Dal lastrico solare condominiale provengono infiltrazioni che danneggiano l’alloggio sottostante. Il supercondominio eccepisce il proprio difetto di legittimazione passiva. Ecco come si pronuncia la Corte di Cassazione, con la sentenza di cui riportiamo un estratto.
CORTE CASSAZIONE
Sez. II civ., sent. n. 1739,
29.01.2016
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto 15.2.1993 la società S. convenne davanti al Tribunale di Imperia il condominio di via (omissis) per sentirlo condannare all’esecuzione dei lavori e al risarcimento dei danni da infiltrazioni d’acqua verificatesi nell’appartamento di sua proprietà e provenienti dal soprastante lastrico solare dell’edificio condominiale. Il convenuto si oppose alla domanda deducendo il difetto di legittimazione passiva, perché la ditta costruttrice (omissis) si era riservata la proprietà del lastrico solare. Chiamò pertanto in garanzia la predetta ditta e, personalmente, il suo legale rappresentante C.V. il quale, costituitosi nel giudizio, aderì alla tesi difensiva dell’attrice.
Con la sentenza n. 73 8 il Tribunale accolse la domanda della S. e condannò il condominio al risarcimento dei danni in favore della società nella misura di euro 6.610,65 oltre accessori nonché al pagamento delle spese legali in favore delle altre parti in causa. La Corte d’Appello di Genova, adita dal condominio soccombente, ha confermato la decisione con sentenza del 22.3-1.4.2010, rilevando innanzitutto che l’eccezione di difetto di legittimazione passiva del condominio era nuova perché introdotta per la prima volta in appello e che comunque andava richiamato quanto statuito con altra sentenza, resa tra le stesse parti e con altro oggetto. Ha osservato inoltre:
– che non poteva ravvisarsi la responsabilità dell’impresa appaltatrice perché la perizia asseverata aveva ravvisato la causa delle infiltrazioni nella guaina impermeabilizzante posizionata sul tetto da molti anni;
– che comunque il condominio committente doveva ritenersi responsabile sia per la scelta dell’impresa sia per avere omesso di vigilare sul bene comune dopo l’esecuzione dei lavori;
– che il tetto era di proprietà condominiale;
– che la S. poteva legittimamente domandare anche i danni verificatisi anteriormente all’acquisto dell’immobile, essendo l’obbligazione risarcitoria correlata alla cosa, con l’unico limite di un eventuale risarcimento ottenuto dal precedente proprietario, il che non è avvenuto;
– che la prova dei danni si fondava sulla perizia, in cui erano state analizzate le varie altre cause di infiltrazioni;
– che la questione della ripartizione dei costi tra tutti i condòmini era inammissibile perché introdotta per la prima volta in appello e comunque attiene ai rapporti tra i condòmini;
– che l’individuazione del condominio come responsabile dei danni escludeva la responsabilità a titolo di garanzia della ditta costruttrice (omissis) e del suo socio accomandatario C.V..
Avverso la sentenza il condominio propone ricorso per Cassazione sulla base di sette motivi. Resiste con controricorso la S.. Il condominio ha depositato documenti e memoria. Con comparsa depositata il 9.12.2015 sono intervenuti gli eredi di C.V.
MOTIVI DELLA DECISIONE
(Omissis)
1. Venendo all’esame del primo motivo, va rilevato che con tale censura il condominio deduce nullità del primo capo di sentenza. Violazione e falsa applicazione degli artt. 184 e 345 comma 2 del previgente codice di procedura civile. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa documenti prodotti in giudizio e mancata ammissione di prova orale relativi a un punto decisivo per il giudizio. Violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 ne 2909 cc. Sostiene il ricorrente che la Corte d’Appello ha errato nel ritenere inammissibile, perché proposta per la prima volta in appello, l’eccezione di difetto di legittimazione fondata sul rilievo dell’esistenza di un supercondominio e, conseguentemente, della legittimazione del condominio delle Palazzine D ed E, dal cui lastrico provenivano le infiltrazioni. Procede comunque ad illustrare l’eccezione, criticando altresì la sentenza laddove ha richiamato, per rigettarla, un’altra pronuncia (sentenza 1066/09 resa “tra le stesse parti e con altro oggetto, che ha deciso la questione sollevata”). Rileva che agli atti non vi è traccia di tale sentenza e che quindi di essa non può tenersi alcun conto. In ogni caso, rileva che l’asserito dispositivo non ha neppure un contenuto precettivo.
2 Il secondo motivo denuncia nullità del terzo capo della sentenza impugnata. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su fatti e punti decisivi prospettati dalle parti (proprietà del lastrico solare e responsabilità per i danni da infiltrazioni provenienti dal lastrico solare medesimo). Violazione degli artt. 1117, 1123, 1126, 1218 e 1138 cc. Ancora, violazione e falsa applicazione degli artt. 1123, 1126, 1218, 1292 e 2051 cc. Osserva in proposito che la Corte non aveva considerato che il titolo (regolamento di condominio, art. 5 e clausole contenute nei singoli atti di vendita) attribuivano la proprietà esclusiva dei lastrici alla ditta costruttrice, per cui risultava superata la presunzione di cui all’art. 1117 cc. Critica inoltre la sentenza per avere escluso la responsabilità dell’appaltatore.
3 il terzo motivo denuncia nullità del settimo capo della sentenza impugnata. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1123, 1126, 1218 e 1372 cc nonché 106 comma 2 cpc. Rimprovera alla Corte d’Appello di avere errato nel ritenere la responsabilità del condominio. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia. Ripropone la questione della garanzia da parte della ditta costruttrice e dell’accomandatario C.V. in caso di condanna del condominio, in considerazione dell’art. 5 del regolamento di condominio
4. Il quarto motivo denuncia nullità del secondo capo della sentenza impugnata. Violazione degli artt. 1655, 2043 e 2049 cc. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su fatti e punti decisivi prospettati dalle parti (responsabilità della ditta appaltatrice dei lavori di riparazione del lastrico solare). La Corte d’Appello avrebbe errato nell’escludere la responsabilità esclusiva della ditta appaltatrice dei lavori per danni a terzi.
5. Il quinto motivo denuncia nullità del quinto capo della sentenza impugnata. Violazione degli artt. 1123 e 1126 cc. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su fatti e punti decisivi con particolare riferimento ai documenti prodotti dal condominio (difetto di legittimazione attiva della S.). La Corte avrebbe ignorato principi elementari di diritto nel riconoscere alla S. il risarcimento anche per i danni verificatisi prima dell’acquisto dell’immobile, trattandosi di obbligazione propter rem, collegata, sia dal lato attivo che passivo, alla titolarità del diritto reale.
6 Il sesto motivo denuncia nullità del sesto capo della sentenza impugnata. Violazione e falsa applicazione degli artt. 184 e 345 comma 2 del previgente codice di procedura civile. Violazione degli artt. 1123, 1126 e 1292 cc. Osserva in proposito che la Corte avrebbe dovuto ritenere ammissibile in appello l’eccezione sulla detrazione dall’indennizzo della quota a carico della società SERIM, anch’essa condomina, atteso che nel caso di specie non trovava applicazione il regime delle preclusioni introdotto con la novella del 2000, trattandosi di giudizio iniziato nel 1993. 7 Col settimo ed ultimo motivo il Condominio ricorrente denuncia infine nullità del quinto capo della sentenza. Violazione e falsa applicazione dell’art. 1117 cc. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su fatto e questione decisivi prospettati dal Condominio Generale. In via di ulteriore subordine, rimprovera alla Corte di Appello di avere totalmente ignorato l’eccezione formulata nel quinto motivo di appello (con cui si deduceva l’insussistenza del diritto al risarcimento per i danni riguardanti “il vano sbarco ascensore”, parte comune dell’edificio.
Il primo motivo di ricorso è fondato sotto il profilo della violazione dell’art. 345 cpc. Innanzitutto, va richiamato il principio, più volte affermato da questa Corte, secondo cui ai fini dell’ammissibilità del ricorso per cassazione, non costituisce condizione necessaria la corretta menzione dell’ipotesi appropriata, tra quelle in cui è consentito adire il giudice di legittimità, purché si faccia valere un vizio della decisione astrattamente idoneo a inficiare la pronuncia (cfr. tra le varie, Sez. 2, Sentenza n. 1370 del 21/01/2013 Rv. 624977; Sez. U, Sentenza n. 17931 del 24/07/2013 Rv. 627268; Sez. l, Sentenza n. 24553 del 31/10/2013 Rv. 628248). Si rivela pertanto infondato il rilievo della contro-ricorrente S. secondo cui il ricorso sarebbe inammissibile per mancata indicazione del relativo fondamento ex art. 360 cpc: risulta infatti ben chiara, dalla formulazione dei motivi, la deduzione della violazione di norme di diritto e del vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, cioè di ipotesi espressamente previste nell’art. 360 ai nn. 3 e 5. Ciò premesso, è pacifico che il giudizio era pendente alla data del 30.4.1995 (essendo stato introdotto con atto del 15.2.1993): pertanto, ad esso non si applica la novella del 1990 nella parte in cui ha modificato, tra l’altro, il testo dell’art. 345 cpc (v. la disposizione transitoria di cui all’art. 90 della legge n. 353/1990).
Considerato che ai sensi dell’art. 345 comma 2 cpc nella previgente formulazione – applicabile alla fattispecie – era consentito alle parti di proporre “nuove eccezioni” in appello, la Corte di merito avrebbe dovuto esaminare l’eccezione, certamente nuova, relativa appunto al difetto di legittimazione passiva del supercondominio, fondata sull’esistenza di quattro autonomi condomini e, per quanto interessa, sulla legittimazione del condominio delle Palazzine D ed E dal cui lastrico solare provenivano le lamentate infiltrazioni. L’errore di diritto in cui è incorsa la Corte d’Appello è evidente (e consiste nell’avere applicato le rigide preclusioni in appello introdotte con la riforma del 1990 in una causa regolata invece dal vecchio rito, particolare che deve essere evidentemente sfuggito). Né può ritenersi esaustiva l’ulteriore ratio decidendi utilizzata dalla Corte d’Appello, cioè il richiamo ad altra sentenza 1066/99 resa tra le stesse parti e con altro oggetto, che ha deciso la questione sollevata: infatti, la Corte genovese non solo non chiarisce minimamente quale fosse il thema decidendi in quell’altro giudizio e in che modo fosse stata decisa la questione, ma non precisa neppure se si trattasse di sentenza passata in giudicato. Si rende pertanto necessaria, in accoglimento del motivo, la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Genova che esaminerà la questione sulla scorta della documentazione prodotta ed esaminerà l’ammissibilità delle richieste istruttorie verificando altresì – nell’esercizio del potere di interpretazione del contenuto degli atti di parte – se la linea difensiva del condominio nel giudizio di primo grado abbia comportato l’eventuale rinunzia a detta eccezione (come eccepito dalla contro ricorrente società.
Resta logicamente assorbito l’esame di tutte le altre censure.
PQM
accoglie il primo motivo e dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Corte d’Appello di Genova.