[A cura di: Dr. Ing. Paolo Clemente, Dirigente di Ricerca ENEA]
Non c’è dubbio che, se si vuole affrontare la questione sicurezza delle costruzioni in modo sistematico, bisogna partire da un’accurata conoscenza del costruito. Per questo, appare indispensabile, e non ulteriormente procrastinabile, l’istituzione dell’anagrafe del costruito: una sorta di censimento a tappeto che consenta di conoscere tutto quello che è stato edificato, la sua storia e il suo stato di salute.
PRIMO STEP: IL RECUPERO DELLA DOCUMENTAZIONE
Il primo passo dovrebbe avere come obiettivo il recupero di tutta la documentazione tecnico-amministrativa esistente per ciascuna costruzione, vale a dire del progetto originale e di tutto ciò che riguarda i lavori di carattere architettonico, strutturale e impiantistico eseguiti successivamente alla costruzione. Ci troveremo di fronte alle situazioni più disparate. Per gli edifici recenti, ossia degli ultimi decenni, dovrebbero essere disponibili il progetto, le relazioni della direzione lavori e il collaudo statico in corso d’opera. Andando indietro nel tempo come anno di costruzione, diventa sempre più difficile recuperare questi documenti e ci si dovrà accontentare di grafici e valutazioni eseguiti in occasione di interventi di manutenzione o altro, laddove richiesti o comunque prodotti dai proprietari e conservati negli uffici competenti. In alcuni casi non troveremmo alcuna documentazione, soprattutto per gli edifici più vecchi che non hanno valore storico. Un’accurata indagine visiva dovrebbe completare il primo passo, al termine del quale si potrebbe fare una classificazione preliminare dell’edificato in base all’anno di costruzione, ai materiali utilizzati, alla tipologia strutturale e alle condizioni di salute apparenti.
SECONDO STEP: RISANAMENTO DELLE LACUNE
Il secondo passo dovrebbe sanare le lacune riscontrate nel primo. Laddove mancano progetto e grafici, andrebbe eseguito un accurato rilievo architettonico, strutturale e impiantistico; in caso di mancanza di dati affidabili sulle proprietà meccaniche dei materiali e l’efficacia delle connessioni tra gli elementi portanti, questi andrebbero ottenuti attraverso idonee prove sperimentali. Tali prove andrebbero eseguite comunque nel caso di edifici di età superiore a un prefissato valore (per esempio 25 anni) per verificare la rispondenza del costruito alla documentazione originaria e la corretta conservazione delle proprietà meccaniche dei materiali, ipotizzate in fase di progetto.
TERZO STEP: VERIFICA DELL’EDIFICIO
Sulla base dei risultati delle prime due fasi potrebbe essere eseguita, attraverso un’accurata modellazione matematica, la valutazione dello stato di salute di ciascun edificio. In particolare, l’analisi dovrebbe verificare l’idoneità statica dell’edificio, ossia la sua capacità a fronteggiare le azioni statiche di progetto previste per la sua destinazione d’uso, e valutare l’entità delle azioni sismiche relative ai vari stati limite previsti dalle norme tecniche: ad esempio quella che provocherebbe il primo danneggiamento e quella che porterebbe la struttura la collasso. In ciò consiste l’analisi di vulnerabilità sismica di una struttura.
Il risultato della terza fase consentirebbe anche di attribuire a ciascuna costruzione un Grado di affidabilità o di adeguamento alle norme tecniche, pari al rapporto tra la capacità strutturale (statica e sismica) valutata nell’analisi e quella prescritta nello stesso sito per una nuova costruzione. Si tratta di una certificazione dell’affidabilità strutturale, che dovrebbe influenzare il valore della costruzione stessa. Al riguardo potrebbe essere particolarmente utile l’esperienza maturata nel campo dell’efficienza energetica. I tempi di attuazione potrebbero essere relativamente brevi per le prime due fasi, da alcuni mesi fino a un anno per ciascuna di esse, e altrettanto per la terza.
La formazione dell’anagrafe (ossia i primi tre passi descritti) avrebbe dei costi contenuti, ma va comunque sostenuta e incentivata attraverso meccanismi di defiscalizzazione o altro.
IL REPERIMENTO DELLE RISORSE FINANZIARIE
Ma dove reperire i fondi per gli interventi di miglioramento sismico degli edifici, ossia per investire sulla sicurezza? Su questo i pareri divergono enormemente, ma si tratta soltanto di differenze formali: in sostanza, dovremmo essere sempre noi cittadini a contribuire con tasse, palesi o occulte, ma comunque con riflessi negativi in tutti i settori. Allora perché non istituire una forma di contribuzione trasparente, onesta, dedicata alle calamità naturali? Una forma di contribuzione controllabile, ben definita nella quantità, nel percorso e nell’utilizzo finale?
È proprio quello che ENEA e Federproprietà, insieme con Ordine Ingegneri di Roma, UNEDI, UCIT e URIA, hanno proposto già alcuni anni or sono con il disegno di legge presentato in Senato una prima volta nella XVI legislatura (ddl n. 3631/XVI) e una seconda nell’attuale legislatura (ddl n. 881/XVII). La proposta prevede l’istituzione di un’assicurazione obbligatoria, che solleverebbe lo Stato dalle spese di ricostruzione a seguito di eventi calamitosi, ma soprattutto stimolerebbe proprietari e compagnie di assicurazione a verificare l’affidabilità delle costruzioni, e l’istituzione di un Fondo per la sicurezza strutturale e l’efficienza energetica, che si alimenterebbe con quota parte del premio di assicurazione obbligatorio e che consentirebbe di ridurre gradualmente le spese per emergenza e ricostruzione. I costi sarebbero esigui: in media tra 100 e 200 euro per unità immobiliare.