LA DIFFERENZA TRA COMUNIONE DI BENI E CONDIZIONE DI CONDOMINIALITÀ
- Redazione
- 27 ottobre 2015
L’esistenza di una strada in comune e del relativo impianto fognario costituisce una comunione di beni non dando luogo ad alcuna ipotesi di condominialità. Così si è espressa la Corte di cassazione con la sentenza 17045 del 20 agosto 2015, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., sent. 20.8.2015,
n. 17045
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CONSIDERATO IN FATTO
(Omissis), tutti nella qualità di proprietari di villette alla via … n.ri da 2 a 28 di …, convenivano in giudizio innanzi al Tribunale di Firenze E.A.,amministratore del condominio degli stabili posti alla succitata via ai n.ri da 30 a 94.
Gli attori chiedevano l’accertamento della inesistenza di rapporto di condominialità, rispetto al convenuto condominio, delle loro villette poiché quest’ultime non avevano nulla con lo stesso in comune eccetto la strada di collegamento con la via pubblica e le relative condutture.
Chiedevano, altresì, tutte le parti attrici la restituzione delle somme già riscosse dal convenuto condominio a titolo di contributi non dovuti, a loro dire, per l’insussistente condominialità.
Costituitosi in giudizio, il condominio resisteva all’avversa domanda sostenendo che le dette villette, unitamente agli altri stabili e palazzine adiacenti, costituivano un unico condominio in quanto l’intero complesso era stato edificato , sulla base di un unico progetto, da un unico soggetto quale la Cooperativa N,H..
Con sentenza del 7 gennaio 2005 l’adito Tribunale di prima istanza accoglieva la domanda.
Il condominio interponeva appello, cui resistevano gli appellati.
L’adita Corte di Appello di Firenze, con sentenza n. 332/2009 rigettava l’appello.
Per la cassazione della decisione della Corte distrettuale ricorre il condominio con atto affidato a due ordini di motivi assistiti dalla formulazione di quesiti ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c..
Resistono con controricorso (omissis).
Parte ricorrente e parti controricorrenti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c..
RITENUTO IN DIRITTO
1. Con il primo motivo del ricorso si censura il vizio di “violazione degli artt. 1130 e 1131 c.c. con riferimento all’art. 360 numero 3 c.p.c.” prospettando il difetto di legittimazione passiva dell’amministratore condominiale.
Il motivo è corredato dalla formulazione del seguente testuale quesito di diritto : “se l’accertamento che un determinato bene immobile fa parte o non fa parte di un condominio implichi o meno l’accertamento in ordine alla partecipazione alla comproprietà di talune parti dell’edificio e se rispetto a tale accertamento possa essere considerato legittimato passivo l’amministratore del condominio”.
Il ricorso, quanto al motivo qui in esame, è carente di autosufficienza. Non risulta, infatti, puntualmente specificata sede e momento in cui parte ricorrente abbia già svolto e prospettato il difetto di legittimazione passiva oggi invocato.
In sostanza solo dalla stessa sentenza impugnata risulta che, precedentemente al presente grado di giudizio, “sul piano processuale il condominio ha sollevato, in questo grado (ovvero in appello), eccezione di difetto di legittimazione passiva propria”.
In ogni caso, a prescindere dalla sua tempestiva proposizione, la cennata questione del difetto di legittimazione passiva è infondata.
La domanda degli attori-appellati, che avevano agito per veder disconosciuto ogni loro rapporto di condominialità (specie al cospetto delle pretese del condominio) non poteva essere di certo singolarmente rivolta nei confronti dei singoli condòmini del condominio oggi ricorrente.
D’altra parte deve rilevarsi che, ai fini della costituzione di un condominio, non è sufficiente la mera allegazione della circostanza che gli immobili siano stati costruiti da un unico costruttore o sulla base di un unico complessivo progetto edilizio (né risulta addotto un atto attestante la regolare costituzione del condominio nel senso preteso dalla parte ricorrente); ed, ancora, che l’eventuale esistenza di un supercondominio non ha costituito neppure oggetto di apposita domanda svolta nel giudizio.
Il tutto considerando, altresì, che un eventuale supercondominio potrebbe rinvenirsi nell’ipotesi, anch’essa neppure puntualmente dedotta, dell’esistenza di una serie di parti o servizi comuni fra uno o più condomini ( Cass. 31 gennaio 2008, n. 2305).
Infine l’esistenza di una strada in comune e del relativo impianto fognario, come appare pacifico dalle stesse prospettazioni delle parti in causa, costituisce una comunione di beni non dando luogo, nella fattispecie, ad alcuna ipotesi di condominialità.
Tanto spiega l’insussistenza del prospettato difetto di legittimazione passiva di cui al motivo in esame, che – in quanto infondato – deve essere rigettato.
2. Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio di “violazione degli artt. 1117 e 1123 c.c. con riferimento all’art. 360 n. 3 c.p.c.” adducendo, testualmente, “ la illegittima esclusione della partecipazione al condominio (rectius supercondominio) delle unità immobiliari di proprietà di ricorrenti che partecipano alla comproprietà di parti comuni di un condominio orizzontale, quali le strade interne, i servizi di illuminazione e di scarico, le zone a verde”.
Il motivo è assistito dalla formulazione di quesito, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., del seguente testuale tenore: “se, stabilita in fatto, la comproprietà di talune parti e servizi comuni tra proprietari di unità immobiliari facenti parte di un complesso di edifici, l’applicazione degli artt. 1117 e 1123 c.c. determini o non determini ipso jure la costituzione di un condominio ovvero di un supercondominio, ovvero se siano richiesti ulteriori presupposti quali l’accordo tra le parti ovvero la espressa indicazione della condizione di condominio nei titoli di acquisto”.
Il motivo appare ispirato da una prospettazione del tutto ipotetica e perplessa in quanto, oltre a dare erroneamente per scontata “la comproprietà di talune parti e servizi comuni tra i proprietari”, considera determinata “ipso jure” la costituzione di un condominio ovvero di un supercondominio.
Senonché manca del tutto, in ipotesi, la formale costituzione di un condominio.
E, inoltre, la posta questione dell’eventuale esistenza di un supercondominio non risulta essere mai stata oggetto di apposita proposta domanda.
Il motivo in esame va, pertanto, respinto.
3. In considerazione di quanto innanzi esposto il ricorso deve essere rigettato.
4. Le spese seguono la soccombenza e, per l’effetto, si determinano così come in dispositivo.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore dei contro ricorrenti delle spese del giudizio, determinate in euro 3.200, di cui € 200 per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge.