CONDOMINIO: LE BARRIERE ARCHITETTONICHE VANNO ABBATTUTE A PRESCINDERE
[A cura di: Massimiliano Bettoni e Silvia Zanetta – Studio Legale MaBe & Partners]
Con sentenza n. 7938/17, la Corte di Cassazione ha sancito un importante e ormai consolidato principio, a tutela delle persone disabili, in merito all’obbligatorietà di eliminare le barriere architettoniche nelle aree condominiali a prescindere dalla presenza nell’immobile di persona affetta da invalidità.
La vicenda della quale la Corte è stata investita trae origine dall’installazione di un ascensore da parte di una condomina anziana, con problemi di deambulazione, residente all’ultimo piano di un palazzo con più di tre unità abitative. Il condominio si opponeva, tuttavia, alla realizzazione dei lavori rilevando una duplice motivazione:
a) il regolamento condominiale vietava l’esecuzione di opere su parti comuni;
b) tali interventi comportavano una lesione del decoro architettonico del palazzo.
In primo grado, il Tribunale accoglieva la tesi del condominio, condannando gli eredi dell’anziana, deceduta nelle more del giudizio, al ripristino dello stato dei luoghi e al risarcimento. Allo stesso esito si perveniva in secondo grado. I soccombenti adivano alla Suprema Corte, fondando il proprio ricorso su una triplice motivazione. In primis, lamentavano che la Corte territoriale avesse omesso di valutare la legittimità delle opere, in relazione alla normativa in materia di eliminazione delle barriere architettoniche e al dettato dell’art.1102 c.c..
Come secondo motivo di impugnazione, i ricorrenti ritenevano che la tesi dei giudici d’Appello circa la legittimità del divieto posto dal regolamento condominiale per l’esecuzione di opere a spese di un condomino ex articolo 1102 c.c., finalizzate a garantire un accesso agevole e dignitoso alla proprietà, fosse in contrasto con diritti costituzionalmente tutelati, ed in particolare il fondamentale diritto alla salute, di cui all’articolo 32 Cost..
Infine, i ricorrenti contestavano la circostanza che le opere fossero state realizzate in violazione del regolamento di condominio e comunque con lesione del decoro architettonico.
Nella sentenza in analisi, la Suprema Corte cassa la sentenza impugnata con rinvio, per nuovo esame, ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma. Citando la sentenza n. 167/1999 della Corte Costituzionale, gli Ermellini osservano che l’obbligo di eliminare le barriere architettoniche, introdotto nella legislazione relativa ai portatori di handicap – ossia la L. 9 gennaio 1989, n. 13 recante “Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati” e la L. 5 febbraio 1992, n. 104, “Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate” – ha valore preminente per l’intera collettività.
L’obbligo di garantire l’accessibilità, adattabilità e visitabilità degli edifici, è previsto dall’art. 1 della L. 13/1989, il quale detta tale prescrizione per gli edifici costruiti dopo il 1989, ovvero gli edifici interessati da ristrutturazione. Inoltre, l’art. 3 della L. 13/1989, al punto c, prevede che gli immobili con più di tre livelli fuori terra devono installare un ascensore, o congegni similari, “per ogni scala principale raggiungibile mediante rampe prive di gradini”.
L’installazione di un ascensore deve quindi considerarsi indispensabile ai fini dell’accessibilità dell’edificio e della reale abitabilità dell’appartamento e rientra, pertanto, nei poteri dei singoli condòmini, ai sensi dell’articolo 1102 c.c.. Tale articolo prevede che ciascun partecipante possa servirsi della cosa comune, apportando a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa, a condizione che non alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso.
Nel caso di specie, secondo la S.C., i giudici d’appello avevano omesso di considerare la natura dei lavori, dichiaratamente rivolti alla eliminazione di barriere architettoniche, e dunque coinvolgenti diritti fondamentali dei disabili. Infine, la Cassazione ha evidenziato che i divieti sanciti dal regolamento condominiale – ulteriori rispetto ai generali limiti stabiliti dall’articolo 1102 c.c. – devono essere superati al fine di garantire il rispetto del benessere abitativo e di piena utilizzazione della propria abitazione, in quanto le disposizioni in materia di eliminazione di barriere architettoniche costituiscono norme imperative ed inderogabili, direttamente attuative degli articoli 32 e 42 Cost. In particolare, il diritto alla salute ex art. 32 Cost., deve essere interpretato in senso ampio, in quanto per salute di intende non solo come assenza di malattia, ma anche stato di completo benessere fisico e psichico. Rientra in questa dimensione anche la tutela delle persone con età avanzata, che pur non essendo portatori di handicap, abbiano comunque disagi fisici e difficoltà deambulatorie.
L’eliminazione delle barriere architettoniche, è diretta “espressione di un principio di solidarietà sociale e persegue finalità di carattere pubblicistico volte a favorire, nell’interesse generale, l’accessibilità agli edifici”.
Ne consegue che sia del tutto irrilevante la morte della signora, o più in generale, l’assenza di un disabile nel condominio. Infatti, il principio di solidarietà condominiale, secondo il quale la coesistenza di più unità immobiliari in un unico fabbricato implica di per sé il contemperamento di vari interessi, tra i quali deve includersi anche quello delle persone disabili all’eliminazione delle barriere architettoniche, oggetto di un diritto fondamentale, prescinde dall’effettiva utilizzazione da parte di costoro degli edifici interessati.