[Fonte: Uni]
Nelle scorse settimane Milano ha accolto presso la sede Uni gli esperti internazionali dell’Iso/Tc 43, nella quale operano le sottocommissioni SC1 e SC 2 che si occupano di rumore e di acustica negli edifici. Il settore è da sempre oggetto di specifici lavori normativi, la cui complessa articolazione è data dalle peculiarità nazionali e dalle esigenze dei singoli Paesi. Una materia che è dunque anche una ambiziosa sfida per la normazione internazionale.
Fabio Scamoni, dell’Istituto per le Tecnologie della Costruzione (Itc) del Cnr (Consiglio Nazionale delle Ricerche), è presidente della Sottocommissione Uni “Acustica in edilizia”, nonché coordinatore del gruppo di lavoro “Metodo previsionale per la valutazione della prestazione acustica degli edifici a partire dalle prestazioni degli elementi”, e ha partecipato come delegato italiano ai lavori dell’ISO/TC 43/SC 2 “Building acoustics” e ad alcuni gruppi di lavoro in essa operanti. Con riferimento specificatamente ai lavori dell’Iso/Tc 43/Sc 2/Wg 29 “Acoustic classification scheme for buildings”, Scamoni ne dichiara subito sfide e finalità: “C’è una estrema difficoltà ad armonizzare questo argomento. Ma i lavori ISO hanno certamente l’obiettivo di costruire un sistema armonizzato”.
Il compito è quindi impegnativo. “Da 10 a 15 anni a questa parte – prosegue Scaloni – la maggior parte dei Paesi europei si è dotato di un sistema per classificare o darsi dei valori limite per l’acustica in edilizia. Il fatto è che ogni Paese ha il suo. Ed oltre alle norme esistono ovviamente specifici provvedimenti legislativi che disciplinano la materia e che a volte non sono perfettamente coordinati con la normativa tecnica. Insomma, è un panorama molto eterogeneo”.
In tempi recenti non sono ovviamente mancati importanti tentativi di mettere ordine nella materia e di trovare un punto comune a livello europeo. “Circa cinque anni fa si è partiti con una Cost Action (progetto di cooperazione europea nella ricerca scientifica e tecnologica, n.d.r.), riunendo i maggiori esperti del settore. Frutto del lavoro di 29 nazioni europee, la bozza scaturita dai lavori della Cost Action è ora approdata ai tavoli Iso. Fondamentale è stato anche il contributo degli esperti italiani basato sui contenuti della Uni 11367:2010 sulla classificazione acustica delle unità immobiliari”.
Si tratta pertanto di un nuovo filone normativo, volto a creare un riferimento comune a livello comunitario. “Il lavoro nel quale siamo impegnati – spiega ancora Scamoni – è quello di ristrutturare la proposta a suo tempo elaborata per darle una veste normativa. Si vuole proprio arrivare a una norma sulla classificazione acustica degli edifici, o meglio delle unità abitative”.
Ma anche altre attività, in un certo senso più tradizionali, sono ben dispiegate sul tavolo dei lavori Iso. “È in corso un aggiornamento sia delle norme sui metodi di misura in laboratorio, sia di quelle che definiscono i metodi di misura in opera per la determinazione delle prestazioni acustiche degli edifici. Cioè si parla di isolamento acustico tra gli elementi interni, di isolamento con l’esterno, cioè di facciata, di isolamento al calpestio, di rumorosità degli impianti. Siamo agli step finali”.
Nel complesso si tratta di un normale lavoro di aggiornamento, ma non mancano particolari aspetti innovativi. “Ci sono interessanti novità rispetto al passato per quanto riguarda la valutazione delle prestazioni acustiche. C’è una forte richiesta, in particolare da parte dei Paesi centro-nord europei, di includere nelle misurazioni delle prestazioni acustiche anche gli effetti di quelle sorgenti di rumore dove siano dominanti le basse frequenze. Questi Paesi hanno una loro specificità di sistemi costruttivi. Sono sistemi in genere più leggeri (vd. legno)che rendono le strutture più sensibili alle sorgenti a basse frequenze. Da questo punto di vista è evidente la necessità di controllare meglio le prestazioni di questi sistemi”.
Questo che cosa comporta? “Le difficoltà – chiosa Scamoni – di natura tecnica: le basse frequenze (fino a 50Hz) sono più difficili da misurare e c’è un più alto margine di errore. Insomma, si pongono significativi problemi di affidabilità nelle misurazioni sia in laboratorio che in opera”.