Condominio minimo: come deliberare i lavori di ristrutturazione?
Nell’ipotesi di condominio composto di due soli partecipanti (c.d. “piccolo condominio”), le spese necessarie alla conservazione o riparazione della cosa comune devono essere oggetto di regolare delibera, adottata previa rituale convocazione dell’assemblea dei condòmini. Tale principio, tuttavia, può essere derogato se vi sono ragioni di particolare urgenza ovvero trascuratezza da parte degli altri comproprietari. È quanto rimarcato dalla Cassazione con la sentenza 16071 del 2 agosto 2016, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., sent. 2.8.2016,
n. 16071
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso proposto ai sensi dell’art. 1105 c.c., depositato il 9 gennaio 2007, dinanzi al Tribunale di Pescara, M.C., premesso di essere proprietaria di unità immobiliari poste al piano primo e secondo di un fabbricato sito in …, stabile composto esclusivamente da altra unità abitativa posta al piano terra, di proprietà di C.P., chiedeva che venissero autorizzati i lavori di ristrutturazione della facciata dell’edificio e di rifacimento degli infissi e della porta di accesso al piano terra, nonché la redazione delle relative tabelle millesimali a cura di perito nominato del Tribunale.
Instaurato il contraddittorio, nella resistenza della C.P., la quale assumeva che la M.C. aveva fatto eseguire, in precedenza, senza alcun preavviso, dei lavori di ristrutturazione con interventi invasivi dell’altrui proprietà, il giudice adito, con decreto del …, ritenuta la tardività dell’eccezione con la quale la resistente si era doluta della mancata previa convocazione dell’assemblea prevista dall’art. 1105, ultimo comma, c.c., prima dell’instaurazione del procedimento de quo, disponeva il rifacimento della facciata del fabbricato.
Avverso tale decreto la C.P. proponeva reclamo avanti alla Corte di appello di L’Aquila, che con decreto n. …, rigettava il reclamo.
A sostegno della decisione adottata la corte territoriale evidenziava che la mancata convocazione dell’assemblea era priva di rilievo in quanto, trattandosi nella specie di condominio minimo, entrambi i comproprietari dello stabile si erano già espressi prima dell’introduzione del giudizio in ordine ai provvedimenti da assumere per l’amministrazione della cosa comune. Né era controverso che l’esercizio dell’azione ad opera di M.C. fosse stato preceduto da numerosi inviti all’esecuzione dei lavori de quibus, mai raccolti da C.P..
Avverso tale ultimo decreto della Corte di Appello di L’Aquila ha proposto ricorso per cessazione C.P., articolato su due motivi, rimasta intimata M.C..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1105 c.c. per avere la corte territoriale ritenuto che non costituisse presupposto dell’instaurazione di un procedimento ex art. 1105, ultimo comma, c.c., la previa convocazione dell’assemblea dei condòmini, sull’assunto che trattandosi di condominio minimo, le due uniche comproprietarie avevano già espresso in precedenza e in maniera univoca la loro volontà.
Il motivo è infondato.
L’art. 1105 c.c. garantisce il diritto di partecipazione di ogni singolo comunista alle vicende inerenti l’amministrazione del bene comune pro indiviso, per cui nessuno dei compartecipi ha per legge il potere di rappresentare gli altri nell’amministrazione della cosa comune, dove vige il principio del concorso di tutti i comunisti che si attua indiscutibilmente tramite la convocazione dell’assemblea che delibera a maggioranza (anche in presenza di due soli comproprietari).
Nessuno, infatti, può essere escluso dagli atti che riguardano la sua cosa e se proprietario di questa sono soltanto due persone, ciascuna di esse deve necessariamente entrare a formare la volontà comune (magari pronunciandosi in modo diverso ovvero non pronunciandosi affatto) in tema di amministrazione del bene in comunione, tant’è che il terzo comma dell’art. 1105 c.c. richiede, per tali deliberazioni, che tutti i partecipanti siano stati preventivamente informati, mediante avviso di convocazione. Sul punto questa Corte ha costantemente ribadito che nell’ipotesi di condominio composto di due soli partecipanti (c.d. “piccolo condominio”), le spese necessarie alla conservazione o riparazione della cosa comune devono essere oggetto di regolare delibera, adottata previa rituale convocazione dell’assemblea dei condòmini, della quale non costituisce valido equipollente il mero avvertimento o la mera comunicazione all’altro condomino della necessità di procedere a determinati lavori (cfr. ex plurimis: Cass. 3 aprile 2012 n. 5288; ma già, Cass. 29 maggio 1998 n. 5298 e Cass. 25 giugno 1991 n. 7126).
Il principio della preventiva convocazione e successiva deliberazione dell’assemblea in ordine alle spese comuni, che si fonda sull’indiscutibile diritto di ciascun comproprietario di partecipare all’amministrazione del bene comune, tuttavia può essere derogato se vi sono ragioni di particolare urgenza ovvero trascuratezza da parte degli altri comproprietari. Infatti, la regola generale per i casi, nei quali non si prendono i provvedimenti necessari per l’amministrazione o non si forma una maggioranza, è che ciascun partecipante può ricorrere all’autorità giudiziaria (art. 1105 comma 4).
Correttamente, pertanto, la sentenza ha accertato che la M.C. aveva preceduto l’introduzione del presente giudizio da numerosi inviti all’esecuzione dei lavori de quibus indirizzati alla comproprietaria, la quale era rimasta del tutto inattiva, come è confermato dalla opposizione alla quale la medesima ha fatto riferimento. La mancata prestazione del consenso da parte dell’altro comproprietario è del tutto irrilevante posto che, come si è detto, il presupposto per ricorrere all’autorità giudiziaria è l’inattività degli altri comunisti che non adottano le iniziative necessarie, costituendo le spese per la conservazione della cosa comune delle obbligazioni propter rem, nelle quali il nesso immediato tra l’obbligazione e la res non è modificato dalla interferenza di nessun elemento soggettivo.
La ricorrente contesta la ricostruzione della vicenda nei termini dianzi esposti, sostenendo che il complesso delle sue difese deponeva nel senso che essa aveva negato di essere mai stata avvisata dalla controparte. Per l’esattezza, la C.P. evidenzia come l’eccezione di improponibilità della domanda ex art. 1105, ultimo comma, c.c. “era fondata sulla mancanza di qualsiasi precedente avviso” e che “aveva contestato di non essere stata preventivamente consultata per l’effettuazione di opere sui beni comuni”, tanto che persino “il giudice di primo grado aveva accertato che … non era stata mai preventivamente informata della necessità di deliberare in ordine all’esecuzione di opere sui beni comuni”.
Osserva il Collegio che l’eccezione di mancata convocazione dell’assemblea condominiale si riferisce ad una specifica omissione procedurale imputata alla controparte, e non può, quindi, essere interpretata nel senso indicato dalla C.P., la quale asserisce di avere affermato di non essere stata comunque mai informata della necessità dei lavori de quibus.
Con il secondo motivo la ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c., nonché dell’omessa e/o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, perché non era stata data prova che la presentazione del ricorso fosse stata preceduta da numerosi inviti ad effettuare i richiesti lavori.
La censura è inammissibile in quanto difetta del requisito dell’autosufficienza. Infatti non è stato riprodotto nel ricorso il contenuto degli atti processuali per mezzo dei quali ella assume che “aveva contestato di non essere stata preventivamente consultata per l’effettuazione di opere sui beni comuni” ed il provvedimento con il quale “il giudice di primo grado aveva accertato che … non era stata mai preventivamente informata della necessità di deliberare in ordine all’esecuzione di opere sui beni comuni”. In altri termini, la ricorrente non espone in che termini la doglianza era stata formulata nei motivi di reclamo.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
Nessuna pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione in assenza di attività difensiva della parte intimata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.