La corte di cassazione ha assolto dal reato di diffamazione il condomino che aveva accusato l’amministratore di pagare i canoni dell’acqua. Secondo i giudici, infatti, l’espressione pronunciata dal condominio secondo cui l’amministratore “non aveva pagato i canoni dell’acqua” è priva di una inequivocabile consistenza diffamatoria. Infatti, l’eventuale mancato pagamento dei canoni sarebbe potuto essere dovuto a svariate ragioni, non necessariamente legate a una condotta illecita e, comunque, rientra nell’esercizio del diritto di critica.
Di seguito gli estremi della vicenda:
——————-
CORTE DI CASSAZIONE
Sez. V pen., sent. n. 42580/2016
——————
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 19 giugno 2015 il Tribunale di Pescara, in funzione di giudice di appello, ha confermato la sentenza di primo grado, con cui N.C. è stato condannato alla pena di giustizia per il reato di diffamazione ai danni di P.N., amministratore del condominio …, per aver affermato, contrariamente al vero, che la persona offesa non aveva pagato i canoni dell’acqua.
2. Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, con atto sottoscritto dal difensore, affidandolo ai seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo è stato dedotto vizio di motivazione e violazione di legge in relazione agli artt. 43 e 595 c.p..
Lamenta il ricorrente che il giudice di secondo grado non ha argomentato con riferimento all’elemento soggettivo del reato nonostante lo specifico motivo dedotto sul punto in appello, con conseguente difetto assoluto di motivazione.
Né peraltro l’espressione pronunciata dall’imputato, ovvero che la persona offesa non “aveva pagato i canoni dell’acqua” è caratterizzata da una inequivocabile consistenza diffamatoria, tale da non rendere necessaria una indagine sul dolo, potendo la condotta descritta essere determinata da una serie di ragioni non integranti necessariamente reati o inadempimenti.
L’imputato si era limitato a riferire gli esiti di una verifica allo stesso commissionata senza voler usare parole lesive della reputazione altrui.
2.2. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 131 bis c.p..
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo è fondato e va pertanto accolto.
L’espressione pronunciata dall’imputato secondo cui la persona offesa, amministratore del condominio …, “non aveva pagato i canoni dell’acqua” è effettivamente priva, come sostenuto dal ricorrente, di una inequivocabile consistenza diffamatoria tale da non rendere necessaria una indagine sul dolo.
La Corte territoriale, aderendo all’impostazione del giudice di primo grado, senza soffermarsi sull’esame dell’elemento psicologico del reato, ha invece ritenuto la natura diffamatoria dell’espressione in epigrafe sul rilievo che l’imputato avrebbe attribuito alla persona offesa una condotta illecita o non professionale, come tale intrinsecamente lesiva della reputazione di una persona.
Tale assunto non è condivisibile in quanto il mancato pagamento da parte di un amministratore di condominio dei canoni dell’acqua può essere dovuto a svariate ragioni, non necessariamente coincidenti con una condotta illecita, ed anche ove l’imputato avesse voluto attribuire alla persona offesa una condotta non professionale, ciò non avrebbe comunque integrato gli estremi del delitto ascritto, essendo la frase pronunciata (concorrendo indubbiamente il requisito della continenza) espressione dell’esercizio del diritto di critica, salvo che non fosse stata dimostrata la consapevolezza dell’imputato di riferire circostanze non corrispondenti al vero.
D’altra parte, emerge dalla ricostruzione dei giudici di merito un utilizzo quantomeno disinvolto del termine “contraffatto”. Posto che nella comune accezione la parola “contraffazione” è chiara espressione di una condotta simulatoria e falsificatrice, nella fattispecie in esame, la Corte territoriale ha ritenuto la natura “contraffatta” dell’estratto conto dell’ACA (azienda dell’acqua) esibito dall’imputato sulla base del solo rilievo che da altro estratto conto procuratosi dalla persona offesa presso l’ACA erano riscontrabili i pagamenti effettuati, senza approfondire le circostanze legate alle caratteristiche del documento mostrato dall’imputato ai condomini, ai motivi delle sue differenti risultanze, alle modalità con cui il N.C. ne era venuto in possesso, rilevanti ai fini della valutazione dell’elemento psicologico, in relazione al quale la sentenza impugnata presenta quindi un’evidente carenza di motivazione.
Deve dunque annullarsi la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Pescara.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Pescara.