La diatriba tra alcuni condòmini e un condominio sul pagamento di oneri relativi al lavori di manutenzione straordinaria è occasione, per la Corte di Cassazione, di pronunciarsi sull’eterno dilemma tra delibere nulle e annullabili. Ecco quanto disposto con la sentenza numero 305 del 12 gennaio 2016.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., sent. 12/01/2016
n. 305
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 12/12/2005, B.R. e C.L. proponevano opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso dal Giudice di Pace di Sestri Levante con il quale era stato loro ingiunto il pagamento della somma di euro 1.232,88, oltre interessi in favore del condominio di via (omissis) in Sestri Levante, quale saldo degli oneri condominiali ancora dovuti in conseguenza del riparto delle spese di manutenzione straordinaria, approvato nell’assemblea del 28/7/2005, tenuto conto in particolare di quanto già in precedenza versato. Gli opponenti, i quali nelle more provvedevano al pagamento della somma ingiunta al solo fine di evitare l’azione esecutiva, assumevano che, pur essendo condòmini, non occupavano l’appartamento relativamente al quale era stato chiesto il versamento degli oneri condominiali e che non avevano potuto presenziare all’assemblea dell’11/8/2003 nel corso della quale era stata assunta la deliberazione di effettuare lavori straordinari, votando contro l’approvazione del consuntivo di spesa nella successiva assemblea del 28/7/2005.
Aggiungevano altresì che avevano constatato che i lavori svolti avevano interessato anche il balcone di loro proprietà esclusiva e senza che gli stessi avessero mai dato alcun consenso alla loro esecuzione. A seguito di rimostranze nei confronti dell’amministratore, con le quali si era lamentata altresì la presenza di vizi nell’esecuzione delle opere, avevano provveduto al saldo dei soli oneri, per la quota di loro pertinenza, relativi agli interventi di manutenzione straordinaria concernenti le parti condominiali, rifiutando il versamento della somma di curo 1.232,88, relativa invece ai lavori eseguiti dalla ditta incaricata sul balcone di loro proprietà esclusiva.
Così riassunti i fatti di causa, con l’opposizione deducevano che la deliberazione assembleare dell’11/8/2003, con la quale era stata decisa l’esecuzione di lavori straordinari ricomprendenti anche interventi sui balconi di loro proprietà esclusiva, era affetta da nullità, non potendo l’assemblea disporre a maggioranza anche per quanto concerneva beni appartenenti esclusivamente ai singoli condòmini. Concludevano pertanto affinché, accertata e dichiarata la nullità della predetta delibera, fosse accolta l’opposizione con la revoca del decreto. In via riconvenzionale domandavano altresì la condanna del condominio a risarcire i danni causati dall’illegittima ed inesatta esecuzione dei lavori di rifacimento del balcone di loro proprietà, danni quantificati nella somma di euro 1.860,00 comprensiva di Iva. Sempre in via riconvenzionale, ma in linea subordinata, chiedevano la compensazione tra il credito vantato dal condominio e quello vantato dagli opponenti a titolo di risarcimento del danno.
Si costituiva il condominio il quale oltre a dedurre l’inammissibilità e l’infondatezza dell’opposizione, chiedeva di essere autorizzato alla chiamata in causa dell’impresa Edile (omissis), alla quale erano stati affidati i lavori di manutenzione, al fine di essere garantita per l’ipotesi di accoglimento della domanda risarcitoria degli opponenti. Autorizzata la chiamata in causa, si costituiva la società in questione che, oltre ad aderire alle difese del condominio, eccepiva la decadenza dell’azione ex articolo 1667 c.c. nonché l’infondatezza nel merito della domanda riconvenzionale, chiedendo a sua volta di essere autorizzata alla chiamata in causa delle Assicurazioni Generali S.p.A., al fine di essere garantita per l’ipotesi di accoglimento delle domande proposte. Si costituiva anche la compagnia di assicurazioni la quale eccepiva l’inammissibilità ed improponibilità della domanda proposta dalla ditta appaltatrice, deducendo che la polizza stipulata non ricomprendeva i fatti dannosi posti a fondamento della domanda risarcitoria.
All’esito del giudizio di primo grado, il Giudice di Pace con sentenza del 17/2/2009 dichiarava la parziale nullità ai sensi di cui in motivazione delle deliberazioni dell’assemblea del condominio assunte alle date dell’11/8/2003 e del 28/7/2005 e di ogni loro atto consequenziale riguardante la proprietà esclusiva degli opponenti, revocando il decreto ingiuntivo opposto e condannando il condominio alla restituzione in favore degli opponenti della somma di euro 2.465,74 oltre interessi legali a far data dal pagamento al saldo. Inoltre, rigettava la domanda riconvenzionale proposta nei confronti del condominio, dichiarando di non luogo a provvedere in ordine alla domanda svolta nei confronti dell’impresa appaltatrice e da quest’ultima nei confronti della compagnia assicuratrice.
Proposto appello dal condominio, si lamentava l’erroneità della sentenza nella parte in cui il giudice di primo grado aveva dichiarato l’invalidità di delibere assembleari che non erano state tempestivamente impugnate nei termini di cui all’articolo 1137 c.c. Si deduceva altresì l’erroneità della distinzione effettuata dal giudice di prime cure tra spese condominiali e spese relative ad opere eseguite sulle singole proprietà private, distinzione finalizzata ad escludere per le delibere concernenti le seconde la necessità del rispetto del termine di cui all’articolo 1137 c.c. Assumeva inoltre che erroneamente il Giudice di Pace non aveva ammesso un capitolo di prova per interrogatorio formale e per testi, rilevante ai fini della decisione, dolendosi altresì della condanna alla restituzione di quanto versato dagli opponenti successivamente alla notifica dell’atto di precetto. Si costituivano gli appellati che concludevano per il rigetto dell’appello proposto, nonché le Generali Assicurazioni S.p.A. la quale evidenziava che nei motivi d’appello non era stata assunta alcuna specifica conclusione nei suoi confronti. Si costituiva altresì l’impresa appaltatrice la quale riproponeva la domanda di garanzia nei confronti della compagnia di assicurazioni.
Il Tribunale di Chiavari, all’esito dell’attività istruttoria con sentenza resa ex articolo 281 sexies c.p.c. all’udienza del 16/11/2010 (ma pubblicata in data 17/11/2010) accoglieva l’appello rigettando l’opposizione proposta dai condòmini, con la condanna degli stessi alla restituzione in favore del condominio della somma di curo 2.899,74 oltre interessi legali a far data dal 27/4/2009 al saldo, nonché al rimborso delle spese del doppio grado di giudizio in favore del condominio ed in favore dei terzi chiamati, rigettando altresì l’appello incidentale.
Hanno proposto ricorso per la cassazione della sentenza di appello B.R. e C.L. sulla base di due motivi. Il condominio resiste con controricorso, mentre l’Impresa edile (omissis) e le Generali Assicurazioni S.p.A. non hanno svolto difese. I ricorrenti ed il condominio hanno depositato memorie nell’imminenza dell’udienza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente deve essere disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevato da parte del condominio per il mancato rispetto dell’articolo 366 n. 6 c.p.c. avendo i ricorrenti depositato unitamente al ricorso, i fascicoli di parte dei precedenti gradi del giudizio ed avendo altresì depositato istanza di trasmissione del fascicolo d’ufficio ex articolo 369 comma 2 c.p.c.
Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 1117, 1135, 1136, 1137 e 1421 c.c. in relazione all’articolo 360 n. 3 c.p.c. nonché l’omessa e/o insufficiente motivazione su punti decisivi della controversia in relazione al disposto di cui all’articolo 360 n. 5 c.p.c. Il giudice di appello, nell’esaminare la vicenda oggetto di causa, ha ritenuto espressamente assorbente il primo motivo di appello promosso da parte del condominio con il quale questi si doleva del fatto che il giudice di primo grado avesse dichiarato la nullità delle delibere condominiali con le quali erano stati approvati dalla maggioranza assembleare lavori di manutenzione straordinaria, concernenti oltre che le parti comuni, anche beni di proprietà esclusiva. Il Tribunale ha viceversa sostenuto che, attesa l’inesistenza di un qualsivoglia nesso processuale di continenza, pregiudizialità necessaria e similia tra il giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo e quello di impugnazione della delibera posta a base del ricorso monitorio richiesto da parte del condominio, era erronea la decisione del Giudice di Pace di accertare, ancorché ai soli fini dell’accoglimento dell’opposizione, la nullità della delibera di approvazione delle spese.
Assumono i ricorrenti che, essendo pacificamente emerso che il decreto ingiuntivo opposto concerneva il pagamento di interventi deliberati dall’assemblea condominiale anche per beni di proprietà esclusiva degli opponenti, quali appunto i balconi a servizio del loro apartamento, la decisione presa in sede assembleare, alla luce dei principi consolidati di questa Corte in tema di invalidità del delibere assembleari, era chiaramente affetta da nullità. In presenza di tale patologia, quindi, al giudice sarebbe sempre consentito rilevarla d’ufficio, essendone peraltro il rilievo del tutto svincolato da termini decadenziali. Anche il precedente menzionato in sentenza dal Giudice di Appello (Cassazione n. 10427 del 2000) farebbe riferimento ad una fattispecie del tutto diversa da quella oggetto di causa, essendo intervenuto in un’ipotesi in cui il decreto ingiuntivo opposto concerneva il pagamento di somme dovute dal condomino per le spese ed oneri condominiali, e non anche di somme pretese per interventi su beni di proprietà esclusiva, deliberati tuttavia da parte dell’assemblea.
Il motivo è fondato. Ed, infatti il Tribunale ha sostanzialmente fatto applicazione nel caso sottoposto al suo esame del principio di diritto affermato da Cassazione civile Sezioni Unite 18/12/2009 n. 26629 secondo cui, nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione dei contributi condominiali, il giudice deve limitarsi a verificare la perdurante esistenza ed efficacia delle relative delibere assembleari, senza poter sindacare, in via incidentale, la loro validità, essendo questa riservata al giudice davanti al quale dette delibere sono state impugnate, trascurando tuttavia di prendere in considerazione il fatto che il vizio del quale risulterebbe affetta la delibera con la quale sono stati approvati i lavori, il cui corrispettivo pro quota e oggetto della richiesta monitoria, rientrerebbe propriamente tra quelli idonei a determinare la ben più radicale conseguenza della nullità della libera. Effettivamente, considerato che pacificamente i lavori approvati all’esito dell’assemblea dell’11/8/2003 riguardavano anche interventi sui balconi di proprietà esclusiva dei ricorrenti, il vizio in oggetto, alla luce delle indicazioni fornite dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 4806 del 2005 del 28 luglio, risulterebbe effettivamente, ove sussistente, suscettibile di provocare la nullità della delibera, di modo che non appare correttamente applicato il principio della rilevabilità, in sede di opposizione al decreto ingiuntivo, dell’invalidità della delibera assembleare.
Effettivamente, il precedente richiamato in sentenza dal Giudice di Appello (Cass. n. 10427 del 2000) nella massima sembrerebbe accomunare delibere nulle ed annullabili circa la conseguenza dell’irrilevabilità della loro invalidità in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, tuttavia la lettura della motivazione del precedente in questione denota che concerneva una fattispecie che, alla luce dei principi affermati da Cass. n. 4806/2005, oggi andrebbe qualificata in termini di annullabilità (vizi relativi alla convocazione dei condòmini), sebbene all’epoca ritenuta tale da determinare, secondo il preesistente orientamento giurisprudenziale, la nullità della delibera.
Rispetto al precedente invocato nella sentenza appellata, deve tenersi in adeguata considerazione l’impatto che ha avuto sulla materia, il più volte menzionato intervento delle Sezioni Unite del 2005, che ha portato questa stessa Corte ad affermare con nettezza i criteri per poter distinguere tra delibere nulle ed annullabili, così che appare assolutamente necessario ritenere che il limite in merito al rilievo dell’invalidità in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, operi solo per le delibere annullabili. In tal senso Cass. Sez. 2, n. 9641 del 27/04/2006, secondo cui ben può il giudice rilevare di ufficio la nullità quando, come nella specie, si controverta in ordine alla applicazione di atti (delibera d’assemblea di condominio) posta a fondamento della richiesta di decreto ingiuntivo, la cui validità rappresenta elemento costitutivo della domanda ( da ultimo in termini sostanzialmente conformi, ed in motivazione Cass. n. 23688/2014; Cass. n. 1439/2014).
Ne consegue che la sentenza impugnata non avendo fatto corretta applicazione dei principi di diritto espressi da questa Corte in tema di rilievo della nullità della delibera condominiale posta a fondamento di un decreto ingiuntivo, ed in sede di opposizione proposta nei confronti di quest’ultimo (principi che deve ritenersi trovino ulteriore conferma nel più recente approdo della Sezioni Unite di questa Corte in tema di rilievo ufficioso della nullità),deve essere cassata, imponendosi altresì il rinvio al Tribunale di Genova in persona diversa dal giudice che l’ha emessa, e ciò anche in considerazione del fatto che gli altri motivi di appello proposti da parte del condominio devono reputarsi assorbiti in conseguenza dell’accoglimento del primo motivo di appello. Infatti, il secondo motivo di ricorso è stato espressamente proposto in via condizionata e subordinata per l’ipotesi di mancato accoglimento del primo motivo. Il giudice di rinvio provvederà altresì sulle spese del presente grado di giudizio. .
PQM
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiarando assorbito il secondo motivo di ricorso, e per l’effetto cassa la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Genova in persona di altro magistrato anche per il regolamento delle spese del presente giudizio. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 1 dicembre 2015.