Questioni condominiali interamente attribuite ai Giudici di Pace? No, grazie. È la posizione assunta da Uppi in merito alla legge delega sulla riforma del codice civile approvata in prima lettura dalla Camera.
Secondo l’avvocato Ladislao Kowalski, coordinatore del Centro studi giuridici dell’Uppi, “innanzitutto la norma viola la disposizione per cui, al Giudice di Pace, sono attribuite esclusivamente cause relative a beni mobili (art. 7 cpc) ancorché, di questo principio, la giurisprudenza abbia fatto scempio. È evidente, infatti, che nelle questioni condominiali, il rapporto dedotto in giudizio è quello relativo alla proprietà dell’immobile. Da qui l’esclusione di competenza. Inoltre, ai fini di decongestionare l’attività giudiziaria, le questioni condominiali subiscono già il preventivo ed obbligatorio vaglio della c.d. media-conciliazione procedura (con tempi e costi) che, quale condizione dell’azione, le parti devono preventivamente esperire. Si ricordi, inoltre, che, contrariamente a quanto ritenuto dall’opinione pubblica, la classe forense è, da sempre, fortemente impegnata ad attivarsi per evitare il giudizio e per perseguire sempre e preliminarmente gli accordi in via stragiudiziale”.
Ma non è tutto. Sempre a giudizio di Kowalsky, “Va ancora considerato che le questioni condominiali necessitano di una specifica e puntuale competenza tecnico giuridica che non rientra tra quelle tipiche del Giudice di Pace. Le questioni condominiali, inoltre, incidono su uno degli aspetti principali delle esigenze di vita, che è quello dell’abitazione e dell’abitare. Proprio ciò è ed era a fondamento del principio per cui, le questioni immobiliari, in quanto aspetti rilevanti della vita sociale ed economica, vanno rimesse al giudice ordinario. Bisognerebbe, pertanto, pensare, ad una specialità per il settore immobiliare come previsto per l’impresa, per il lavoro, per la famiglia, ove ricomprendere il condominio, le locazioni, gli sfratti e tutti gli aspetti fortemente inerenti alla casa. Ciò permetterebbe di avere un magistrato particolarmente competente su questioni di incidenza fondamentale per le persone e per la società”.
Il tutto, possibilmente, in un quadro d’insieme: “Va considerato che il vero problema della giustizia non è il modificare, qua e là ed ogni tanto, le leggi di procedura ed il diritto sostanziale. Il nostro ordinamento giuridico, contrariamente a quanto si dice, è un entità forte, strutturata e consolidata i cui veri nemici sono le leggi e le modifiche fatte in maniera avventata, da un legislatore impreparato e molto spesso sull’onda di emozioni e di esigenze del momento. Quello che veramente manca è la struttura giudiziaria. Anche qui c’è da sfatare un luogo comune. I magistrati e i funzionari delle cancellerie operano con impegno, dedizione e competenza spesso in condizioni insostenibili. Pochi magistrati in più, una ristrutturazione dell’apparto amministrativo conseguente anche all’impatto straordinario dell’informatica sulla gestione dell’attività, sarebbero sufficienti a dare al Paese, finalmente, una giustizia che soddisfi la principale, fondamentale e legittima aspettativa degli utenti che è quella di una decisione in tempi ragionevolmente rapidi. Il provvedimento in questione, pertanto, non soddisfa nessuna delle esigenze evidenziate.