I condomini italiani? Sono al centro degli interessi di una miriade di associazioni che raggruppano i loro amministratori; ma anche dei professionisti dell’edilizia, del mondo tecnologico, delle istituzioni e, da qualche tempo, perfino di manager immobiliari asiatici, con spiccate professionalità nella gestione evoluta degli edifici. È quanto emerso – a Rimini – a margine dell’evento Condominio Eco.
Gli Stati generali del Condominio (da non confondersi con l’incontro, con il medesimo titolo, andato in scena tre settimane prima, sabato 22 ottobre, a CondominioItalia Expo) hanno sottolineato come i condomini, intesi come unità residenziali con obbligo di amministrazione (in Italia ce ne sono 1,2 milioni secondo gli ultimi dati Istat) rappresentino una delle priorità che l’Italia deve affrontare quando si parla riqualificazione energetica, sicurezza antisismica e gestione del patrimonio immobiliare.
Sempre più luogo di litigi (quasi un milione le cause aperte nei tribunali, anche in ragione di una scarsa conoscenza degli strumenti alternativi per la risoluzione del conflitti) il condominio come “modello abitativo” non sembra godere di ottima salute a causa dell’eccessiva “polverizzazione” dei propri amministratori: riuniti in decine e decine di associazioni che, secondo quanto emerso nel corso del lavori, non riescono ad unire le forze in direzione di obiettivi comuni. Da ricordare che un recente provvedimento di legge (numero 220 dell’11 dicembre 2012, Modifica alla disciplina del condominio negli edifici) ha concesso alla figura dell’amministratore più autonomia e potere in cambio, conditio sine qua non, di maggiore professionalità nell’esercizio del proprio ruolo.
Da qui tutto il dibattito emerso, nel corso dei lavori, sui reali effetti della formazione cui devono sottostare i circa 25.000 amministratori di condominio italiani (72 ore all’anno, di cui 48 di teoria e 24 di esercitazione pratica) ritenute non sufficienti da alcuni degli intervenuti all’assise.
Peraltro, il difficile processo di professionalizzazione di queste figure, ostacolato ancora da sacche di abusivismo e forme, più o meno riconoscibili, di concorrenza sleale, è ora messo in pericolo da un ulteriore fattore evidenziato da Francesco Schena, moderatore dei lavori: “C’è effettivamente una minaccia da parte di alcune società cinesi che sono già presenti sul mercato immobiliare italiano. Queste non sono iscritte a nessuna associazione e svolgono la professione amministrativa con una mentalità paradossalmente più evoluta rispetto a quanto sperimentabile sul mercato italiano. Bisogna ammettere che ciò è anche conseguenza di una limitata lungimiranza degli amministratori di condominio e delle associazioni che li rappresentano. Non avendo questi una estrazione di tipo manageriale o accademico, hanno sofferto il cambio di passo del mercato, e oggi corrono il rischio di lasciare spazio a nuove realtà con alle spalle, oltretutto, grosse società di capitali. Le associazioni degli amministratori di condominio devono dunque guardare a questi aspetti nell’interesse dei loro associati: per non relegare la figura dell’amministratore a un mercato minore, isolandola nella sola e ormai insufficiente funzione di amministratore vecchio stampo, con visioni della professione ormai superate dai tempi”.