Due proprietà immobiliari, un’unica struttura, un tetto giudicato pericoloso. Nella decisione sul ripristino dell’edificio alle condizioni originali, conta la valutazione sulla condominialità? E in tal caso chi decide se essa sussiste o meno? È l’oggetto della sentenza 22555 della Corte di Cassazione, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., sent. 4.11.2015, n. 22555
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
S.G. conveniva in giudizio L.V., con cui aveva a suo tempo acquistato da C.S., un’area edificabile in piazza …, sulla quale entrambi avevano successivamente edificato una palazzina costituita da due appartamenti in via …, lamentando che L.V. aveva realizzato sulla terrazza di copertura, nella parte sovrastante la sua proprietà un tetto il cui colmo era posto a metri 3,90 di altezza rispetto alla preesistente terrazza, costruzione dannosa per l’edificio costituente unica struttura, e, comunque, illegittima per violazione dell’art. 1117 c.c. e delle norme antisismische e chiedendo la demolizione, i danni e le spese.
Il processo interrotto più volte per la morte delle parti si concludeva con sentenza n. 170 del 20.5.2002 di rigetto delle domande attoree.
La Corte di appello di Caltanissetta, con sentenza 9.11.2010, in accoglimento dell’appello di (eredi di S.G.) nei confronti di (eredi di L.V.), in riforma dichiarava l’illegittimità della costruzione a copertura del tetto e ne ordinava la demolizione condannando le appellate alla eliminazione delle infiltrazioni ed alla ricostruzione del muro come descritto dal Ctu nonché alla ricostruzione del prospetto architettonico a confine, compensando le spese dei due gradi, sul presupposto dell’unitarietà strutturale dei due immobili, dell’accertato carico ulteriore del 31,5%, del convincente rilievo del ct di parte appellante circa l’applicazione del punto C.9.1.1.a del D.M. LL.PP. 24.1.1986 in tema di adeguamento sismico e non del punto C.9.1.1.b applicato dal Ctu, dell’impossibilità degli appellanti di coprire a loro volta la parte di terrazzo di loro pertinenza perché non potrebbero essere operati ulteriori carichi.
Ricorrono le L.V. con sette motivi, resistono gli S.G., che hanno anche presentato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Si denunziano:
1) violazione degli artt. 1227, 2909 c.c., 324, 329, 342 c.p.c. per avere la Corte di appello erroneamente ritenuto che la decisione di primo grado sia stata impugnata nei suoi punti essenziali mentre il giudice di primo grado aveva accertato la mancanza di condominialità e l’atto di appello aveva dedotto essere ininfluente tale caratteristica;
2) violazione degli artt. 1227, 2909 c.c., 324, 329, 342 c.p.c. per violazione del giudicato non esistendo alcun edificio condominiale;
3) vizi di motivazione in ordine al riferimento al D.M. LL.PP 24.1.1986;
4) vizi di motivazione sempre in ordine al D.M. citato avendo il genio civile ritenuto conforme a legge l’intervento di adeguamento strutturale;
5) violazione degli artt. 2909 c.c., 324 c.p.c., del DM LL.PP. 24.1.1986 in ordine all’affermazione che il diritto delle appellate trasfuso nell’atto di divisione non è abrogato ma non può essere esercitato in danno degli altri proprietari finitimi in forza dell’unità strutturale e del pericolo alla staticità;
6) vizi di motivazione posto che il Ctu aveva riferito che allo stato non si notavano elementi per ricondurre le infiltrazioni ai lavori eseguiti;
7) violazione degli artt. 1120, 1127, 2909 c.c., 324 c.p.c. in ordine alla alterazione del decoro architettonico.
Osserva questa Corte Suprema:
La Corte di appello, come dedotto, ha sancito l’unitarietà della struttura, l’aggravamento del carico e l’impossibilità degli altri proprietari di operare a loro volta una sopraelevazione.
Questa specifica ratio decidendi non è compiutamente ed analiticamente censurata.
La prima censura riferisce del motivo di appello sulla ininfluenza del carattere della condominialità ma non dimostra la decisività della doglianza rispetto ad una sentenza che si fonda sulla unità strutturale della costruzione e sul pericolo alla staticità.
La seconda invoca un inesistente giudicato, in ogni caso ininfluente sulla asserita esclusione della condominialità.
I dedotti vizi di motivazione in ordine al D.M.LL.PP 24.1.1986 tendono ad un riesame del merito ed è irrilevante che i lavori siano stati autorizzati dal Genio civile trattandosi di profilo pubblicistico che non incide sui rapporti tra privati e sull’affermato pericolo alla staticità, deduzione che consente di rigettare il terzo, quanto e quinto motivo.
Il sesto motivo va rigettato perché la sentenza riferisce di un accertamento del Ctu, con adeguato calcolo di probabilità, circa il riferimento delle infiltrazioni ai lavori ed analogamente va respinto il settimo motivo avendo la sentenza richiamato l’accertamento peritale.
Le censure tendono ad un riesame del merito senza dedurre circostanze decisive a suffragio delle tesi esposte e contestano genericamente l’accertamento in fatto riportato in atti, senza ribaltare la decisione assunta.
Donde il rigetto del ricorso con condanna alle spese
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti alle spese, liquidate in curo 3700 di cui 3500 per compensi oltre accessori di legge.