L’argomento è analogo, ma i punti di vista sono differenti. Se il Censis (nel suo tredicesimo rapporto sulla comunicazione) ha analizzato le nuove tecnologie sotto il profilo della loro diffusione sociale, le Autorità garanti della privacy di 26 Paesi, compresa l’Italia, hanno invece esaminato i dispositivi rientranti nel cosiddetto Internet delle cose in chiave della tutela dei dati personali, arrivando addirittura a bocciarne più del 60%.
DOMOTICA E PRIVACY
Su oltre trecento dispositivi elettronici connessi a Internet – come braccialetti intelligenti, contatori elettronici e termostati di ultima generazione – più del 60% non ha superato l’esame dei Garanti della privacy di 26 Paesi. È quanto emerge dall’indagine a tappeto (sweep), a carattere internazionale, avviata lo scorso maggio dalle Autorità per la protezione dei dati personali appartenenti al Global Privacy Enforcement Network (GPEN), di cui fa parte anche il Garante italiano, per verificare il rispetto della privacy nell’Internet delle cose (IoT).
I riscontri raccolti dagli esperti delle Autorità, su più di trecento apparecchi delle principali società del settore, hanno fatto emergere, a livello globale, gravi carenze nella tutela della privacy degli utenti:
* il 59% degli apparecchi non offre informazioni adeguate su come i dati personali degli interessati sono raccolti, utilizzati e comunicati a terzi;
* il 68% non fornisce appropriate informazioni sulle modalità di conservazione dei dati;
* il 72% non spiega agli utenti come cancellare i dati dal dispositivo;
* il 38% non garantisce semplici modalità di contatto ai clienti che desiderano chiarimenti in merito al rispetto della propria privacy.
Alcuni dispositivi analizzati hanno presentato anche problemi sulla sicurezza dei dati, ad esempio trasmettendo in chiaro (quindi in modalità non criptata) al medico curante informazioni relative alla salute degli utenti. Leggermente migliori, ma comunque preoccupanti, i risultati delle analisi condotte dal Garante italiano sul rispetto della privacy da parte di alcune delle principali società nazionali che offrono prodotti nel settore della domotica: solo il 10%, infatti, non fornisce agli utenti alcuna informazione su come i loro dati personali sono raccolti, utilizzati e comunicati a terzi.
E tuttavia:
* il 20% non fornisce appropriate informazioni sulle modalità di conservazione dei dati;
* il 30% non garantisce semplici modalità di contatto ai clienti che desiderano chiarimenti in merito al rispetto della propria privacy;
* il 90% non spiega agli utenti come cancellare i propri dati dal dispositivo..
IL COMMENTO
“L’indagine sulla cosiddetta Internet delle Cose (IoT) – commenta Antonello Soro, presidente dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali – ha rivelato che le società del settore non hanno ancora posto sufficiente attenzione alla protezione dei dati personali, con il rischio, peraltro, di generare sfiducia nei consumatori. Alcune aziende, ad esempio, non si rendono conto che non solo il nome e il cognome, ma anche i dettagli sul consumo elettrico di una persona o i suoi stessi parametri vitali, sono dati personali da proteggere. Così come non è ancora sufficientemente garantita neppure la possibilità per i consumatori di cancellare i dati raccolti da questi dispositivi. Il Garante italiano insieme alle altre Autorità del Global Privacy Enforcement Network, monitorerà con attenzione questi prodotti e servizi, al fine di verificare che la realizzazione di strumenti innovativi come elettrodomestici intelligenti non avvenga a danno della riservatezza dei dati personali, spesso anche sensibili, degli utenti”.
CENSIS E NUOVE TECNOLOGIE
La penetrazione di internet aumenta di 2,8 punti percentuali nell’ultimo anno e l’utenza della rete tocca un nuovo record, attestandosi al 73,7% degli italiani (e al 95,9%, cioè praticamente la totalità, dei giovani under 30). La crescita complessiva dell’utenza del web nel periodo 2007-2016 è stata pari a +28,4%: nel corso degli ultimi dieci anni gli utenti di internet sono passati da meno della metà a quasi tre quarti degli italiani (erano il 45,3% solo nel 2007). E mentre diminuiscono gli utenti dei telefoni cellulari basic, in grado solo di telefonare e inviare sms (-5,1% nell’ultimo anno), continua la crescita impetuosa degli smartphone, utilizzati dal 64,8% degli italiani (e dall’89,4% dei giovani di 14-29 anni): +12% di utenza complessiva in un anno, una crescita superiore a quella di qualsiasi altro mezzo. Si registrano pure piccole oscillazioni al rialzo per la diffusione di e-reader (+0,7%) e tablet (+1,7%).
Ma non è tutto. L’andamento della spesa per consumi delle famiglie conferma infatti il trend anticiclico dei consumi tecnologici in un decennio caratterizzato da una lunga e profonda recessione. Tra il 2007 (l’anno prima dell’inizio della crisi) e il 2015, mentre i consumi generali flettevano complessivamente del 5,7% in termini reali, decollava la spesa per acquistare apparecchi telefonici (+191,6%, per un valore di 5,9 miliardi di euro nell’ultimo anno) e computer (+41,4%), seppure i servizi di telefonia si riassestavano verso il basso per effetto di un riequilibrio tariffario (-16,5% negli otto anni, per un valore però superiore a 16,6 miliardi di euro), e infine la spesa per libri e giornali si riduceva del 38,7%.
Gli italiani hanno evitato di spendere su tutto, ma non sui media connessi in rete, perché grazie ad essi hanno aumentato il loro potere individuale di disintermediazione. Usare internet per informarsi, prenotare viaggi e vacanze, acquistare beni e servizi, guardare film o seguire partite di calcio, entrare in contatto con le amministrazioni pubbliche o svolgere operazioni bancarie, ha significato spendere meno soldi o anche solo sprecare meno tempo: in ogni caso, guadagnare qualcosa.