[A cura di: Corrado Sforza Fogliani – presidente Centro studi Confedilizia]
In tema di revisione del classamento catastale di immobili urbani, la motivazione dell’atto relativo non può limitarsi a contenere l’indicazione della consistenza, della categoria e della classe attribuita dall’Agenzia delle Entrate, bensì deve specificare, a pena di nullità, ai sensi della legge 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, comma 1, a quale presupposto la modifica debba essere associata: se al non aggiornamento del classamento o, invece, alla palese incongruità rispetto a fabbricati similari e, in questa seconda ipotesi, l’atto impositivo dovrà indicare la specifica individuazione di tali fabbricati, del loro classamento e delle caratteristiche analoghe che li renderebbero similari all’unità immobiliare oggetto di riclassamento, consentendo in tal modo al contribuente il pieno esercizio del diritto di difesa nella successiva fase contenziosa, conseguente alla richiesta di verifica dell’effettiva correttezza del riclassamento.
Così la Commissione tributaria regionale del Lazio (sentenza. n. 3557 del 6.6.2016), affermando principi ormai consolidati nella giurisprudenza della Cassazione ma applicandoli – e questo è l’elemento importante – in fase di appello nel contenzioso riguardante l’estesa attività di riclassamento operata a Roma, caratterizzata in molti casi da modifiche perlomeno “discutibili”.