Dopo il pignoramento di un immobile, il locatore-proprietario (che è anche debitore verso terzi) perde la legittimazione sostanziale a richiedere al conduttore il pagamento dei canoni. È il principio di diritto richiamato dalla Cassazione con la sentenza 13216 del 27 giugno 2016, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. III civ., sent. 27.6.2016,
n. 13216
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 22 febbraio 2012 la Corte d’appello di Roma, in riforma della pronuncia emessa dal Tribunale dl Roma, rigettava l’opposizione proposta da T.G. avverso il decreto ingiuntivo con il quale gli era stato ingiunto il pagamento in favore di D.S. della somma di euro 38.734,18, a titolo di canoni afferenti l’immobile locato dalla D.s. al T.G. in data successiva al pignoramento dell’immobile ed in difetto della prescritta autorizzazione del giudice dell’esecuzione.
Rilevava la corte territoriale che il contratto di locazione stipulato tra le parti, pur se opponibile ai creditori pignoranti e alla procedura esecutiva, era pienamente efficace e vincolante nei rapporti tra conduttore e locatore, sicché la D.S. aveva diritto al pagamento dei canoni. Inconferente era, poi, il richiamo all’art. 2912 c.c., secondo cui il pignoramento sì estende anche ai frutti della cosa pignorata.
Contro la suddetta sentenza T.G. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi ed illustrato da memoria.
Resiste con controricorso D.S..
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia “violazione e falsa applicazione di legge – art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione agli artt. 449, 559, 560 c.p.c. e 2912 c.c.”.
2. Con il secondo motivo deduce “omessa insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia – art. 360 n. 5 c.p.c.”.
3. I due motivi, in quanto connessi, vanno esaminati congiuntamente.
Sostiene il ricorrente che la sentenza impugnata, richiamando un unico precedente giurisprudenziale (Cass. n. 8166/91), peraltro inconferente, aveva erroneamente ritenuto vincolante ed efficace tra le parti il contratto di locazione stipulato successivamente al pignoramento dell’immobile, nonostante il divieto sancito dall’art. 560 c.p.c. di locare l’immobile pignorato senza l’autorizzazione del giudice dell’esecuzione e la violazione dell’art. 2912 c.c., il quale prevede che il pignoramento comprende anche i frutti (nella specie, i canoni di locazione) della cosa pignorata.
4. Di recente questa Corte ha affermato il principio di diritto in base al quale il proprietario-locatore di bene pignorato non è legittimato ad esercitare le azioni derivanti dal contratto di locazione concluso senza l’autorizzazione del giudice dell’esecuzione, ivi compresa quella di pagamento dei canoni, poiché la titolarità di tali azioni non è correlata ad un titolo convenzionale o unilaterale (il contratto di locazione o la proprietà), ma spetta al custode, In ragione dei poteri di gestione e amministrazione a lui attribuiti e della relazione qualificata con il bene pignorato derivante dall’investitura del giudice (Cass. 29 aprile 2015, n. 8695). In motivazione, la Corte chiarisce che per effetto dello spossessamento conseguente al pignoramento e dell’effetto estensivo previsto dall’articolo 2912 c.c., il debitore esecutato perde vuoi il diritto di gestire e amministrare (se non in quanto custode) il bene pignorato, vuoi il diritto di far propri i relativi frutti civili. Ciò in conformità dell’indirizzo giurisprudenziale che ha affermato che, anche se la locazione di un bene sottoposto a pignoramento senza l’autorizzazione del giudice dell’esecuzione, in violazione dell’articolo 560 c.p.c., non comporta l’invalidità del contratto ma solo la sua inopponibilità ai creditori ed all’assegnatario (Cass. 13 luglio 1999, n. 7422; Cass. 10 ottobre 1994, n. 8267), il contratto così concluso non pertiene al locatore-proprietario esecutato, ma al locatore-custode e le azioni che da esso scaturiscono – nella specie per il pagamento dei canoni – devono essere esercitate, anche in caso di locazione non autorizzata, dal custode (Cass. 14 luglio 2009, n. 16375).
Nel solco di tale orientamento giurisprudenziale si inserisce Cass. 21 giugno 2011, n. 13587, che, in motivazione, ha evidenziato che “dopo il pignoramento, il locatore-proprietario e debitore perde la legittimazione sostanziale sia a richiedere al locatario il pagamento dei canoni […] sia per ogni altra azione, perché ex art. 559 c.p.c., pur permanendo l’identità del soggetto, muta il titolo del possesso da parte sua, in quanto ogni sua attività costituisce conseguenza del potere di amministrazione e gestione del bene pignorato, di cui egli continua ad avere il possesso come organo ausiliario del giudice dell’esecuzione. […] E ciò per la semplice ragione che il bene è a lui sottratto per tutelare le ragioni creditorie del terzo, il quale con il pignoramento mostra tutto l’interesse di vedere soddisfatto il suo credito e non vedersi sottratte le somme ricavate”.
5. Alla luce dell’indirizzo giurisprudenziale richiamato, il ricorso deve essere quindi accolto.
La sentenza impugnata va dunque cassata con rinvio, per un nuovo esame, alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione.