[A cura di: Confartigianato]
Il 9 e 10 aprile si è svolto a Roma il G7 Energia: un foro di dialogo di massimo livello tra i leader delle principali democrazie industrializzate del mondo: Stati Uniti, Giappone, Germania, Regno Unito, Francia, Italia e Canada.
Due le premesse dal punto di vista finanziario: in primo luogo, nel 2017 l’economia dei G7 rappresenta il 46,3% del PIL mondiale; più di metà dell’aggregato è rappresentato dall’economia Usa (24,4% del PIL mondiale), seguito a distanza dal Giappone (6,4%), Germania (4,5%), Regno Unito (3,3%), Francia (3,2%), Italia (2,4%) e Canada (2,0%); in seconda battuta, lo spostamento del baricentro della crescita verso i Paesi emergenti sta riducendo il peso delle principali democrazie industrializzate: se nel 2001 il G7 pesava il 64,7% del PIL mondiale, tre volte il 21,0% dei Paesi emergenti, sulla base delle ultime previsioni del Fondo Monetario Internazionale nel 2021 avremo il sorpasso degli Emergenti, la cui quota di PIL mondiale salirà al 43,7%, superando il 43,0% dei paesi G7.
RINNOVABILI
Posti tali dati e scenari, sul versante più prettamente energetico è interessante osservare che, secondo alcune stime dell’Ocse, l’Italia è al 2° posto – dopo il Canada – per quota di fonti rinnovabili sull’offerta di energia primaria, e tra il 2009 e il 2015 è stato il Paese del G7 con la maggiore crescita della quota di rinnovabili (+5,1 punti), davanti a Germania (+4,6 punti) e Regno Unito (+4,5 punti); meno dinamico il Giappone (+2,1 punti), Francia e Stati Uniti (+1,4 punti) e Canada (+1,2 punti). L’Italia è anche il 3° paese del G7 per livello della produzione di energia elettrica da fotovoltaico (FV), il 2° per produzione da FV per abitante e il 1° per produzione da FV in rapporto al PIL.
AMBIENTE
Per l’Italia la maggiore quota di energia verde si coniuga con una minore pressione sull’ambiente: l’Italia è il Paese G7 con il più basso valore di emissioni di CO2 pro capite: con 7,65 è dietro a Francia (7,74), Regno Unito (9,11), Giappone (10,70) e Germania (11,43); le emissioni pro capite in Italia sono un terzo di quelle dei due Paesi dell’America settentrionale, Canada (20,62) e Stati Uniti (21,76). Anche in rapporto al PIL le emissioni dell’Italia rimangono contenute: il nostro Paese si colloca al 6° posto davanti alla Francia, dietro a Regno Unito, Germania, Giappone e con valori dimezzati rispetto a Stati Uniti e Canada.
I PREZZI
Tuttavia, ci sono anche delle note dolenti. A fronte di un maggiore orientamento alle fonti rinnovabili, il confronto con gli altri paesi G7 penalizza la nostra economia sul fronte dei prezzi delle commodities e della tassazione, con divari che sono davvero molto ampi. In Italia il prezzo del gasolio è del 47,1% maggiore della media delle sette democrazie maggiormente industrializzate, il secondo livello dopo quello del Regno Unito. Il costo del gas naturale utilizzato dalla imprese è del 70,6% superiore alla media dei 7 Paesi e secondo dopo quello del Giappone (95,1% superiore alla media). Il costo dell’energia elettrica pagato dalle imprese è il più elevato del G7 ed è dell’80,9% superiore alla media, davanti a Giappone (+55,6%), a Germania e Regno Unito (entrambe a +39,4%); un’impresa italiana paga un costo dell’energia elettrica che è 2,7 volte quello pagato da una impresa statunitense.
Naturalmente, i raffronti dei costi sono maggiormente penalizzanti se rapportati al PIL pro capite, che in Italia è il più basso tra i paesi del G7: applicando al PIL per abitante la quota del 3,8% della spesa delle famiglie usata per i carburanti, in Italia si acquistano 928 litri di gasolio, il valore più basso dei 7 Paesi in esame e meno della metà della media del G7 di 2.129 litri, valore trainato in alto dai 3.189 litri acquistabili negli Usa la stessa quota del PIL pro capite.
Sugli alti costi dei prodotti energetici per le imprese italiane pesa l’elevata pressione fiscale: la tassazione media su un litro di gasolio è del 53,6%, la più alta dopo il 60,5% del Regno Unito e oltre venti punti superiore al 32,4% della media dei Paesi del G7.