Il “fronte del poi” ottiene una parziale vittoria. E, paradossalmente, lo fa in una regione come il Piemonte in cui molti condomini hanno installato le termovalvole già da almeno 4 anni, in omaggio ad un obbligo di legge poi procrastinato una prima volta per andare incontro alle famiglie fiaccate dalla crisi economica, una seconda volta per uniformarsi alle scadenze nazionali, e oggi (soprattutto) per assecondare le richieste di diverse rappresentanze della proprietà edilizia e dell’amministrazione condominiale; sebbene – altro paradosso – Ape Torino, a differenza di Confedilizia nazionale, avesse ad esempio proposto, nelle scorse settimane, una modifica della UNI 10200 che rendesse più equo il calcolo e il riparto dei costi di riscaldamento, piuttosto che un rinvio della contabilizzazione.
In realtà, a dirla tutta, la mozione presentata a Palazzo Lascaris dalla presidente della commissione Ambiente Silvana Accossato (Pd), e approvata ieri (28 dicembre) all’unanimità dal Consiglio Regionale, non proroga in senso stretto l’entrata in vigore dell’obbligo di installare sistemi di termoregolazione e contabilizzazione in ambito condominiale, bensì impegna la Giunta Chiamparino a valutare l’opportunità di “dare indicazione all’Autorità delegata al controllo d’imporre con proprio provvedimento, qualora si verifichi il caso di condomini in cui i lavori siano già stati deliberati e affidati a una ditta installatrice ma non ancora realizzati, di procedere all’adeguamento degli impianti di riscaldamento entro il 30 settembre 2017, termine oltre il quale l’impianto non potrà essere utilizzato e verrà comminata la sanzione”.
Sta di fatto che, qualora (come è assolutamente probabile) la Giunta recepisse la mozione, il partito trasversale della proroga – che a livello nazionale è idealmente capeggiato da Confedilizia e Uppi, tra le associazioni più accanite nel chiedere un rinvio – troverebbe una prima, importante, sponda istituzionale; e sarebbe, conseguentemente, più breve il passo verso l’adozione da parte del Governo di un provvedimento analogo: un compromesso in grado di salvare da una parte la capra delle istanze comunitarie bypassando una procedura d’infrazione inevitabile in caso di rinvio dell’obbligo di contabilizzazione; e dall’altra i cavoli di chi chiede da mesi a gran voce che, perlomeno, non venga sanzionato quel 50% di condomini inadempienti.
Ragioni, queste ultime, sostenute – come premesso – in primo luogo da Confedilizia, che proprio nei giorni scorsi aveva anche inviato una lettera al Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio sottolineando che: “L’installazione andava effettuata previa complessa verifica determinasse efficienza di costi e risparmio energetico, ma in molti edifici non è stato ancora possibile adempiere a quanto imposto dalla legge a causa del ritardo con cui è stato approvato il decreto che ha modificato le regole applicabili e dell’impossibilità materiale, per le imprese, di soddisfare le innumerevoli richieste. Con il conseguente rischio dell’applicazione di sanzioni da 500 a 2.500 euro per ciascuna unità immobiliare nei confronti di moltissimi proprietari di casa. La situazione venutasi a creare renderebbe necessaria una proroga del termine attualmente previsto. Poiché, però, il termine del 31 dicembre è imposto dalla normativa europea, occorre individuare una strada che consenta di superare eventuali obiezioni della Commissione. Quel che è certo è che va trovata una soluzione per un problema che sta creando forte allarme nelle famiglie”.
La soluzione, a dire il vero, esisteva: sarebbe cioè stato sufficiente che anche i condomini attualmente inadempienti avessero approvato (così come fatto da quelli che si sono messi in regola) l’installazione delle termovalvole. E di tempo per farlo ce n’è stato, eccome. A dispetto del decreto 141/2016 richiamato da Confedilizia, che – come è noto – è intervenuto non sulle modalità di esecuzione dei lavori, bensì su quelle di ripartizione delle spese.
Ora, il Consiglio Regionale del Piemonte di soluzione ne ha individuata un’altra; che però, pur nella buona fede all’origine del provvedimento, ha tre limiti:
1) innanzitutto entra nell’alveo di quella legislazione concorrente tra Stato e Regioni che genera dubbi,perplessità e controversie sempre difficili da dirimere;
2) in secondo luogo presta il fianco all’escamotage della retrodatazione delle delibere assembleari al fine di evitare le possibili sanzioni;
3) infine, trasmette un messaggio, a nostro avviso, sbagliato. Sia a chi si è affrettato a mettersi in regola; sia a chi non si è curato di farlo, per mille ragioni diverse, ma sempre e comunque confidando in un salvagente dell’ultim’ora.