CONDOMINI MOROSI: QUAL È LA PROCEDURA PER IL RECUPERO DEI CREDITI
[A cura di: avv. Gian Vincenzo Tortorici]
Nel condominio sorgono necessariamente obbligazioni inerenti alle spese che servono per la conservazione e la manutenzione delle cose e degli impianti comuni. Queste spese possono essere decise dall’amministratore, in base all’art. 1133 cod. civ., se concernenti l’ordinaria amministrazione, o dall’assemblea, ai sensi dell’art. 1135 cod. civ., qualora riguardino una manutenzione straordinaria o una innovazione (Cass. civ., Sez. II, 25 maggio 2016, n. 10865).
I costi delle prime si riferiscono direttamente ai condòmini nel momento stesso nel quale l’amministratore le sostiene e per queste esiste l’obbligo di corrisponderle nella gestione alla quale si riferiscono; per i costi delle seconde obbligato alla corresponsione è il condomino che le ha approvate in assemblea, anche se l’unità immobiliare sia stata alienata nelle more tra l’assunzione della delibera e l’esecuzione concreta delle opere manutentive, ovviamente sempre salvo patto contrario da valere, però, esclusivamente nel rapporto interno venditore/acquirente e non nei confronti del condominio (Cass. civ., Sez. VI, 22 marzo 2017, n. 7395).
Qualora insorga una morosità di un condomino, l’amministratore, senza necessità di alcuna preventiva autorizzazione da parte dell’assemblea, può agire nei suoi confronti per il recupero del credito del condominio. L’amministratore, che entro sei mesi dall’approvazione del rendiconto preventivo o consuntivo, deve agire nei confronti dei condòmini morosi, ex art. 1129 cod. civ. novellato, può sospendere loro, anche senza la previsione del regolamento, l’erogazione dei servizi comuni, suscettibili di godimento separato, sempre che la morosità si sia protratta per un semestre.
L’art. 1129 cod. civ. consente all’assemblea di esonerare l’amministratore dal procedere esecutivamente nei confronti del condomino moroso, ma la delibera deve, a mio parere, indicare specificatamente il nominativo del condomino e i motivi giustificativi di una tale decisione: per esempio, per motivi di salute propria o di un familiare convivente o per un costo della procedura eccessivo rispetto al possibile ricavo per essere l’unità immobiliare gravata da un’ipoteca di primo grado e di rilevante importo.
Per il recupero del credito l’amministratore, verificata l’effettiva titolarità del diritto di proprietà al momento della proposizione, deve presentare un ricorso per decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo ex art. 633 cod. proc. civ. e art. 63 disp. att. cod. civ. all’autorità giudiziaria competente per valore, cioè al Giudice di Pace sino a € 5.000 o al Tribunale se l’importo sia superiore. Il ricorso per decreto ingiuntivo deve essere documentato con la convocazione dell’assemblea, il verbale che approva il rendiconto consuntivo e/o preventivo con il relativo riparto, la messa in mora del condomino debitore.
Il magistrato, senza sentire il debitore, emette il decreto, che può essere opposto dall’ingiunto ove sussistano suoi fondati motivi. L’amministratore, in questo caso, ha il potere autonomo di costituirsi in giudizio, senza necessità, pertanto, di alcuna delibera dell’assemblea. Qualora il condomino non provveda a pagare quanto riportato nel decreto ingiuntivo, l’amministratore procede con l’azione esecutiva concernente in:
a) pignoramento mobiliare consistente nel sequestrare beni mobili, per esempio, il televisore, una poltrona e così via, nella casa del debitore, con le esclusioni previste dalla legge, ad esempio, il letto e la cucina, e venderli all’asta soddisfacendosi con il ricavato;
b) pignoramento immobiliare che si differenzia dal primo poiché il sequestro investe direttamente l’unità immobiliare del debitore;
c) pignoramento di beni mobili iscritti in pubblici registri, ad esempio, un motoveicolo o un autoveicolo;
d) pignoramento presso terzi quale può essere lo stipendio a mani del datore di lavoro o un conto corrente o un deposito titoli presso un istituto di credito.
Sia al decreto ingiuntivo sia agli atti esecutivi il condomino può opporsi sollevando solo eccezioni inerenti all’ammontare e alla natura del suo debito, ma non anche concernenti la validità della delibera che ha approvato il rendiconto consuntivo, o preventivo, se in precedenza non l’abbia impugnata ai sensi dell’art. 1137 cod. civ. (Cass. civ., Sez. II, 19 febbraio 2016, n. 3354) ovvero per vizi procedurali inerenti alla stessa azione di recupero del credito.