[A cura di: Confedilizia]
Nell’ambito della lotta alle occupazioni abusive, l’art. 5, comma 1, d.l. n. 47 del 28.3.2014 (come convertito in legge) prevede che chiunque occupi abusivamente un immobile senza titolo non possa “chiedere la residenza né l’allacciamento a pubblici servizi in relazione all’immobile medesimo, e gli atti emessi in violazione di tale divieto siano nulli a tutti gli effetti di legge”. Sempre la stessa disposizione stabilisce anche che “gli atti aventi ad oggetto l’allacciamento dei servizi di energia elettrica, di gas, di servizi idrici e della telefonia fissa, nelle forme della stipulazione, della volturazione, del rinnovo”, siano “nulli”, e pertanto non possano essere stipulati o comunque adottati, “qualora non riportino i dati identificativi del richiedente e il titolo che attesti la proprietà, il regolare possesso o la regolare detenzione dell’unità immobiliare in favore della quale si richiede l’allacciamento”. A tal fine, si dispone che i richiedenti consegnino “ai soggetti somministranti idonea documentazione relativa al titolo che attesti la proprietà, il regolare possesso o la regolare detenzione dell’unità immobiliare, in originale o copia autentica”, oppure rilascino “dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà” ai sensi dell’art. 47 d.p.r. n.445/2000.
Al riguardo, con circolare n. 1778 del 6.8.2014, il Ministero dell’interno ha successivamente chiarito che anche nelle ipotesi dell’iscrizione anagrafica (analogamente a quanto la norma de qua prevede per i contratti relativi alle forniture di pubblici servizi) sia necessario acquisire la documentazione idonea a dimostrare il titolo di occupazione; e ciò anche attraverso la predetta dichiarazione sostitutiva di notorietà, “corredata dalle informazioni necessarie ai fini di verificare la veridicità delle informazioni rese”.
Sulla base di quanto precede, emerge, quindi, che i Comuni, ove non acquisiscano la documentazione comprovante il titolo di occupazione (es.: contratto di locazione), bensì la dichiarazione sostitutiva, debbano necessariamente informare dell’avvenuta richiesta di residenza in un immobile il proprietario dello stesso, solo così potendo, all’evidenza, “verificare la veridicità delle informazioni rese”. Conclusione, questa, che consente, peraltro, di superare anche la questione se la normativa che disciplina le iscrizioni anagrafiche (d.p.r. n. 223 del 30.5.1989) imponga o meno di dare debita comunicazione ai proprietari interessati.
Deve ritenersi, infine, che, essendo gli atti emessi in violazione del divieto di cui al citato art. 5, “nulli a tutti gli effetti di legge”, i proprietari in questione possano in qualsiasi tempo contestare le dichiarazioni rese, non veritiere.