Cause condominiali tutte attribuite ai Giudici di Pace. Non cessa di far discutere uno dei nodi più delicati contenuti nel disegno di legge di riforma della magistratura in approvazione alla Camera dopo aver ricevuto il via libera dal Senato. E nella diatriba si inserisce con decisione l’Uppi, che nei giorni scorsi ha inviato all’onorevole Donatella Ferranti, presidente della seconda Commissione Giustizia della Camera, una lettera a firma del suo presidente nazionale, avvocato Gabriele Bruyère.
Di seguito, il testo della comunicazione.
LA LETTERA
Ill.mo Presidente Ferranti,
l’Uppi, una delle maggiori organizzazioni riconosciute della proprietà immobiliare, che ho l’onore di presiedere, è rimasta assai stupita e decisamente perplessa nel leggere il testo di legge in discussione in questi giorni, che attribuisce a giudici non togati, una materia particolarmente difficile e complessa quale è quella condominiale; materia che, di fatto, racchiude praticamente in sé tutti i 2969 articoli del codice civile e molti articoli delle disposizioni di attuazione dello stesso codice. Pertanto fino ad oggi le controversie in materia condominiale sono state per la maggior parte decise dalla magistratura ordinaria e, in molti Tribunali addirittura da magistrati di sezioni appositamente istituite per la materia, e che hanno sempre offerto ampie garanzie di preparazione in questa disciplina che non ha eguali nel nostro ordinamento.
Quella condominiale non è – mi permetta – una materia “bagatellare”, come pare essere ritenuta da molti, tanto da essere relegata ad una giustizia minore decisa da giudici non togati; la materia condominiale è una materia, come detto, particolarmente difficile nella quale la specificità delle norme che riguardano prettamente il condominio – norme che sono state addirittura oggetto di una apposita recente legge da parte del legislatore – si compenetra con le norme sui diritti reali, sui rapporti obbligatori derivanti da contratti e da fatti illeciti, da contratti di appalto anche di notevole importo, da contratti di somministrazione e da quant’altro attiene anche de relato alla casa (comunione, assicurazione, locazione, famiglia, successioni, ipoteca etc…) che è un bene garantito dalla Costituzione ed è il bene principale delle famiglie italiane ed al quale le famiglie italiane tengono maggiormente.
Inoltre, la normativa condominiale è stata inserita nel libro terzo del codice civile inerente alla proprietà; diritto assoluto per eccellenza, tanto che gli studiosi hanno definito la comunione, disciplinata dal titolo VII del libro de quo, una anomalia, in quanto costituisce una situazione caratterizzata dal tratto della esclusività nei rapporti tra comunisti e terzi, mentre questa non è più individuabile nei rapporti interni, considerato che ciascun comunista gode di un diritto di proprietà sull’intero bene, limitato, però, da un analogo diritto degli altri comunisti. Proprio per questo motivo, la giurisprudenza di legittimità ha sempre ritenuto che la normativa del condominio fosse speciale rispetto a quella della comunione, pur trovandosi nello stesso titolo VII del libro III, seppure nel capo II, in quanto rappresenta una commistione di proprietà esclusive e di comproprietà delle cose comuni. Peraltro, il condominio è normato anche in altre discipline giuridiche, da quella fiscale a quella urbanistica, a quella del risparmio energetico, a quella della sicurezza di lavoratori e impianti tra le tante, nonché relative alla ragioneria, alla sociologia, alla psicologia, e così via.
Se poi si considera che la Corte di Cassazione ha dovuto decidere a Sezioni Unite con moltissime pronunce varie questioni condominiali che sono state oggetto di pronunce differenti da parte degli stessi giudici di legittimità, è maggiormente evidente come dette questioni non siano state di agevole soluzione, considerato anche che numerose vertenze insorgono proprio per i motivi dedotti.
Pensare di trasferire la materia condominiale al Giudice di Pace o comunque a giudici non togati e non appositamente preparati fa indubbiamente sorgere problemi anche sul piano procedurale e proprio in relazione alla natura stessa del Giudice di Pace: come si potrebbe garantire i cittadini anche dal punto di vista costituzionale in ordine, ad esempio, alla sospensione delle deliberazioni assunte dall’assemblea condominiale, assimilata ad un procedimento cautelare e conseguentemente alla applicazione dell’art. 669 ter c.p.c., a seguito di impugnazione ex art. 1137 cod. civ? O si ritiene, pertanto, che l’art. 1137 cod. civ. non avrà più alcuna applicazione, il che è impossibile e sicuramente non costituzionale; o le cause che si vorrebbero togliere alla competenza del Tribunale tornerebbero inevitabilmente al Tribunale stesso in conseguenza del disposto di cui al predetto art. 669 ter c.p.c., e al Collegio in sede di eventuale reclamo. Né si può pensare, poi, che una causa in materia condominiale possa essere decisa addirittura in via di equità.
Non è sufficiente, pertanto, ritenere a priori e senza cognizione di causa – come si legge all’art. 2, comma V, del disegno di legge che “in considerazione degli interessi coinvolti e della semplicità delle questioni”, le cause devono essere decise da un giudice non togato, perché gli interessi di cui si discute in condominio non sono certo semplici, e meno che meno le questioni che vengono trattate (se così fosse il legislatore non avrebbe deciso di intervenire con una apposita legge –
l’unica di iniziativa parlamentare in quella legislatura – e non vi sarebbe stato necessità di intervento delle Sezioni Uniti in una stragrande maggioranza di casi o di particolari insegnamenti da parte del giudice di legittimità) che non possono inerire alle vertenze in tema di condominio.
La copiosa letteratura concernente il condominio – dal Salis al Branca, al Visco per giungere ai più recenti Terzago e Corona, Triola, Celeste, Scarpa – dimostrano questa tesi. Sono esemplificative a questo scopo le questioni dalla dottrina, per ora, discusse inerenti alla durata del mandato dell’amministratore, alla impugnazione delle delibere del super condominio e così via.
Se lo scopo è quello di deflazionare i Tribunali, considerato che la mediazione obbligatoria non sempre sortisce l’esito sperato, per quanto sopra detto ictu oculi questo non avverrà perché i Tribunali, in prime cure verranno comunque interessati per la sospensione delle delibere, e per gli eventuali reclami, così come per i provvedimenti speciali non di competenza dei giudici di pace, ed in ogni caso, stanti le decisioni in materia nella quale i giudici di pace ed i magistrati non togati hanno poca dimestichezza, i Tribunali verrebbero subissati dall’instaurazione di un
numero indescrivibile di appelli che non snellirebbero assolutamente il lavoro dei magistrati ordinari a certamente lo aggraverebbero; così come il lavoro della Suprema Corte. Il rischio di una simile situazione, con un gravissimo appesantimento del contenzioso data la densità della materia, è costituito proprio dal possibile aumento esponenziale delle impugnazioni in appello delle sentenze emesse in primo grado dal giudice di pace.
Ciò poi che appare singolare e strano è che le organizzazioni della proprietà e degli amministratori di condominio non sono state assolutamente coinvolte, pur essendo le principali destinatarie del disegno di riforma, così come quelle degli inquilini (si ricorda che gli inquilini, in quanto aventi diritto, devono essere convocati alle assemblee condominiali dagli amministratori a sensi dell’art. 1136 penultimo comma cod. civ.), laddove sulla riforma del condominio sfociata nella legge n. 220/2012 dette associazioni, tra le quali appunto l’Uppi, l’Anaci, sono state consultate più volte sia in Commissione Giustizia, sia alla Camera che al Senato data la delicatezza della materia condominiale che interessa diritti fondamentali dei cittadini e che riguardano questioni economiche sempre più di rilevante entità. Si pensi che un rendiconto annuale di un condominio anche minimo, oggi non è inferiore a 15.000 euro, e che un rendiconto annuale di un condominio medio ammonta a decine di migliaia di euro, senza tenere conto dei lavori straordinari (facciate, tetti, scale, ascensori …).
Non vi è motivo alcuno per fare decidere la materia condominiale a giudici non togati, salvo che non si voglia istituire sezioni altamente specializzate, il che comporterebbe, però, un notevole dispendio economico, per la preparazione tecnico-giuridica di questi giudici non togati, posto che i diritti inerenti alla casa sono diritti particolari e non di poco conto o di modesto valore. I cittadini proprietari di casa – che sono per quanto riferisce l’Istat circa il 75% degli Italiani – hanno diritto di essere tutelati nei loro diritti sulla casa, ivi compresi il condominio e la vita in condominio, e lo Stato deve garantire questa tutela attraverso una giustizia adeguata e preparata e non certo attraverso una giustizia non togata. È sicuramente il caso di aumentare la competenza per valore dei Giudici di Pace, ma a questo aumento deve corrispondere la garanzia che le vertenze siano decise da giudici preparati e non solo da semplici laureati in giurisprudenza provenienti da diverse realtà lavorative spesso con una preparazione disorganica e incompleta anche a causa dei diversi percorsi professionali affrontati prima di assurgere all’incarico di Giudice di Pace.
La giustizia è un diritto di tutti i cittadini e non un privilegio per pochi facoltosi, ed in questo senso la preparazione e il ruolo stesso del magistrato, a tutti gli effetti un alto funzionario dello Stato, offrono garanzie molto più solide. L’Uppi è fortemente preoccupata per il trasferimento di competenze sul condominio dai tribunali al giudice di pace; ed è profondamente contraria a che la materia condominiale diventi appannaggio dei magistrati onorari e non togati.
L’Uppi si appella pertanto al senso di responsabilità della Commissione Giustizia e dei deputati perché ascoltino le ragioni dei proprietari garantendo che in una materia, come quella condominiale, che riguarda la stragrande maggioranza degli italiani, sia assicurata una tutela giurisdizionale adeguata come è doveroso che sia, senza dovere necessariamente ed affrettatamente addivenire ad una riforma foriera senza dubbio di gravi disagi per tutti i cittadini italiani proprietari di casa.