L’AMMINISTRATORE RESTA INVALIDO MA L’AMMANCO DI CASSA È CONFERMATO
Un grave incidente motociclistico e la conseguente invalidità non sono condizioni sufficienti a giustificare gli ammanchi dalle casse condominiale, concretizzatisi nel mancato versamento di alcune fatture. È quanto espresso dalla Cassazione che ha confermato la condanna a carico dell’amministratore di condominio. di seguito un estratto della sentenza.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II pen., sent. N. 21041/2016
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RITENUTO IN FATTO
G.A. ricorre, a mezzo del proprio difensore, avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano in data 22 ottobre 2015 con la quale, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Milano, in composizione monocratica, in data 4 giugno 2010, è stato concesso all’imputato il beneficio della non menzione ed è stata confermata la pena di mesi 6 di reclusione ed euro 600 di multa per il reato di appropriazione indebita continuata ai danni del Condominio di cui era amministratore.
A sostegno dell’impugnazione la difesa deduce:
(omissis)
d) Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla dichiarata sussistenza dell’elemento oggettivo in quanto la Corte d’appello non ha tenuto conto della circostanza secondo cui, nel caso di specie, non è stato provato l’asserito impossessamento da parte del G.A.; la Corte d’appello ha fondato il proprio ragionamento, fra l’altro, sul mancato pagamento di talune fatture e sul fatto che l’imputato non mise a disposizione delle casse condominiali la provvista versata dai condomini. Detto ragionamento è illogico e contraddittorio, in quanto tralascia di considerare che le fatture non pagate scadevano tutte in epoca successiva ad un gravissimo incidente motociclistico, il quale mise il sig. G.A. in una condizione di salute tale da invalidarlo completamente e da impedirgli di attendere alle ordinarie attività, motivo per il quale egli non poté mettere a disposizione della cassa condominiale le suddette provviste. Escluso, quindi, che l’imputato si sia appropriato della somma relativa mentre versava nelle suddette condizioni, l’elemento soggettivo della fattispecie potrebbe essere ricollegato solo all’esplicito rifiuto di restituzione, ciò che difetta nel caso di specie, non essendo stata formulata al sig. G.A. una richiesta dettagliata che consentisse di chiarire il dare avere. Deduce quindi la difesa un travisamento della prova ovvero una omessa valutazione della stessa, avendo la Corte d’appello omesso di considerare le suddette risultanze processuali.
e) Violazione dell’art. 646 c.p.p. e vizio di motivazione in relazione alla dichiarata sussistenza dell’elemento soggettivo; la sentenza impugnata ha ritenuto che il pagamento con il quale il G.A. provvide a sanare, parzialmente, l’ammanco di cassa, non varrebbe ad escludere la volontà appropriativa, la quale si sarebbe perfezionata con la distrazione dei versamenti dei condòmini dalla loro destinazione obbligata. La difesa sottolinea come detto pagamento sia invece indice dell’assenza di volontà appropriativa in capo all’imputato; censura pertanto l’illogicità e la contraddittorietà della motivazione sul punto, in quanto la stessa non tiene conto del fatto che l’imputato sia stato per lungo tempo impossibilitato, nonché del fatto che fino ad allora nessuno chiese mai al G.A. la somma da restituire al Condominio, né mostrò allo stesso la relativa documentazione.
f) Violazione della legge processuale e vizio di motivazione in relazione all’imputazione della sentenza di secondo grado, in quanto quest’ultima reitera il richiamo all’art. 99 c.p., nonostante il giudice di prime cure avesse chiarito che detto richiamo fosse frutto di un errore materiale. Ciò rende la sentenza contraddittoria nei suoi aspetti motivazionali.
g) Violazione della legge penale, nonché vizio di motivazione ed omessa valutazione della prova in riferimento all’art. 606 comma 1 lett. b) ed e) c.p.p; la sentenza impugnata, nell’identificare la condotta di appropriazione in una pluralità di azioni realizzate nell’arco dell’esercizio della gestione ordinaria del Condominio, ha infatti omesso di considerare che una significativa porzione di questo arco di tempo ha visto l’imputato in una condizione di salute tale da invalidarlo completamente e da impedirgli di attendere alle ordinarie attività.
h) Violazione della legge penale e vizio di motivazione in relazione al trattamento sanzionatorio; la sentenza impugnata, nel confermare la pena irrogata in primo grado, ritenendo inconferente il riferimento alla condizione di incensuratezza dell’imputato, posto che il certificato penale acquisito dava atto di condanna definitiva per altra vicenda appropriativa coeva a quella giudicata, trascurava che, all’epoca del processo di primo grado, il sig. G.A. risultava incensurato. Il giudice d’appello avrebbe dovuto, pertanto, ricalcolare la pena o riformare sul punto la sentenza di prime cure.
Il ricorrente ha depositato memoria difensiva chiedendo l’applicazione dell’art. 129 c.p.p.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Osserva la corte che il ricorso è manifestamente infondato.
(omissis)
Il quarto e il quinto motivo sono anch’essi manifestamente infondati. In apparenza si deducono vizi della motivazione ma, in realtà, si prospetta una valutazione delle prove diversa e più favorevole al ricorrente, ciò che non è consentito nel giudizio di legittimità; si prospettano, cioè, questioni di mero fatto che implicano una valutazione di merito preclusa in sede di legittimità, a fronte di una motivazione esaustiva, immune da vizi di logica, coerente con i principi di diritto enunciati da questa Corte, come quella del provvedimento impugnato che, pertanto, supera il vaglio di legittimità. (Cass. sez. 4, 2.12.2003, 229369; SU n. 12/2000), in particolare con il vaglio operato nei confronti delle acquisizioni probatorie, comprese le dichiarazioni del prevenuto, che peraltro non avrebbe fatto venir meno l’illiceità della condotta (v. pagg. 5,6 e 7 della sentenza d’appello).
Il sesto motivo è assolutamente infondato in quanto è pacifico che, fin dal primo grado, l’erronea indicazione della recidiva, è stata pacificamente individuata come errore materiale.
Irrilevante è la circostanza dedotta con riferimento al grave incidente di cui è stato vittima il G.A. in quanto l’attività appropriativa è emersa con l’interversione del possesso realizzatosi con la distrazione dei versamenti dei condomini dalla loro destinazione obbligata, distrazione resa evidente dall’ammanco di cassa constatato il 30 settembre 2008.
Con riferimento ai criteri di dosimetria della pena, rileva la Corte che i giudici di merito hanno dato atto del comportamento del prevenuto, dell’entità del danno ed hanno parametrato la pena finale al reale disvalore del fatto, concedendo il benefico della sospensione condizionale della pena e , in appello, quello della non menzione.
Alla luce delle suesposte considerazioni va dichiarata inammissibile l’impugnazione.
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in
Euro 1000.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e, inoltre, al versamento della somma di Euro 1000 in favore della Cassa delle ammende.