Gentile redazione,
su Italia Casa numero 8, dell’aprile 2015 è stato da voi trattato il
seguente argomento: “Locazione e disciplina del deposito cauzionale”.
Nell’articolo l’autore, Paolo Ciri, ha precisato che il deposito stesso, cito
testualmente, “può essere trattenuto se ci sono danni o insoluti, ma solo in
presenza di:
* consenso dell’inquilino;
* citazione giudiziale per danni o debiti;
* specifiche ed apposite clausole in contratto”.
Poiché mi trovo nella condizione di riavere a giorni
l’immobile locato per recesso anticipato dell’inquilino, il quale pretende
assolutamente di ricevere, con la consegna chiavi, l’importo totale della
cauzione a suo tempo versata, vi faccio presente che:
1) nei sei mesi antecedenti la comunicazione di rilascio,
l’inquilino mi ha avvisato che un armadio libreria inserito tra due colonne di
muro nell’appartamento (ricevuto in consegna insieme ad altre suppellettili)
era rovinosamente caduto (essendo di pessima fattura a suo dire) evitando per
un soffio la propria moglie;
2) l’impianto volumetrico dell’allarme (anche questo ricevuto in
consegna) a causa di un corto circuito non è più funzionante e ne era
impossibile il ripristino, in quanto l’indirizzo della ditta che lo ha
installato era inesistente (non è vero, esiste tutt’ora).
Pertanto, tutto ciò premesso, mi rivolgo alla vostra provata
competenza ed esperienza al fine di non trovarmi, ancora una volta, a
soccombere di fronte ad una conclamata arroganza ed a una perdita economica
certa, anche perché oltre a questi già dichiarati danni non posso verificarne
altri eventuali, essendo ancora senza chiavi e con l’alloggio privo di
elettricità, quindi con l’impossibilità di far ripristinare l’impianto di
allarme se non dopo l’avvenuta consegna.
Premetto anche che l’affitto percepito era il mezzo per arrotondare
la pensione e poter far fronte all’ingente somma di tasse che mi trovo a
pagare, quindi è impensabile per me anche rivolgermi in giudizio. Vi sarei
grata se poteste illustrare le ipotesi di ritardo nel rimborso della cauzione e
di deducibilità dei danni dalla stessa.
La situazione descritta dal lettore rientra nella seconda delle ipotesi
per le quali, ho affermato, si può trattenere la cauzione. Cioè la citazione in
giudizio per danni. Non mi pare, infatti, di poter immaginare la prima
fattispecie (accordo sui danni subiti), perché, da quel che leggo, l’inquilino
è sì consapevole di aver fatto dei danni, e lo ha forse affermato per iscritto,
però manca un accordo sulla quantificazione degli stessi.
Per cui, cosa fare ora ? Il lettore ha due strade.
La prima è trovare un accordo (scritto, ovviamente) sul danno e sulla
sua quantificazione. A quel punto restituirà la parte di deposito cauzionale
che supera il danno, oppure non restituirà nulla e chiederà ancora indennizzo,
se il danno così quantificato è superiore al deposito. Però non mi pare che sia
questa la possibilità percorribile: sembra di capire che non ci sia possibilità
di accordo.
Allora, la seconda strada è trattenere il deposito cauzionale,
rifiutandone la restituzione. La palla passerà all’inquilino: egli potrà
accettare la situazione oppure dovrà fare citazione in giudizio per la
restituzione del deposito cauzionale. A questo punto il proprietario dovrà
proporre domanda riconvenzionale per il risarcimento del danno. E questa sarà
la “citazione giudiziale”, cui facevo riferimento nell’articolo. Un atto che lo
mette in condizione di trattenere il danaro. Poi la sentenza dirà chi deve
pagare e quanto.
Aggiungo solo che, infilandosi in questa seconda strada, la partita si
giocherà più sulla procedura che sul diritto sostanziale, come spesso accade.
Per cui sarà l’avvocato, necessariamente, a prendere in mano le redini.