Appartiene al giudice ordinario la giurisdizione in ordine alle controversie tra privati, o anche tra privati e pubblica amministrazione, aventi ad oggetto la verifica della esistenza e della estensione del diritto di proprietà. Qualora, invece, si intendano contestare, nei confronti degli organi competenti, le risultanze catastali esistenti, anche al fine di adeguarli all’esito di un’azione di rivendica o di regolamento di confini, la giurisdizione non può che spettare al giudice tributario è quanto disposto dalla Corte di Cassazione con la sentenza 2950 del 16 febbraio 2016, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. Un. civ., sent. 16.2.2016,
n. 2950
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RITENUTO IN FATTO
1. M.C.B. e M.B., esponendo di essere comproprietarie di un appartamento, di due cantinole e di un box all’interno di un fabbricato condominiale sito in Roma, convennero dinanzi al Tribunale di Roma M.T.D., proprietaria di altre unità immobiliari nel medesimo condominio, chiedendo – fra l’altro – l’accertamento delle rispettive porzioni immobiliari, la disapplicazione degli atti catastali recanti identificativi errati e la dichiarazione dell’obbligo di vari enti, tra i quali l’Agenzia del territorio, di apportare le relative correzioni e rettifiche catastali.
Il Tribunale adito, dopo aver ordinato l’integrazione del contraddittorio nei confronti del Ministero dell’economia e delle finanze, con sentenza non definitiva dichiarò il proprio difetto di giurisdizione, in favore del giudice tributario, in ordine ai capi di domanda di cui ai punti da A ad E dell’atto di citazione “relativi alla rimodulazione catastale, previa disapplicazione dell’attuale inquadramento”, delle unità immobiliari in questione; e dispose, con separata ordinanza, il prosieguo del giudizio sulle restanti domande.
La Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 1736/2013, depositata il 26 marzo 2013, ha rigettato l’appello delle B.
Premesso che le domande proposte nei confronti della M.T.D. non hanno, sotto il profilo giuridico, alcun punto di contatto con quelle rivolte nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, ha ritenuto che le risultanze catastali non spiegano alcuna influenza sulle liti giudiziali tra privati e non possono mai costituire titolo di diritti di natura privatistica: munitosi del titolo previsto dalla legge (che può anche essere costituito da una sentenza civile passata in giudicato), il privato può chiedere all’Amministrazione di adeguare i dati catastali e, in caso di diniego, rivolgersi all’autorità giudiziaria, e la giurisdizione sulla domanda di condanna dell’Amministrazione ad eseguire le variazioni richieste appartiene alle commissioni tributarie ai sensi dell’art. 2 del d. lgs. n. 546 del 1992.
2. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione, sulla base di sei motivi, M.C.B..
3. Gli intimati M.T.D. e Ministero dell’economia e delle finanze non hanno svolto attività difensiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Assume valenza prioritaria ed assorbente l’esame del terzo motivo, con il quale la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 2, comma 2, del d. lgs. 31 dicembre 1992, n. 546.
Sostiene che il giudice d’appello ha errato nel confermare, rigettando l’appello, il difetto di giurisdizione del giudice ordinario per esserne munito il giudice tributario, sui capi di domanda sopra indicati: osserva, in sintesi, che essi non investono in alcun modo la determinazione di tributi, bensì esclusivamente l’accertamento delle rispettive porzioni immobiliari delle parti private in causa, anche con riferimento all’esistenza di identificativi catastali (non concernenti il classamento, la consistenza o la rendita degli immobili) “corretti irritualmente o comuni a diverse proprietà”.
2.1. Il motivo va accolto nei limiti di seguito precisati.
2.2. Risulta dal tenore testuale delle conclusioni dell’atto di citazione che M.C.B. e M.B. proposero dinanzi al Tribunale di Roma un’ampia congerie di domande – suddivise complessivamente nei capi da A) a I) delle conclusioni -, nell’ambito delle quali, per quanto qui interessa, erano contenute, nei punti da A) ad E), sia, principalmente e chiaramente, domande di accertamento, nei confronti di M.T.D., della rispettiva proprietà, e dei corrispondenti confini, di varie unità immobiliari (appartamenti, box, cantine) facenti parte di uno stesso condominio, anche previa disapplicazione degli identificativi catastali; sia, altrettanto chiaramente, richieste di condanna degli organi competenti, tra i quali l’Agenzia del territorio, ad apportare una serie di correzioni e rettifiche di vario genere (tra le quali anche la creazione di “un sub nuovo”) dei relativi dati catastali.
2.3. L’art. 2, comma 2, del d. lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, articolo rubricato “Oggetto della giurisdizione tributaria”, dispone, per quanto qui rileva, che “appartengono altresì alla giurisdizione tributaria le controversie promosse dai singoli possessori concernenti l’intestazione, la delimitazione, la figura, l’estensione, il classamento dei terreni e la ripartizione dell’estimo fra i compossessori a titolo di promiscuità di una stessa particella, nonché le controversie concernenti la consistenza, il classamento delle singole unità immobiliari urbane e l’attribuzione della rendita catastale”.
Coerentemente, l’art. 19 dello stesso decreto prevede, tra gli atti impugnabili dinanzi al giudice tributario, alla lettera f), “gli atti relativi alle operazioni catastali indicate nell’art. 2, comma 2”.
Va innanzitutto ribadito che la giurisdizione tributaria, i cui confini sono delineati nell’art. 2 cit., è una giurisdizione attribuita in via esclusiva e ratione materiae, indipendentemente dal contenuto della domanda e dalla tipologia di atti emessi dall’Amministrazione finanziaria (Cass., sez. un., nn. 20889 del 2006, 27209 del 2009, 3773 del 2014), e che, ai fini della sua sussistenza, è necessario che alla controversia non sia estraneo l’esercizio del potere impositivo sussumibile nello schema potestà-soggezione, proprio del rapporto tributario: se si tratta, cioè, di una controversia tra privati, la mancanza di un soggetto investito di potestas impositiva, intesa in senso lato, comporta l’assenza anche del rapporto tributario (Cass. nn. 15031 del 2009, 8312 del 2010, 2064 del 2011, 7526 del 2013, 3773 del 2014).
Con particolare riferimento al comma 2 dell’art. 2, va osservato che tale norma non può riferirsi ad ogni controversia che possa avere ad oggetto le materie in essa indicate, perché in tal modo finirebbero per ricadere nella giurisdizione tributaria molte tipiche azioni di rivendica o di regolamento di confini, che palesemente esulano dalla materia che la normativa in discorso intende disciplinare: ne consegue che la sua previsione va riferita a quelle controversie che abbiano ad oggetto atti relativi alla intestazione o a variazioni catastali (senza che sia configurabile una sostanziale diversità di disciplina, quanto, ad esempio, alla intestazione, in ragione della natura – terreno o fabbricato – dell’immobile interessato) e che si pongano come presupposto per l’assoggettamento a tributi o per la determinazione dell’entità degli stessi, mentre, qualora la contestazione coinvolga in radice la titolarità del diritto dominicale, non può che affermarsi la giurisdizione del giudice ordinario (Cass., sez un., nn. 13691 del 2006 e 16429 del 2007).
2.4. Deve, pertanto, essere ribadito, venendo direttamente al caso di specie, che appartiene al giudice ordinario la giurisdizione in ordine alle controversie tra privati, o anche tra privati e pubblica amministrazione, aventi ad oggetto la verifica della esistenza e della estensione del diritto di proprietà: e in tali controversie le risultanze catastali ben possono essere utilizzate a fini probatori, come, ad esempio, le mappe catastali in caso di azione di regolamento di confini, le quali costituiscono elemento di prova, sia pure di carattere sussidiario (Cass. nn. 28103 del 2009, 14993 del 2012, 10501 del 2013).
Qualora e nel momento in cui, invece, si intendano contestare, nei confronti degli organi competenti, le risultanze catastali esistenti ed ottenere la variazione degli atti relativi alle operazioni elencate nell’art. 2, comma, 2, del d. lgs. n. 546 del 1992 (anche al fine di adeguarli all’esito di un’azione di rivendica o di regolamento di confini), la giurisdizione non può che spettare al giudice tributario, in forza della norma ora menzionata e in ragione della diretta incidenza di tali atti sulla determinazione dei tributi; e la giurisdizione andrà ovviamente attivata secondo il rito, di tipo impugnatorio, previsto dalla legge.
3. In conclusione, va accolto, nei limiti di cui sopra, il terzo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; la sentenza impugnata deve essere cassata nei limiti anzidetti e va dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario in ordine alla controversia tra privati.
4. Sussistono giusti motivi, in ragione della peculiarità della fattispecie, per disporre la compensazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte, a sezioni unite, accoglie, nei limiti di cui in motivazione, il terzo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata nei limiti medesimi e dichiara la giurisdizione del giudice ordinario in ordine alla controversia tra privati. Compensa le spese.