[A cura di: avv. Roberto Negro – centro studi Appc]
Il Tribunale di Taranto, con la recente sentenza del 16/12/2015, ha enunciato e precisato il principio per cui i vizi relativi alla convocazione di uno o più condòmini e la eventuale carenza di legittimazione di delegato a partecipare all’assemblea del condominio, possono essere fatti valere solo dalla parte interessata e il condomino non può far valere in giudizio i vizi relativi alla convocazione inviata ad altri condòmini ovvero i vizi relativi al conferimento di delega, sempre quando ciò si riferisca ad altri condòmini.
Ad avviso del Tribunale di Taranto, il fatto di far valere tali vizi concreterebbe una forma di “annullabilità della delibera e non di nullità”. A sostegno della tesi sopra esposta, il Giudice di merito faceva riferimento nella succinta ma esaustiva motivazione, all’art. 1441 c.c., per cui l’annullamento del contratto può essere domandato solo dalla parte “nel cui interesse è stabilito dalla legge”, norma che riguarderebbe la materia contrattuale, ma che può trovare applicazione anche in ambito di impugnativa di assemblea di condominio, esprimendo “un principio generale” anche nel caso di richiesta di annullamento di delibera condominiale, per cui, e quale corollario, il Tribunale, visto che in carenza di impugnativa da parte dei condòmini nel cui interesse erano contemplate le norme sulla convocazione e sulla rappresentanza in assemblea, la delibera era venuta definitivamente a consolidarsi, sarebbe stato contradittorio il precludere una tale efficacia, ammettendo in materia la facoltà di impugnativa anche ai condòmini non direttamente interessati dalle assunte violazioni.
Veniva incidenter citata la pronuncia della Corte di Cassazione (sez. II civ. n. 9082/14), per cui “in materia di condominio negli edifici il condomino assente ma regolarmente convocato non può impugnare la delibera per difetto di convocazione di altro condomino, trattandosi di vizio che inerisce all’altrui sfera giuridica”.
Secondo il Tribunale di Taranto, tale interpretazione, di carattere evolutivo, sarebbe anche fondata sul nuovo testo dell’art. 66 disp. att. c.c., così come modificato dalla riforma del 2012.
Neppure potrebbe ritenersi, sempre ad avviso del Tribunale, che il potere di impugnativa previsto dal II comma dell’art. 1137 c.c. (anche post riforma), possa essere inteso come una sorta di deroga all’art. 1441 c.c., trattandosi di una previsione avente carattere generale sulla legittimazione di impugnare le delibere invalide e non prevedendo l’art. 1137, II comma, c.c., la possibilità di far valere “una violazione formale che riguardi esclusivamente un condomino diverso da quello che agisce in giudizio”.
In definitiva, il nuovo testo dell’art. 1137 c.c. non prevede la sussistenza di un interesse generale al “ripristino della legalità”, che sarebbe principio estraneo alla “logica privatistica” che informa l’istituto giuridico del condominio negli edifici.
Per completezza, si deve dire che la fattispecie presa in esame dal Tribunale di Taranto non riguarda le ipotesi di nullità della delibera dell’assemblea di condominio, e che la giurisprudenza antecedente alla riforma del 2012 aveva già stabilito il principio che ai sensi dell’art. 1137 c.c. le deliberazioni annullabili seguivano il regime giuridico previsto dall’art. 1441 c.c. e non il regime previsto dall’art. 1421 c.c., applicabile solo ai casi di nullità della delibera condominiale.
Si segnala il pronunciamento del Tribunale di merito in quanto parrebbe introdurre una interpretazione restrittiva sulla possibilità di impugnativa di delibera di condominio ai sensi dall’art. 1137 c.c., anche post riforma.