Combattere l’emergenza profughi attraverso l’esproprio degli appartamenti sfitti. È questa, in buona sostanza, l’ultima trovata tedesca per affrontare un problema europeo come quello dell’immigrazione. Una misura applicata, per il momento, soltanto in alcuni piccoli borghi periferici, ma che presto potrebbe arrivare nelle maggiori città come Amburgo e Berlino, e che consiste nell’introduzione di norme che facilitano i cosiddetti espropri temporanei. Naturalmente gli appartamenti rappresentano l’ultima ratio e gli espropri riguardano prima di tutto capannoni, edifici industriali o altri edifici commerciali. Eppure non manca chi – come la locale proprietà immobiliare – è preoccupato che una misura imposta dall’alto possa far crollare rapidamente non soltanto il mercato immobiliare, ma anche la generosità della popolazione nei confronti dei profughi, per adesso prevalentemente su base volontaria. E in Italia? Cosa succederebbe se anche nel nostro Paese si decidesse di introdurre una misura del genere in un contesto già segnato da un lato da una forte emergenza abitativa e dall’altro da una diatriba ormai permanente sull’imposizione fiscale sul mattone e sulle difficoltà della proprietà immobiliare? Lo abbiamo chiesto al Sunia e all’Uppi.
SUNIA
L’avvocato Edoardo Rossetti puntualizza: “Non conosco nel dettaglio il diritto tedesco e cosa consenta di fare. In generale però, ritengo che la strada dell’esproprio non sia quella giusta da percorrere. Nella nostra Repubblica l’esproprio per pubblica utilità è regolato da leggi che non lasciano molti margini di manovra, nonostante anche da noi sia previsto il pagamento di un indennizzo al proprietario che ha subito l’esproprio”.
Come chiarisce ancora Rossetti, la normativa italiana si riferisce prevalentemente agli espropri di terreni per opere pubbliche, ad esempio la costruzione di raccordi autostradali o del corridoio del Tav. “In passato – spiega l’avvocato – l’ex sindaco di Torino, Diego Novelli, aveva tentato una strada simile per affrontare la questione di un altro tipo di rifugiati, quello dei migranti italiani provenienti dal sud Italia. Il parere dei vari tribunali amministrativi fu negativo e i provvedimenti vennero bocciati a più riprese”.
Secondo il rappresentante del Sunia, “piuttosto che sequestrare immobili di privati cittadini, sarebbe più opportuno percorrere soluzioni alternative, ad esempio quelle che prevedano di utilizzare edifici pubblici o para-pubblici, quali caserme dismesse, aree ex industriali interessate da una progettualità dell’amministrazione. E anche in questo caso sarei molto cauto a parlare di espropri in quanto, di solito, con questa misura si vanno a creare dei contenziosi importanti, sia dal punto di vista giuridico che politico. Meglio puntare su strumenti già in vigore come la Legge “salvasfratti”, o la creazione di nuove forme di incentivo, diverse dall’esproprio”.
Peraltro, anche dal punto di vista politico, nel nostro Paese l’argomento sarebbe molto poco spendibile, soprattutto in questo preciso periodo storico. “Facendo un passo indietro – prosegue Rossetti – bisogna sottolineare che per attivare una misura tanto drastica bisogna avere tempi e modalità chiari sulla richiesta dello status di rifugiato. Quale proprietario accetterebbe di ospitare qualcuno senza avere certezze sulle tempistiche e rischiando di abbassare il valore dell’immobile?”.
Infine, anche sull’eventualità che questo modus operandi possa favorire il contrasto alla speculazione edilizia, il Sunia nutre più di una perplessità: “Non credo che l’esproprio sia la maniera più efficace per scoraggiare la speculazione edilizia. E poi, siamo sicuri che quest’ultima sia così diffusa da noi? Prendiamo il caso di Torino, in cui, secondo le statistiche, sarebbero circa 50mila gli alloggi vuoti. A ben vedere, tra questi sono conteggiati anche quelli inagibili, oppure alloggi che sono vuoti solo sulla carta. Dunque, se è vero che alcuni proprietari tengono vuote le seconde case per speculare, questa non è certamente la regola per tutti”.
UPPI
Se era lecito aspettarsi qualche apertura in più (che non si è vista) da parte del Sindacato nazionale degli inquilini e degli assegnatari, non desta invece sorprese la lettura dell’Unione dei piccoli proprietari immobiliari, sintetizzata dalle parole del presidente nazionale Uppi, l’avvocato Gabriele Bruyere: “Ritengo obbrobrioso questo modo di agire da parte di alcuni comuni tedeschi. Per quanto bisogna fare un distinguo: se l’immobile è abusivo, in una certa misura può essere anche considerata l’ipotesi che questo possa essere confiscato e utilizzato per dare un tetto a persone in difficoltà, invece di buttarlo giù (come avviene in Italia). Se invece lo stabile è regolarmente licenziato, questa confisca non è neanche immaginabile, specie nel nostro Paese, dove addirittura sarebbe incostituzionale fare una cosa del genere”.