[A cura di: Confappi]
Nell’intento originario, le leggi sul recupero dei sottotetti, emanate dalle diverse Regioni d’Italia a partire dagli anni Novanta, si proponevano di mettere un freno alla tendenza dell’edilizia di consumatore nuovo suolo per realizzare unità abitative. Con il tempo e con la grave crisi economica degli ultimi anni, il recupero del sottotetto a fini abitativi per molte persone si è trasformato in un’opportunità di guadagno e le amministrazioni territoriali, in termini differenti, hanno rivisto e corretto i provvedimenti in materia, cercando di regolarizzare gli interventi ed evitare la comparsa selvaggia di nuovi volumi non in linea con gli standard di sicurezza e abitabilità.
Oggi, più che in passato, recuperare un sottotetto si è trasformato in una forma di investimento per le famiglie italiane. Ma anche le normative sono evolute e sono diventate più severe. E chiedono qualità. I parametri richiesti, ad esempio, in termini di altezze minime e medie e di luce e aria da garantire ai locali sono stringenti. Al contrario, sotto l’aspetto dei requisiti energetici c’è ancora poca attenzione nelle legislazioni locali, che spesso però si rifanno alle normative nazionali (nel frattempo aggiornate).
Per recuperare un sottotetto, inoltre, anche se spesso viene dato per scontato, è necessario non solo fare i conti con la legge regionale e statale, ma anche con il proprio condominio e con un orientamento civilistico, mirato a considerare il volume come spazio comune (mentre, in precedenza, era più spesso considerato come pertinenza dell’alloggio sito all’ultimo piano).
I parametri obbligatori: altezza minima e media, ricambio d’aria e rapporto illuminante
Parlare di sottotetto abitabile significa anche fare i conti con alcuni parametri imprescindibili, fra cui le altezze, il ricambio d’aria e l’illuminazione del volume oggetto dell’intervento. Ogni regione (o provincia autonoma) ha fissato i propri requisiti determinando un quadro nazionale variegato. Alcune amministrazioni, ad esempio, hanno varato leggi ad hoc per regolamentare la materia, altre hanno invece inserito le indicazioni all’interno di provvedimenti legislativi più ampi.
Il parametro da prendere subito in considerazione è l’altezza. Le misure che interessano ai fini della verifica dell’abitabilità sono normalmente due: l’altezza minima e quella media, che in alcune regioni è ponderale.
Nello specifico, l’altezza minima è la distanza verticale tra il piano di calpestio e il punto dell’intradosso della copertura che segna il limite della superficie abitabile. L’altezza media, invece, è intesa come la distanza tra il pavimento e il piano virtuale orizzontale mediano, cioè posto tra il punto più alto e quello più basso delle falde di copertura. C’è poi l’altezza media ponderale, data dal rapporto tra il volume dello spazio abitabile e la relativa superficie. Infine, ma solo in casi sporadici, insieme alla minima è richiesta l’altezza massima, vale a dire la distanza verticale tra il pavimento e il punto più alto del sottotetto.
Il primo passo per verificare l’abitabilità è quindi procedere con le misurazioni richieste dalle normative regionali. Rilevare l’altezza minima e quella massima è semplice: basta munirsi di un metro o di strumenti più precisi come il distanziometro laser per ottenere in poco tempo dati precisi. Più complesso misurare l’altezza media e la media ponderale, che richiedono l’intervento di un tecnico qualificato. La seconda, prescritta da più regioni, si calcola dividendo il volume abitabile del sottotetto per la superficie corrispondente espressa in metri quadri.
Può succedere che alcuni sottotetti presentino pareti di altezze non omogenee: in questo caso si calcola l’altezza media ponderale di ogni singola parete, data dal rapporto tra la superficie e la rispettiva larghezza.
Quando si ha a che fare con soffitti a volta, invece, per misurare l’altezza media dei locali si esegue una media aritmetica tra l’altezza del piano di imposta (il punto da cui si sviluppa la volta) e quella del colmo (il punto più alto della volta) misurata dal pavimento con una tolleranza fino al 5%.
Altrettanto indispensabile per garantire l’abitabilità del sottotetto è il rapporto aeroilluminante, calcolato tra la superficie del pavimento e quella delle finestre. Il valore oscilla da un minimo di 1/32 a un massimo di 1/8, che rappresenta la misura di riferimento e può variare a seconda di dove è ubicato il sottotetto: nei centri storici e nei comuni montani, ad esempio, sono dichiarati abitabili sottotetti meno luminosi rispetto ad altri ubicati in altre zone della città.
Entrando nel dettaglio, l’altezza media richiesta (compresa quella ponderale) è solitamente 2,40 metri, anche se ci sono enti più esigenti come la Provincia autonoma di Trento (2,70 metri) o regioni, come Lazio e Friuli Venezia Giulia, che tollerano valori inferiori (1,90 metri). Lo stesso discorso vale per l’altezza minima, che nella maggior parte dei casi non è inferiore a 1,50 metri, anche se in alcuni casi sono consentiti valori più bassi (1,20 metri in Friuli Venezia Giulia e Umbria) o maggiori (1,80 metri in Emilia Romagna e Veneto).
In questi tutte le regioni gli spazi del sottotetto che hanno misure inferiori a quelle consentite devono essere chiusi “mediante opere murarie o arredi fissi” e destinati a ospitare guardaroba o ripostiglio. Questi locali accessori o di servizio possono quindi avere misure inferiori rispetto a quelle richieste per il resto del sottotetto: in media 20 centimetri in meno. Più tolleranza è prevista anche per gli edifici costruiti in comuni montani o comunque sopra determinate altitudini. In Abruzzo, ad esempio, nelle località che superano quota 1000 metri è sufficiente un’altezza media di 2,20 metri, a fronte dei 2,40 metri richiesti nelle aree al di sotto di quell’altitudine.
Per il raggiungimento delle misure richieste alcune regioni (poco meno della metà), seppur con determinate limitazioni, permettono di alzare l’altezza del colmo.
Nel Lazio, ad esempio, l’intervento è possibile ma non deve comportare un aumento superiore al 20% della volumetria del sottotetto esistente. Nelle Marche, invece, si può sopraelevare, ma sono esclusi gli edifici ubicati nei centri storici.
Più facile rientrare nei parametri abbassando il solaio, ma anche in questo caso è necessario fare attenzione ad alcuni aspetti. Nelle Marche, devono essere rispettati i requisiti minimi di abitabilità o agibilità dei locali sottostanti e le norme sismiche, mentre la Sicilia precisa come il recupero volumetrico sia consentito anche con la realizzazione di nuovi solai o la sostituzione dei solai esistenti.
Il mosaico regionale permane anche in tema di rapporto aeroilluminante, il cui valore oscilla tra 1/8 (Abruzzo, Campania, Lombardia, Piemonte, Provincia Autonoma di Trento, Puglia, Sardegna, Sicilia e Valle d’Aosta) e 1/16 (Emilia Romagna, Lazio e Liguria, Toscana, Umbria e Veneto). Addirittura 1/32 in Valle d’Aosta, anche se il rapporto è riferito soltanto ai sottotetti dei centri storici. Quasi tutti gli enti, infine, per raggiungere i valori richiesti permettono l’apertura di finestre, lucernai, abbaini e terrazze, sempre rispettando i requisiti strutturali e funzionali dell’edificio.