertire la tendenza.
Un incarico importante e impegnativo: qual è la direzione che imprimerà all’ANCE?
Sicuramente è un incarico impegnativo, ma anche molto stimolante. Ci troviamo di fronte a sfide sempre più complesse, con un mercato selettivo e difficile da interpretare. Dobbiamo perciò fornire strumenti e risposte adeguate alle nostre imprese affinché siano in grado di competere ad armi pari con gli altri partner internazionali. Ci vuole poi una visione chiara di quello che si vuole fare non solo in un’ottica di emergenza, ma anche nel medio e lungo periodo. Una delle strade da percorrere con convinzione è quella della risistemazione e dell’ammodernamento delle nostre città in chiave soprattutto di efficientamento energetico e di messa in sicurezza degli edifici.
Questo è il momento ideale per avviare un grande processo di rottamazione e sostituzione degli edifici troppo vecchi ed energivori, il che raggiungerebbe il duplice obiettivo di migliorare la qualità di vita dei cittadini e di dare un forte impulso all’edilizia e all’economia nazionale; come fanno già d’altronde molte metropoli europee che in questi anni e, nonostante la crisi, hanno spinto molto sulla risistemazione di interi quartieri e sulla creazione di spazi abitabili sempre più moderni e in linea con le esigenze dei cittadini di oggi e di domani.
Parliamo della crisi del settore edilizio. Come sta evolvendo e quali sono le prospettive a breve e medio termine per il settore? Quanto pesa l’imposizione fiscale sul mattone?
Otto anni di crisi hanno lasciato cicatrici molto profonde e il tessuto imprenditoriale non sarà più certamente lo stesso. I numeri sono chiari: la filiera delle costruzioni è quella che ha pagato il prezzo più alto, con quasi 800.000 posti di lavoro persi (compreso l’indotto) e 80.000 imprese finite fuori dal mercato.
Le ragioni di questa Caporetto sono numerose. Certo un aumento spropositato delle tasse sulla casa che in pochi anni sono passate da 9 a quasi 29 miliardi di euro ha influito in modo notevole a bloccare il mercato delle transazioni immobiliari che in questi anni di crisi si è ridotto della metà. Una stangata che non ha avuto eguali in Europa e che ha fortemente impoverito le famiglie italiane, proprietarie di casa per oltre l’80%, con effetti devastanti sui consumi e sull’occupazione.
La strada percorsa dal Governo dell’abolizione della Tasi è quella giusta? È questa la priorità per il Paese e per il settore del mattone?
Bene ha fatto il Governo ad annunciare le scorse settimane una riforma della fiscalità immobiliare e l’eliminazione della Tasi. Anche solo in termini di fiducia e di aspettative più rosee rispetto al passato, questo annuncio può fare molto per ristabilire un clima di fiducia e per rafforzare le quotazioni del mattone. Se poi si promuovessero con più decisione strumenti fiscali per favorire l’acquisto di case ad alta prestazione energetica e il rent to buy, siamo certi che il settore ripartirebbe.
Quali sono le tendenze del settore? Nuove costruzioni o ristrutturazioni dell’esistente?
I permessi di costruire negli anni della crisi sono scesi ai livelli degli anni ’30. Questo vuole dire che si è costruito molto meno che nei primi anni 2000. Quello delle ristrutturazioni invece è un mercato in crescita che ha tenuto, seppur a fatica, anche negli ultimi anni. Siamo certi, quindi, che è dalla riqualificazione, dall’efficientamento e dal consolidamento dell’esistente che ripartirà il settore.
Sul versante delle ristrutturazioni, cosa si auspica in merito agli incentivi e alle detrazioni fiscali?
Una cosa è certa, senza gli ecobonus e gli incentivi alle ristrutturazioni, la crisi di questi anni sarebbe stata ancora più grave. Mentre il residenziale e le opere pubbliche sono crollati, gli investimenti per il recupero sono gli unici che hanno mantenuto i livelli, attenuando la caduta occupazionale e quella produttiva. Una formula fiscale che ha generato gettito e promosso la riconversione del patrimonio edilizio, facendo bene al comparto, alle casse dello Stato e all’ambiente. È chiaro allora che si deve continuare su questa strada, prorogando e rimodulando gli incentivi per favorire interventi edilizi che danno un miglior risultato in termini di risparmio energetico. Ma non solo, per dare veramente il via a una politica industriale dell’edilizia orientata all’efficienza energetica, il fisco può fare molto di più. Ecco perché come Ance abbiamo avanzato alcune proposte per la prossima Legge di Stabilità che vanno in questa direzione, come la detassazione degli acquisti di case nuove in classe A o B, che oggi sono più tassati rispetto all’acquisto dell’usato; o ancora incentivi per favorire la rottamazione degli edifici vecchi e particolarmente energivori e per dare maggior slancio al rent to buy. Sono proposte fattibili anche sul piano delle coperture e che porterebbero benefici importanti per il settore, per l’economia e la sostenibilità ambientale.