SOLDI DEL CONDOMINIO SUL CONTO PERSONALE: È APPROPRIAZIONE INDEBITA
- Redazione
- 25 gennaio 2016
È condannato per appropriazione indebita, e non per mala gestio condominiale, l’amministratore che ha trasferito sul proprio conto personale denaro di spettanza condominiale. Il danno deve essere valutato nella sua interezza e non parcellizato in relazione alla “quota-danno” incidente sui singoli condòmini. È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con la sentenza 37666/2015, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II pen., sent. n. 37666/2015
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RITENUTO IN FATTO
1. Al D.C. venivano contestati una serie di fatti di appropriazione indebita consumati mentre svolgeva la funzione di amministratore condominiale, nei confronti dei condòmini amministrati. La Corte di appello di Bologna confermava la condanna dell’imputato alla pena di anni uno mesi quattro di reclusione ed euro 800 di multa e, in parziale riforma della sentenza di primo grado, subordinava la concessione del beneficio della sospensione condizionale al pagamento a favore delle parti civili della provvisionale.
2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione direttamente l’imputato deducendo:
2.1. Mancanza o manifesta illogicità della motivazione in ordine all’elemento psicologico. Si deduceva che l’elemento psicologico del reato non poteva indursi dalle modalità della condotta, che doveva essere inquadrata come una mala gestio della amministrazione condominiale e non come appropriazione indebita. Si rimarcava che sebbene il denaro di spettanza condominiale risultasse trasferito sui conti personali dell’imputato e della moglie, andava considerato che alcuni debiti condominiali erano stati pagati proprio con le somme prelevate dal conto corrente dell’imputato.
2.2. Mancanza o manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 61 n. 7 cod. pen..
Si deduceva che la rilevanza del danno era stata illegittimamente valutata facendo riferimento all’ammontare complessivo delle somme di cui si contestava l’appropriazione, ma non al singolo condominio, né tantomeno al singolo condomino. Si rilevava che il danno cagionato a ciascun condomino poteva essere stimato nell’ordine dei 400/500 euro.
(omissis)
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato.
1.1. Il motivo di ricorso relativo alla illogicità della motivazione in ordine all’esistenza dell’elemento soggettivo è manifestamente infondato.
La motivazione offerta dalla Corte territoriale sul punto evidenzia la incompatibilità dei fatti emersi (trasferimento del denaro di spettanza condominiale sui conti personali) con la assenza del dolo specifico richiesto dalla norma.
Si tratta di una motivazione che esalta la potenzialità dimostrativa della condotta non solo in ordine alla consumazione del fatto sotto il profilo oggettivo, ma anche con riguardo alla dimensione soggettiva del reato. Alcune condotte sono infatti univocamente inquadrabili nella fattispecie delittuosa poiché l’elemento oggettivo è connotato da una tale evidenza da essere incompatibile con ogni riconduzione a condotte alternative lecite. In tali casi, anche la connotazione finalistica del dolo specifico può dedursi dalle condotte, nella misura in cui siano autoevidenti. La motivazione sull’elemento soggettivo può in tali casi essere limitata alla rilevazione della incompatibilità delle condotte contestate con ipotesi alternative lecite.
Nel caso di specie la Corte territoriale, in coerenza con le linee ermeneutiche indicate, offriva una motivazione priva di fratture logiche e coerente con le emergenze processuali, che deduceva l’esistenza dell’elemento soggettivo proprio dalle caratteristiche della condotta accertata dotate di evidente efficacia dimostrativa.
1.2. Manifestamente infondato è anche il motivo di ricorso che deduce l’inesistenza della aggravante prevista dall’art. 61 n. 7 cod. pen. in relazione alla scarsa incidenza della attività delittuosa sul patrimonio dei singoli condòmini. In realtà, come evidenziato dalla Corte territoriale, il danno deve esser valutato nella sua interezza e non parcellizzato in relazione alla “quota-danno” incidente sui singoli condòmini. Il fatto che il condominio sia un ente di gestione privo di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condòmini (Cass. civ. Sez. 6-2, ord. n. 177 dell’11/01/2012; Cass. SS.UU. civ. n. 9148/08), i quali sono rappresentati dall’amministratore, non comporta la parcellizzazione invocata dalla difesa, essendo, di contro, rilevante il danno complessivo che il rappresentante degli interessi dei condòmini ha causato svolgendo la sua funzione di amministratore dell’ente-condominio.
In aderenza con tali indicazioni ermeneutiche la Corte territoriale ha ritenuto ingente il danno complessivamente causato con valutazione che si colloca tra quelle di puro merito le quali, se risultano aderenti alle emergenze processuali e prive di manifeste fratture logiche, si sottraggono al sindacato di legittimità.
(omissis)
2. Alla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determina equitativamente in euro 1000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1000 alla Cassa delle ammende, nonché alla rifusione delle spese del presente grado di giudizio in favore delle parti civili rappresentate dal procuratore speciale avv. A.M. che liquida in complessivi euro 3500 oltre spese generali Iva e Cpa come per legge.