[A cura di: avv. Rodolfo Cusano]
Le deliberazioni prese dall’assemblea sono obbligatorie per tutti i condòmini. Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio, ogni condomino dissenziente, astenuto o assente può adire l’autorità giudiziaria chiedendone l’annullamento nel termine perentorio di trenta giorni, che decorre dalla data della deliberazione per i dissenzienti o astenuti e dalla data di comunicazione della deliberazione per gli assenti.
È quanto prevede il nuovo secondo comma dell’articolo 1137 c.c., come modificato dalla legge di riforma del condominio (L. 220/2012), che riconosce espressamente la possibilità di impugnare le delibere assembleari ai condòmini assenti, dissenzienti o astenuti, mentre in precedenza la legge prevedeva espressamente tale facoltà solo in favore dei condòmini dissenzienti ed era la giurisprudenza ad estenderla anche agli astenuti ed assenti.
È prevista, inoltre, una duplice decorrenza dei termini per impugnare, a seconda che il condòmino abbia partecipato o meno all’assemblea che ha approvato la delibera che si intende impugnare. Infatti, per gli assenti il termine dei trenta giorni decorre dalla ricezione del verbale.
Il nuovo testo dell’articolo 1137 c.c., prevede che l’istanza per ottenere la sospensione, proposta prima dell’inizio della causa di merito, non sospende l’efficacia della delibera né interrompe il termine per la proposizione dell’impugnazione della stessa, a meno che sulla stessa non si pronunci favorevolmente l’autorità giudiziaria.
Mentre i casi di annullamento sono espressamente disciplinati dal codice, e consistono in violazioni di legge o del regolamento, quelli di nullità (tranne veramente pochi casi quali la nullità della nomina in mancanza di indicazione del compenso) non sono indicati nella normativa sul condominio ed occorre rifarsi ai principi che regolano la nullità del negozio giuridico.
La violazione di legge
Ad esempio, si ha violazione di legge quando non vengono osservate le norme procedimentali prescritte per l’adozione delle delibere assembleari. Si pensi a quanto prescritto dal nuovo articolo 66 disp att. c.c., per il quale: “L’avviso di convocazione, contenente specifica indicazione dell’ordine del giorno, deve essere comunicato almeno cinque giorni prima della data fissata per l’adunanza in prima convocazione, a mezzo di posta raccomandata, posta elettronica certificata, fax o tramite consegna a mano, e deve contenere l’indicazione del luogo e dell’ora della riunione. In caso di omessa, tardiva o incompleta convocazione degli aventi diritto, la deliberazione assembleare è annullabile ai sensi dell’articolo 1137 del codice su istanza dei dissenzienti o assenti perché non ritualmente convocati.
L’assemblea in seconda convocazione non può tenersi nel medesimo giorno solare della prima.
L’amministratore ha facoltà di fissare più riunioni consecutive in modo da assicurare lo svolgimento dell’assemblea in termini brevi, convocando gli aventi diritto con un unico avviso nel quale sono indicate le ulteriori date ed ore di eventuale prosecuzione dell’assemblea validamente costituitasi”.
La violazione di tali norme procedimentali determina la possibile annullabilità della delibera assembleare.
Chi può impugnare
Vi è subito da dire che, fino ad oggi, si ammetteva l’impugnativa di un singolo condomino anche quando il vizio relativo alla mancata convocazione di un condomino si era verificato nei confronti di altro condomino. A seguito della riforma, invece, che ritiene il deliberato annullabile in caso di omessa, tardiva o incompleta convocazione su istanza dei dissenzienti o degli assenti perché non ritualmente convocati (art. 66 Disp. Att. III comma c.c.) appare che, contrariamente a prima, tale vizio possa essere eccepito solo da coloro nei confronti dei quali lo stesso si è effettivamente verificato.
Né si può ipotizzare che la mancata partecipazione all’assemblea determini un pregiudizio per gli altri, perché la volontà assembleare può ugualmente esprimersi e consentire che il condominio sia gestito in funzione degli interessi collettivi. Non va, infine, sottaciuto che, secondo la disciplina generale dell’annullamento (v. art. 1425 e ss c.c.), la legittimazione a farlo valere spetta esclusivamente alla “parte nel cui interesse è stabilito dalla legge”, come si desume esplicitamente dall’art. 1441 I comma c.c.
Sicché, in mancanza di diverse e specifiche disposizioni contrarie, alle impugnazioni delle delibere assembleari deve applicarsi la disciplina generale, con la conseguenza che la legittimazione a proporle deve ritenersi ristretta ai condòmini lesi dalla illegittimità dedotta (Trib. Taranto 12.01.2016 n. 73).
Onere della prova
Quanto all’onere della prova, incombe sul condomino che chieda l’accertamento dell’invalidità dell’assemblea condominiale, la prova del vizio della delibera posto a fondamento della pretesa. In particolare, nel caso in cui è il condomino che agisce per far valere l’invalidità di una delibera assembleare, incombe sul condominio convenuto l’onere di provare che egli sia stato tempestivamente avvisato della convocazione quale presupposto per la regolare costituzione dell’assemblea (Trib. Trento 04.06.2015 n. 560), mentre resta a suo carico la dimostrazione degli eventuali vizi inerenti alla formazione della volontà dell’assemblea medesima.
Le deliberazioni nulle sono, invece, impugnabili in ogni tempo da chiunque vi abbia interesse (quindi anche dal condomino che abbia partecipato con il suo voto favorevole alla formazione della delibera impugnata).
LA PROCEDURA
Per un primo indirizzo, in tema di condominio di edifici, (Cass. 14560 del 30 luglio 2004) la tempestività dell’impugnazione delle deliberazioni dell’assemblea dei condòmini, che a norma dell’articolo 1137 c.c. doveva essere proposta con ricorso nel termine di trenta giorni dalla data della deliberazione stessa, andava riscontrata con riguardo alla data del deposito del ricorso e non a quella della sua notificazione. Sul punto la Suprema Corte aveva, poi, ritenuto che l’impugnativa potesse avvenire anche con citazione purché la notifica al destinatario fosse effettuata nello stesso termine dei trenta giorni (dal verbale se il condomino era presente, ovvero dalla comunicazione allo stesso se assente).
Citazione o ricorso?
Era, quindi, pacifico che, se anche il codice civile prevedesse, testualmente, la forma del ricorso, l’impugnativa della delibera assembleare potesse avvenire indifferentemente con ricorso o con citazione, (Cass. n. 8440 dell’11.04.2006) e che, in questa ultima ipotesi, ai fini del rispetto del termine di cui all’articolo 1137 c.c. (trenta giorni) occorreva tenere conto della sola data di notificazione dell’atto introduttivo del giudizio anziché di quella successiva del deposito in cancelleria (iscrizione a ruolo della causa).
Sul punto, a fare chiarezza, è intervenuta la Corte di Cassazione che, a Sezioni Unite, con sentenza n. 8491 del 2011 ha affermato che ai sensi dell’articolo 163 c.p.c. la domanda di annullamento della delibera condominiale si propone con citazione.
La Suprema Corte, nella stessa motivazione della sentenza, ha chiarito che: il termine «ricorso» indicato nell’articolo 1137 c.c. è ivi impiegato nel senso generico di istanza giudiziale; ciò, a detta della Corte, trova conferma nel fatto che, in genere, l’indicazione della forma del ricorso come veste dell’atto introduttivo in determinate materie è sempre accompagnata dalla fissazione di varie altre regole intese a delineare procedimenti caratterizzati da particolare snellezza e rapidità, (l’indicazione del giudice competente, i suoi poteri di sospensione, ecc.) tutte regole che invece mancano con riguardo all’impugnazione delle delibere condominiali.
Le Sezioni Unite, con la stessa sentenza, ebbero, altresì a precisare che potevano, comunque, ritenersi valide le impugnazioni proposte impropriamente con ricorso, sempreché l’atto risulti depositato in cancelleria entro il termine stabilito dall’articolo 1137 c.c.
A seguito della riforma, il nuovo testo dell’articolo 1137 c.c., come modificato dalla L. 220/2012, (entrata in vigore il 18 giugno 2013) sembra avallare l’interpretazione di tale pronuncia, in quanto ha eliminato qualsiasi riferimento al termine ricorso e ha parlato genericamente di azione volta all’annullamento delle deliberazioni assembleari. Per il Tribunale di Milano (provvedimento 21 ottobre 2013, n. 56369), con l’entrata in vigore della legge 220/2012 (Riforma del condominio), l’impugnazione proposta con ricorso è inammissibile. Proprio sull’eliminazione della parola ricorso ha fondato il Tribunale di Milano per concludere che l’impugnazione proposta con ricorso è inammissibile. Nel caso deciso, il ricorso era stato tempestivamente depositato presso la cancelleria del giudice nei termini previsti dalla legge, ma nulla era stato notificato al condominio entro 30 giorni, così che lo stesso, nella persona del suo amministratore, aveva già maturato un legittimo affidamento circa l’acquisita esecutività della delibera impugnata.
In conclusione, è meglio, da oggi in poi, stare bene attenti ad impugnare una delibera assembleare con l’atto di citazione e non più con il ricorso.