SE L’IMMOBILE HA LA PISCINA NON SPETTA L’AGEVOLAZIONE PRIMA CASA
- Redazione
- 24 novembre 2015
[A cura di: Nunziata Masiello, Nuovo FiscoOggi – Agenzia delle Entrate]
Ai fini della fruizione dell’agevolazione “prima casa”, l’immobile sito in un complesso residenziale con piscina a servizio esclusivo dell’abitazione, anche se quest’ultima è di superficie inferiore a 240 metri quadri, deve considerarsi “di lusso”; quindi, l’Amministrazione finanziaria è legittimata a recuperare la differenza fra l’imposta calcolata in base all’aliquota applicabile in assenza di agevolazioni e quella risultante dall’applicazione dei benefici richiesti (aliquota agevolata) e provvisoriamente concessi in sede di rogito notarile. Non si può, inoltre, sostenere che il cedente (impresa costruttrice) sia responsabile dell’Iva non riscossa, in quanto l’applicazione dell’aliquota inferiore da parte del venditore dell’immobile è derivata da una dichiarazione mendace dell’acquirente. Questi i principi espressi dalla Corte di cassazione nell’ordinanza n. 21908 del 27 ottobre 2015.
La vicenda processuale
I contribuenti avevano chiesto, ritenendo l’immobile non di lusso, l’applicazione dell’Iva con aliquota del 4%, ai sensi del disposto del n. 21) della Tabella A, parte II, allegata al Dpr 633/1972, in luogo di quella ordinaria del 20% (ndr, oggi del 22%), usufruendo in tal modo dell’agevolazione “prima casa”. L’Agenzia delle Entrate, ritenendo l’abitazione di lusso, data la presenza di una piscina, procedeva al recupero della maggiore Iva, in conseguenza della decadenza delle agevolazioni fiscali fruite indebitamente.
I giudici sia in primo che in secondo grado, con sentenze favorevoli al contribuente, verificato che l’immobile non raggiungeva la superficie di 240 mq, né la cubatura di 2000 mc, hanno dichiarato assenti, nel caso in esame, le caratteristiche delle abitazioni di lusso previste dal Dm 2 agosto 1969. In realtà, hanno considerato unicamente le dimensioni (89 mq) dell’immobile oggetto dell’acquisto agevolato e non anche la presenza della piscina a servizio esclusivo dello stesso. Hanno aggiunto, altresì, che, nel caso di decadenza delle agevolazioni in relazione all’assenza dei presupposti di legge, il responsabile non era l’acquirente ma il cedente/venditore, che erroneamente ha fatturato l’operazione commerciale applicando un’aliquota inferiore.
Così la Cassazione
L’Agenzia ha proposto ricorso per cassazione, articolandolo in tre motivi: in primo luogo, ha dedotto violazione del Dpr 131/1986, in particolare della nota II-bis; con il secondo motivo, ha dedotto il difetto di motivazione della sentenza per non aver esaminato, la Ctr, tutti i profili connessi al carattere di lusso degli immobili richiamati nell’avviso di accertamento nel quale erano stati indicati una serie di requisiti che rendevano l’abitazione di lusso (nello specifico, ciascuna villa era dotata di piscina); con il terzo motivo, infine, ha eccepito l’erroneità della decisione nella parte in cui aveva affermato che il responsabile non era l’acquirente ma il cedente, dovendosi, al contrario, ricondurre all’acquirente del bene il recupero dell’Iva indebitamente calcolata nell’atto di compravendita. I giudici di legittimità hanno accolto i motivi di ricorso e cassato la sentenza, con rinvio ad altra sezione della Ctr.
In primo luogo, hanno ribadito che la piscina è un elemento “in astratto idoneo a configurare il carattere di lusso dell’abitazione ai sensi del DM 2.8.1969 art. 4” e tale elemento è stato “totalmente pretermesso dalla CTR che si è unicamente incentrata, per escludere il carattere lussuoso dei beni, sulla superficie dell’immobile e sulla sua cubatura”.
Hanno altresì evidenziato che, in forza del comma 4 della nota II-bis dell’articolo 1 della Tariffa, parte I, allegata al Tur, in caso di dichiarazione mendace, l’ufficio dell’Agenzia presso cui sono stati registrati i relativi atti deve recuperare nei confronti degli acquirenti la differenza fra l’imposta calcolata in base all’aliquota ordinaria e quella risultante dall’applicazione dell’aliquota agevolata.
Quindi, i giudici della Ctr hanno errato nel ritenere responsabile il cedente. Infatti, secondo un consolidato orientamento di legittimità, nel caso in cui la cessione di una casa di abitazione di lusso venga assoggettata a Iva con aliquota del 4% in luogo di quella ordinaria, l’ufficio emette l’avviso di liquidazione della maggiore imposta dovuta direttamente nei confronti dell’acquirente dell’immobile medesimo, “in quanto l’applicazione dell’aliquota inferiore da parte del venditore dell’immobile è derivata da una dichiarazione mendace dell’acquirente, la quale istituisce – ai sensi dell’art. 1 della nota II-bis (…) un rapporto diretto tra l’acquirente stesso e l’Amministrazione Finanziaria”.
Le osservazioni
La nota II-bis dell’articolo 1 della Tariffa, parte I, allegata al Tur, prevede l’applicazione dei benefici fiscali agli “atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione non di lusso ed agli atti traslativi o costituivi della nuda proprietà, nell’usufrutto, dell’uso e dell’abitazione relativi alle stesse”. Per i trasferimenti immobiliari soggetti a Iva, è il n. 21) della Tabella A, parte II, allegata al Dpr 633/1972, in presenza delle condizioni previste dalla citata nota II-bis, a prevedere l’applicazione di un’aliquota ridotta ai trasferimenti aventi a oggetto case di abitazione “non di lusso”.
Per quanto riguarda la definizione degli immobili di lusso, si ricorda che, fino al 31 dicembre 2013, occorreva fare riferimento alle caratteristiche individuate dal decreto del ministro dei Lavori pubblici 2 agosto 1969. Tuttavia, a seguito delle modifiche introdotte dall’articolo 10 del Dlgs 23/2011, l’agevolazione “prima casa” risulta applicabile ai trasferimenti di case di abitazione “ad eccezione di quelle di categoria catastale A1, A8, e A9”. Di conseguenza, con decorrenza dal 1° gennaio 2014, per l’individuazione dell’immobile agevolabile, occorre fare riferimento unicamente alla categoria catastale di appartenenza dell’immobile stesso.
Anche con riferimento all’Iva, il Dlgs 175/2014 (decreto “semplificazioni fiscali”) ha modificato i criteri per l’individuazione degli immobili per i quali è possibile fruire dell’agevolazione ‘‘prima casa”, allineando la disciplina Iva a quella già modificata per l’imposta di registro e stabilendo, pertanto, che le abitazioni sono ammesse all’agevolazione quando non rientrano nelle categorie catastale A/1 (abitazioni di tipo signorile), A/8 (abitazioni in ville) e A/9 (castelli e palazzi di eminenti pregi artistici e storici). A ogni modo, per gli atti stipulati in costanza della precedente disciplina, occorre far riferimento al citato Dm 2 agosto 1969, che indica le caratteristiche che consentono di qualificare “di lusso” le abitazioni, e tra queste, relativamente al caso di specie, sono previste, all’articolo 4, “le abitazioni unifamiliari dotate di piscina di almeno 80 mq. di superficie o campi da tennis con sottofondo drenato di superficie non inferiore a 650 mq”.