Un punto complessivo sulla situazione dell’acqua, nell’ottica dei problemi infrastrutturali che attanagliano la rete idrica, ma anche dell’andamento dei consumi domestici. A farlo, è stato l’Istat, che è partito da due considerazioni: in primo luogo, in Italia, nel periodo 2001-2010, si è mediamente registrato un aumento di circa il 6% della quantità di risorse idriche rinnovabili rispetto ai trent’anni precedenti (1971-2000); in secondo luogo, la media della precipitazione totale nel periodo 2001-2010 è stata superiore dell’1,8% al valore del trentennio 1971-2000. su questo sfondo, i prelievi di acqua effettuati nel 2012 sono stati destinati per il 46,8% all’irrigazione delle coltivazioni, per il 27,8% a usi civili, per il 17,8% a usi industriali, per il 4,7 % alla produzione di energia termoelettrica e per il restante 2,9% alla zootecnia.
LO SCENARIO
Il volume di acqua erogata agli utenti delle reti di distribuzione dell’acqua potabile dei comuni capoluogo di provincia è stato di 1,63 kmc nel 2015 (circa dieci volte la capacità massima dell’invaso del Vajont), che corrisponde a un consumo giornaliero di 245 litri per abitante (23 litri in meno rispetto al 2012).
Nel 2015 è andato disperso ben il 38,2% dell’acqua immessa nelle reti di distribuzione dell’acqua potabile dei comuni capoluogo di provincia (dal 35,6% del 2012), non raggiungendo pertanto gli utenti finali. La perdita giornaliera reale, al netto degli errori di misurazione e degli allacciamenti abusivi, ammonta a circa 50 mc per ciascun chilometro delle reti di distribuzione: un volume che, stimando un consumo medio di 89 mc annui per abitante, soddisferebbe le esigenze idriche di un anno di 10,4 milioni persone.
Nel 2016, il 9,4% delle famiglie italiane lamenta un’erogazione irregolare dell’acqua nelle abitazioni, una percentuale comunque in diminuzione rispetto al 2002 (14,7%), ma che assume ancora valori pari a 37,5% in Calabria, 29,3% in Sicilia e 17,9% in Abruzzo. Come nell’anno precedente, anche nel 2016 tre famiglie su dieci dichiarano di non fidarsi a bere acqua dal rubinetto. Sono 2.253 nel 2014 le imprese coinvolte nelle attività di “raccolta, trattamento e fornitura di acqua” e nella “gestione delle reti fognarie”, (di cui rispettivamente il 37,4% nella prima attività e il 62,6% nella seconda). I due settori impiegano circa 39mila occupati, lo 0,35% del totale degli occupati delle imprese italiane.
EROGAZIONE
Nel 2015 ogni cittadino residente in un comune capoluogo di provincia ha consumato in media 89,3 mc d’acqua per uso potabile, ovvero 245 litri al giorno (268 litri nel 2012). I gestori delle reti comunali di distribuzione hanno autorizzato l’erogazione complessiva di 1,63 miliardi di mc di acqua per uso potabile nei 116 comuni presi in esame, dove risiedono 18,2 milioni di persone, il 30% circa della popolazione totale italiana. Le differenze tra i 116 comuni capoluogo in termini di volumi pro-capite erogati sono significative: si va dai 50 mc annui di Crotone (138 litri giornalieri per abitante residente) ai 140 mc di Milano (384 litri). Le variazioni dei consumi idrici su scala municipale dipendono da un lato da aspetti socioeconomici (legati per lo più alla vocazione attrattiva del territorio e quindi alla popolazione insistente e alle attività economiche presenti su scala urbana), dall’altro dalle differenti performance della rete di distribuzione.
Per garantire l’attuale livello di consumo, il volume immesso in rete è molto più elevato di quanto effettivamente consumato, e pari a 2,64 miliardi di mc di acqua per uso potabile. Per ogni cittadino, è stato pertanto immesso in rete un volume annuo di 145 mc, corrispondenti a 396 litri giornalieri. Anche in questo caso è forte la variabilità tra i comuni: dai 66 mc annualmente immessi in rete per ogni residente di Lanusei ai 280 di Frosinone. Va precisato che non vi è processo di distribuzione di acqua realizzato senza alcuna perdita lungo il percorso che dai serbatoi giunge agli utenti finali. Il volume d’acqua non utilizzato non è determinato da una misurazione diretta, ma è ottenibile calcolando la differenza tra i volumi immessi in rete e i volumi complessivamente erogati.
DISPERSIONE
Nel complesso, il volume di perdite idriche totali nelle reti dei comuni capoluogo di provincia, ottenuto sottraendo i volumi erogati autorizzati ai volumi immessi in rete, ammonta nel 2015 a 1,01 miliardi di mc, corrispondenti a una dispersione giornaliera di 2,8 milioni di mc di acqua per uso potabile.
Una parte delle perdite idriche totali è attribuibile alle perdite idriche apparenti, dovute a volumi sottratti senza autorizzazione (allacciamenti abusivi) e a volumi consegnati, ma non misurati, a causa dell’imprecisione o del malfunzionamento dei contatori, che per il 2015 e sul complesso delle reti dei comuni capoluogo di provincia sono stimate pari a circa 83 milioni di mc (corrispondente a circa il 3% del volume complessivamente immesso in rete). Ogni 100 mc persi apparentemente si stima che 77 siano dovuti a errori di misura.
Le perdite idriche reali di acqua potabile dalle reti dei comuni capoluogo di provincia, ottenute come differenza tra le perdite totali e quelle apparenti, sono stimate pari a 924,4 milioni di mc nel 2015. Rappresentano la componente fisica delle perdite dovute a corrosione o deterioramento delle tubazioni, rotture nelle tubazioni o giunzioni difettose. Tali perdite misurano, pertanto, il volume di acqua che fuoriesce dal sistema distributivo disperdendosi nel sottosuolo: per ogni abitante residente nei comuni capoluogo di provincia sono pari a 50,7 mc annui, corrispondenti a 139 litri al giorno per abitante. Si tratta di un volume cospicuo che, stimando un consumo medio di 89 mc annui per abitante, pari a quello dei comuni capoluogo di provincia, soddisferebbe le esigenze idriche di un anno di ben 10,4 milioni persone.
RETE IDRICA
L’indicatore più frequentemente utilizzato per la misura delle perdite di una rete di distribuzione è il rapporto percentuale tra il volume totale disperso e il volume complessivamente immesso nella rete. Nel complesso delle reti di distribuzione dell’acqua potabile dei comuni capoluogo di provincia esso è pari al 38,2% nel 2015 (35,6% nel 2012), a conferma dello stato di disagio in cui versa l’infrastruttura idrica. In più di quattro comuni su cinque le perdite totali superano il 20% dei volumi immessi in rete. Dispersioni particolarmente elevate (oltre il 60%) si riscontrano a Latina, Frosinone, Campobasso, Potenza, Vibo Valentia, Tempio Pausania e Iglesias. Dispersioni inferiori al 15% si rilevano soltanto a Pavia, Monza, Mantova, Udine, Pordenone, Macerata, Foggia e Lanusei.
Considerando solo le perdite reali, ogni giorno sono andati persi complessivamente circa 50 mc di acqua per uso potabile per ogni chilometro delle reti di distribuzione dei comuni capoluogo di provincia (perdite totali lineari). L’indicatore relativo alle perdite reali lineari, che tiene conto anche della stima dei volumi persi apparentemente, è pari a circa 46 mc giornalieri per chilometro di rete. Anche in questo caso emerge una considerevole variabilità tra i 116 comuni, che va da un minimo di 6/7 mc persi giornalmente per chilometro di rete a più di 160. Nel 67% dei casi le reti di distribuzione dei comuni analizzati perdono meno di 50 mc per chilometro di rete al giorno. Pordenone, Lanusei, Fermo, Macerata, Ascoli Piceno, Asti, Mantova, Reggio nell’Emilia, Forlì e Ravenna presentano una performance piuttosto buona, con un valore dell’indicatore inferiore a 10. Di contro, a Sassari, Bari, Palermo, Iglesias, Caserta, Roma, Ragusa, Napoli, Salerno e Cagliari il valore è superiore a 100.
ALLACCIAMENTI
Il livello delle perdite è inevitabilmente legato anche al numero degli allacciamenti e di utenze servite, sicuramente più alti nelle grandi città. In aggiunta agli indicatori già esposti è pertanto possibile costruire un ulteriore indicatore, che rapporta il volume disperso al numero di utenze delle rete di distribuzione. In media le dispersioni di rete per utenza sono pari a circa 0,7 mc giornalieri nei comuni capoluogo di provincia. Considerando il complesso degli indicatori sulla dispersione per i comuni capoluogo di regione, Milano è la città con il valore più basso di perdite idriche totali in termini percentuali rispetto ai volumi immessi (16,7%), mentre L’Aquila raggiunge il minimo delle perdite totali lineari con 12 mc persi giornalmente per chilometro di rete. Di contro, Potenza presenta il valore più alto dell’indicatore percentuale di perdite idriche totali rispetto ai volumi immessi (68,8%), sebbene per quanto riguarda le perdite totali lineari il valore registrato nel 2015, pari a 34,3 mc, sia sotto la media del complesso dei comuni capoluogo di provincia.
Cagliari è il comune che presenta la maggiore dispersione giornaliera di acqua per chilometro di rete (161,5 mc), in concomitanza a un importante valore percentuale di perdite totali (59,3%). Il capoluogo sardo presenta, tuttavia, un livello giornaliero di perdite totali per utenza in linea col dato medio (0,7 mc per utenza). Roma, Milano e Bari si caratterizzano per i valori più alti persi giornalmente per utenza, compresi tra 2,1 e 2,3 mc. Di contro, Trento e Ancona con 0,2 mc persi giornalmente per utenza, presentano il valore più basso dell’indicatore tra i comuni capoluogo di regione.
IL SERVIZIO
A dispetto dei dati pubblicati sopra, migliora il giudizio delle famiglie sull’erogazione d’acqua nelle loro abitazioni. La quota che lamenta irregolarità nel servizio, pur in leggero aumento nell’ultimo anno, passa dal 14,7% nel 2002 al 9,4% nel 2016. Il problema è maggiormente segnalato dalle famiglie residenti in Calabria (37,5%) e in Sicilia (29,3%). La quota di famiglie che dichiara di non fidarsi a bere acqua di rubinetto rimane rilevante nonostante il trend in discesa: dal 40,1% nel 2002 al 29,9% nel 2016. Tale sfiducia è ancora molto elevata nelle regioni del Mezzogiorno e raggiunge il 63% in Sardegna, il 57% in Sicilia, il 46,5% in Calabria e il 35,1% in Molise; unica eccezione la Basilicata, dove è al 16,2%. Al Centro, la percentuale più alta si registra in Toscana (38,9%); risulta trascurabile, invece, nelle province autonome di Bolzano (2,7%), Trento (3,7%) e in Valle d’Aosta (7,4%).
RUBINETTO DI CASA
Nel 2015, in Italia la spesa media mensile per consumi finali di beni e servizi si è attestata a 2.499 euro per famiglia, di cui 441 (17,6% del totale) sono stati destinati all’acquisto di “Alimentari e bevande”. In particolare, per l’acquisto di acqua minerale è risultata pari a 10,27 euro, in crescita del 3,7% rispetto all’anno precedente, dopo una contrazione del 24,4% fra il 2008 e il 2014. L’incidenza della spesa per acqua minerale su quella alimentare passa dal 2,9% del 2008 al 2,3% del 2015, e dallo 0,5% allo 0,4% sulla spesa media totale familiare.
Fra i gruppi di spesa, nel 2015 la spesa media mensile per servizi di “acqua e condominio” nelle abitazioni si è attestata a 58,20 euro, dopo aver segnato un incremento continuo e molto significativo dal 2001 (complessivamente +114%) e in forte accelerazione negli ultimi cinque anni (+44%). Dal 2014 viene rilevata anche la spesa media mensile per la fornitura di acqua connessa all’abitazione, che nel 2015 è pari a 13,39 euro, l’1,9% in più rispetto al 2014.