[A cura di: Corrado Sforza Fogliani – presidente Centro studi Confedilizia]
Perfino nella manutenzione del verde, mette mano uno stato che non si regge più: non fa quel che deve, ma in compenso fa quel che non deve. È passata sotto un silenzio assordante (anche gli ecologisti, non si sono fatti vivi) la legge – recentemente andata in Gazzetta Ufficiale – che, fra tante norme delega di complicazione (così è da chiamarsi, oggi, la “semplificazione” alla quale, secondo il titolo ufficiale, dovrebbe ispirarsi certa normativa), ne reca una di regolamentazione dell’esercizio dell’attività di manutenzione del verde.
Stabilisce questa disposizione che “l’attività di costruzione, sistemazione e manutenzione del verde pubblico o privato affidata a terzi può essere esercitata solo:
1) dagli iscritti al Registro ufficiale dei produttori (probabilmente, i promotori della legge…), tenuto da Servizio fitosanitario nazionale (i cui burocrati – anch’essi avranno dato una mano – saranno probabilmente lieti di avere qualcosa da fare, ed anche, sempre probabilmente, da tassare);
2) dalle imprese agricole, artigiane, industriali o in forma cooperativa, iscritte al registro delle imprese, che abbiano conseguito un attestato di idoneità che accerti il possesso di adeguate competenze” (e l’attestato – naturalmente – potrà essere conseguito solo con corsi di formazione: il nuovo business, agricolo e non, la cui regolamentazione è lasciata per legge al buoncuore delle Regioni e delle Province autonome).
Il tutto, preoccupandosi lo stato – è una precisa disposizione di questa insulsa legge – solo che l’attuazione della normativa in parola non comporti “nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”. Quanto ai contribuenti, invece, peggio per loro, così impareranno a restare nel Bel paese. E poi – dopo queste idiozie corporative – fanno anche finta di meravigliarsi che gli stranieri non vengano ad investire in Italia (se non per portarci via beni, ma di questo, nessuno parla; solo i cittadini italiani che esportano illegalmente denaro, ci rovinano gli utili delle aziende, e delle banche, che acquistano).