NEI VERBALI DELL’ASSEMBLEA CONDOMINIALE I VOTANTI SI DESUMONO ANCHE “PER DIFFERENZA”
Il verbale assembleare, per essere valido, non deve riportare elenchi distinti e formali, ma solo consentire di stabilire con sicurezza il voto espresso. Il nome di quanti e quali condòmini abbiano votato a favore nella specie è desumibile, per differenza, dall’elencazione di quali tra i presenti si erano astenuti o avevano votato contro. Dunque non sussiste alcun motivo di invalidità. È uno dei principi di diritto richiamati da un articolata sentenza della Cassazione, che ha affrontato anche il tema delle competenze del consiglio dei condòmini. Di seguito un ampio estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., sent. 23.2.2017,
n. 4674
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FATTI DI CAUSA
1) Il tribunale di Milano con sentenza del maggio 2007 ha respinto l’impugnativa proposta da E.A. avverso la deliberazione adottata il 28 giugno 2004 dal condominio di via ….
La Corte di appello ha confermato la decisione con sentenza n. 2484 del 7 settembre 2011.
E.A. ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 2 gennaio 2012, affidato a 5 motivi, resistiti da controricorso con ricorso incidentale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1) Con la prima censura parte ricorrente lamenta che sia stato respinto il motivo di impugnazione relativo alla mancata identificazione dei condòmini favorevoli e contrari.
La doglianza non ha fondamento, perché la Corte di appello ha esaurientemente spiegato che il verbale assembleare, per essere valido, non deve riportare elenchi distinti e formali, ma solo consentire di stabilire con sicurezza il voto espresso. Il nome di quanti e quali condòmini abbiano votato a favore nella specie è, secondo l’incensurabile apprezzamento dei giudici di merito, desumibile, per differenza, dall’elencazione di quali tra i presenti si erano astenuti o avevano votato contro. Dunque non sussiste alcun motivo di invalidità.
2) Il secondo motivo attiene alla violazione degli artt. 20 e 32 del regolamento condominiale, che prevedrebbero un Consiglio dei condomini composto da tre membri.
Il ricorrente si duole della circostanza che la Corte di appello abbia ritenuto ininfluente la mancata nomina del “terzo consigliere”.
Secondo il ricorrente il Consiglio ha funzione anche deliberativa.
La censura è infondata. La Corte di appello ha ritenuto che l’organismo condominiale ha funzione soltanto consultiva dell’amministratore. Tale interpretazione non è smentita, ai fini dell’invalidità della delibera, dai richiami contenuti in ricorso alla disciplina regolamentare. Non v’è infatti alcun riferimento normativo al quale far risalire la rilevanza di questo Consiglio, quale sostituto dei poteri assembleari, in relazione alla sanzione di invalidità.
Prescrizioni del tipo indicato potrebbero configurare responsabilità dell’amministratore ai fini di un suo inadempimento e di una sua responsabilità, ma non invalidano le decisioni assembleari. Ne consegue che la mancata nomina di uno dei tre consiglieri non reagisce sulla validità di quanto deliberato in assemblea, non essendo motivo di annullamento.
3) Il terzo motivo concerne l’avviso di convocazione, ad avviso del ricorrente mancante di specifica indicazione degli argomenti da trattare, cioè di un dettagliato ordine del giorno.
Il ricorrente deduce tra l’altro la nullità di qualsiasi delibera risalente alla voce “varie ed eventuali”, perché egli avrebbe potuto assentarsi se avesse saputo che un certo argomento sarebbe stato trattato.
La Corte di appello ha rigettato la doglianza sul punto rilevando che il tribunale aveva ritenuto inammissibile la dedotta nullità della delibera, perché la delibera stessa era stata approvata dallo stesso E.A., ragione sufficiente a impedire ogni lamentela sulla convocazione.
La Corte di appello ha osservato che E.A. non ha censurato questa ratio decidendi, ma è solo tornato sulla questione delle modalità di convocazione.
È questa la ratio decisiva della sentenza sul punto: la mancata contestazione in appello della circostanza, rilevata dal tribunale e che assorbe ogni altra, che E.A. avesse votato a favore. Ciò rende irrilevante la reiterazione delle questioni circa la legittimità della voce “varie ed eventuali”.
Nell’odierno ricorso (pag. 16) E.A. del tutto genericamente sostiene anche di aver “dedotto in primo e secondo grado” di non aver prestato alcun assenso.
La doglianza è presentata in modo del tutto inammissibile, giacché a fronte del netto impianto motivazionale d’appello, secondo cui il ricorrente «non ha in alcun modo censurato le argomentazioni del Tribunale» relative all’assenso, non basta in cassazione negare implicitamente tale affermazione, ma occorre puntualmente indicare in quale atto e con quali contenuti sia stata tempestivamente e ritualmente impugnata la ratio decidendi suddetta.
Inoltre la contestazione del proprio assenso non potrebbe comunque essere affidata, come avviene nell’odierno ricorso, alla “ragionevole presunzione” di una non corrispondenza tra verbale e realtà, trattandosi di una contestazione di una valutazione di merito, contestazione non sorretta da risultanze probatorie decisive e quindi insindacabile in questa sede.
4) Il quarto motivo concerne vizi di motivazione circa la stipula di un contratto di custodia per il periodo feriale.
Il ricorrente si duole del fatto che tribunale e Corte di appello abbiano ritenuto sufficiente, per derogare l’obbligo della preventiva approvazione assembleare, la circostanza che vi sia stata successiva approvazione assemblare, non unanime.
Anche questo motivo è inammissibile e comunque infondato.
Esso non si misura (di qui l’inammissibilità, giacché avrebbe dovuto essere lamentata semmai una violazione processuale ex art. 112 c.p.c.) con la ratio decidendi adottata dalla Corte, che consiste in una declaratoria di inammissibilità ex art. 342 c.p.c. per difetto di specificità del motivo.
Il primo giudice aveva affermato la piena conformità a legge e regolamento dell’approvazione dell’operato dell’amministratore.
Il ricorso avrebbe dovuto quindi spiegare per qual motivo l’unica deduzione che secondo la Corte di appello egli aveva svolto in quella sede fosse sufficiente a inficiare la ratio adottata dal tribunale.
La tesi secondo cui l’approvazione successiva dell’operato dell’amministratore esiga sempre e in ogni caso l’unanimità è poi così singolare e priva di supporti e riferimenti normativi e giurisprudenziali da risultare comunque infondata.
(omissis)
6) Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso principale.
(omissis)
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale.
(omissis)
Condanna parte ricorrente alla refusione a controparte delle spese di lite, liquidate in euro 3.500 per compenso, 200 per esborsi, oltre accessori di legge e rimborso delle spese generali (15%).