FONDO PER LA MOROSITÀ INCOLPEVOLE: ALTRO BOOMERANG PER LA PROPRIETÀ
[A cura di: avv. Anna La Stella e avv. Maria Ventura – Appc]
Nel quadro normativo già grave e pregiudizievole a carico dei piccoli proprietari immobiliari, in realtà dovuto più alle prassi operative adottate dai singoli Tribunali, che non a disposizioni di legge (le quali prevedono una procedura sommaria ed interdittale atta ad ottenere la rapida liberazione dell’immobile concesso in locazione, in caso di morosità dell’inquilino), si inseriscono le norme emergenziali sulla “morosità incolpevole”, con le quali si è costituito un fondo pubblico destinato agli inquilini, che versino in situazioni di morosità dettagliatamente elencati dalle fonti istitutive.
L’importo massimo del contributo pubblico, concedibile per sanare la morosità incolpevole accertata, ammonta ad € 8.000 ed è erogabile solo una volta.
Le cause di morosità incolpevole sono:
– perdita del lavoro per licenziamento;
– accordi aziendali o sindacali con consistente riduzione dell’orario di lavoro;
– cassa integrazione ordinaria o straordinaria, che limiti notevolmente la capacità reddituale;
– mancato rinnovo di contratti a termine o di lavoro atipici;
– cessazione di attività libero professionali o di imprese registrate, derivanti da cause di forza maggiore o da perdita di avviamento in misura consistente;
– malattia grave, infortunio o decesso di un componente del nucleo familiare, che abbia comportato o la consistente riduzione del reddito complessivo del nucleo medesimo o la necessità dell’impiego di parte notevole del reddito per fronteggiare rilevanti spese mediche e assistenziali.
Le ipotesi della incolpevolezza della morosità sono quindi espresse in modo del tutto generico e privo di riferimenti e parametri, tali da identificare con chiarezza ed univocità la sussistenza dei requisiti, sicché – di fatto – la norma, così come è stata scritta, si potrebbe prestare ad interpretazioni e, quindi, applicazioni arbitrarie.
Ai fini dell’ammissione al beneficio, il Comune, Ente al quale l’inquilino deve rivolgersi presentando apposita istanza, dovrà altresì verificare la sussistenza delle seguenti, ulteriori condizioni, ovvero che il richiedente:
* abbia un reddito I.S.E.E. non superiore ad euro 35.000 o un reddito derivante da regolare attività lavorativa con un valore I.S.E.E. non superiore ad euro 26.000;
* sia destinatario di un atto di intimazione di sfratto per morosità, con citazione per la convalida;
* sia titolare di un contratto di locazione di unità immobiliare ad uso abitativo regolarmente registrato e risieda nella detta unità da almeno un anno;
* abbia cittadinanza italiana ovvero, nei casi in cui l’inquilino sia extracomunitario, possieda un regolare permesso di soggiorno.
Il Comune dovrà inoltre verificare che lo stesso richiedente, ovvero un componente del suo nucleo familiare, non sia titolare di diritto di proprietà, usufrutto, uso o abitazione nella provincia di residenza di altro immobile fruibile.
Costituisce criterio preferenziale per la concessione del contributo stesso la presenza, all’interno del nucleo familiare, di un componente che sia o ultra settantenne, o un minore, o con invalidità accertata per almeno il 74% in carico ai servizi sociali.
Alla stregua di quanto sopra, è di tutta evidenza che l’istanza per la concessione del contributo sarà certamente presentata da buona parte degli inquilini morosi, poiché le condizioni sopra indicate sono facilmente riconducibili alla maggioranza dei nuclei familiari. Pertanto, con ogni probabilità, in presenza di decine di migliaia di richieste, la limitazione numerica dei benefici concessi non potrà che derivare dal mero esaurimento del fondo pubblico destinato a tale scopo.
Per quanto di interesse del piccolo proprietario immobiliare, si evidenzia che, nelle diverse ipotesi disciplinate dalla normativa, debba sussistere anche il consenso del proprietario affinché l’inquilino, incolpevolmente moroso, possa ottenere l’erogazione del contributo. Di per sé, quindi, la finalità dell’istituto in esame corrisponde all’interesse di entrambe le parti del rapporto locatizio, cercando di contemperare le diverse esigenze e di supplire con contributi pubblici ad un momento di difficoltà economica del conduttore, senza sacrificio per il locatore.
Nella pratica però, così come è stato previsto e disciplinato, l’istituto si presta a utilizzo strumentale e dilatorio, e quindi sta aggravando una situazione già estremamente penalizzante per il piccolo proprietario.
Infatti, è sufficiente la mera presentazione della domanda di ammissione al contributo, anche da parte di un soggetto completamente privo dei requisiti (o anche munito dei requisiti medesimi, ma che non verrà ammesso per ragioni soggette all’insindacabile giudizio della Autorità preposta), per ottenere una ulteriore consistente dilazione del rilascio effettivo dell’immobile, i cui tempi, com’è noto (e con lievi differenze a seconda dei protocolli operativi adottati dai singoli Fori), non erano inferiori a circa dieci/dodici mesi, ancor prima della istituzione della morosità incolpevole; e ciò al di fuori del quadro normativo di riferimento, che (sulla carta) prevede l’esecuzione coattiva pressoché immediata, nell’ovvio rispetto della procedura vigente.