[A cura di: Soogea]
Il numero delle case all’asta in Italia è aumentato del 5,4% in sei mesi: le procedure in corso sono infatti 30.215, a fronte delle 28.672 rilevate a gennaio. Un valore, quello attuale, che di fatto riporta il mercato ai livelli di un anno fa: non si è consolidata, dunque, l’inversione di tendenza che era stata registrata all’inizio del 2016, quando fu riscontrato un calo del 6,7%. È quanto emerge dal rapporto semestrale sulle aste immobiliari del Centro studi Sogeea, presentato in Senato.
DISTRIBUZIONE
Quasi la metà delle abitazioni in vendita (13.423) si concentra nel Nord del Paese, unica area in cui le case all’asta sono scese rispetto a sei mesi fa: erano 16.391, da cui una flessione del 18,1%. A trainare la brusca risalita sono soprattutto il Sud (5.949 unità) e le Isole (3.683), che hanno fatto registrare un incremento rispettivamente del 46,4% e del 44,8%. Meno marcato, ma comunque consistente, l’aumento registrato al Centro (7.160 abitazioni, +26,2%).
Poco più di un quinto degli immobili oggetto dello studio, pari a 6.090 unità, è localizzato in Lombardia, regione che si dimostra in controtendenza rispetto al Nord Italia facendo registrare un incremento del 12,5% sul dato di gennaio. A seguire ci sono il Lazio (2.957, +28,6%), la Sicilia, che con le sue 2.842 case all’asta si è prodotta in un balzo in avanti del 44,2%, il Piemonte (2.536, -7,4%) e il Veneto, che in sei mesi ha in pratica dimezzato la quantità di immobili sul mercato (2.411 contro i 4.348 di inizio anno, -44,5%). Seguono ancora la Toscana (2.321 immobili all’asta, +35,5% rispetto a gennaio), la Campania (1.965, +55,1%), la Puglia (1.606, addirittura +77,6%) e la Calabria (1.251, +64,6%). A livello di province, invece, spiccano le 1.624 case all’asta di Roma, con Bergamo a quota 1.419 davanti a Milano (1.266), Torino (1.207) e Napoli (891).
L’ANALISI
“Il quadro che ne scaturisce – ha spiegato nella sua relazione l’ing. Sandro Simoncini, presidente di Sogeea e direttore del Centro studi – è quello di un Paese diviso in due, con un Mezzogiorno che continua a faticare tremendamente a uscire dalla crisi e un Nord che sembra invece in risalita. Le regioni settentrionali si sono dimostrate evidentemente anche più reattive nel recepire e nello sfruttare le novità legislative introdotte, come quella sull’imposta di registro, producendo un’accelerazione nelle tempistiche di vendita e facendo sì che i nuovi arrivi di immobili sul mercato non compensassero le operazioni andate a buon fine. Si può contestualmente ipotizzare che, nel Nord Italia, le persone che si trovano in difficoltà economico-finanziaria stiano fortunatamente diminuendo e che gli istituti di credito siano meno aggressivi nei confronti di chi è in sofferenza. Le banche, in effetti, sono consapevoli che il valore degli immobili è drasticamente calato negli ultimi anni e, di conseguenza, un’asta non le farebbe comunque rientrare dei capitali erogati. Mezzogiorno e Isole, invece, hanno fatto registrare un incremento tale delle abitazioni in vendita che non può che far riflettere: gli effetti di una stagnazione economica che stenta a interrompersi risultano sempre più devastanti con il passare degli anni. Cresce il numero di piccoli imprenditori, artigiani, commercianti che sono riusciti a far fronte per anni alle proprie difficoltà ma che, sul lungo periodo, non possono che pagare un dazio altissimo, arrivando a intaccare anche il patrimonio più prezioso: la prima casa”.
DATI ECONOMICI
C’è infatti un dato assai uniforme a livello nazionale che dimostra come sia sempre la fascia di reddito medio-bassa a pagare il tributo più rilevante alla crisi: il 66% delle abitazioni all’asta ha un prezzo inferiore ai 100.000 euro, percentuale che sale addirittura fino all’89% se si prendono in esame anche gli immobili appartenenti alla fascia tra 100.000 e 200.000 euro. Nella stragrande maggioranza dei casi, insomma, non si tratta certo di case di particolare pregio. Abbozzando una stima del valore finanziario delle transazioni effettuate in questi primi sei mesi dell’anno, si ottiene una cifra di circa 4,8 miliardi di euro, di cui, tolte le spese per le procedure, circa 4,5 miliardi destinati alle banche. Si può approssimare, inoltre, a circa 340 milioni di euro gli introiti in meno per l’Erario con l’entrata in vigore della nuova disciplina sull’imposta di registro. Stimabile in circa un miliardo di euro, invece, l’ammontare delle ristrutturazioni che hanno seguito l’acquisizione degli immobili. In questo caso, le entrate per le casse dello Stato tra Iva e tasse possono essere quantificate in circa 270 milioni”.