[A cura di: Emiliano Marvulli – FiscoOggi, Agenzia delle Entrate]
La vendita di un terreno sul quale, dopo l’acquisto, sono state realizzate opere intese a renderlo edificabile, che ne hanno aumentato il valore, genera sempre una plusvalenza tassabile ai fini Irpef, anche nell’ipotesi in cui il bene sia pervenuto al contribuente a seguito di successione mortis causa. Questo il principio ribadito dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 13071 del 24 maggio 2017.
IL FATTO
L’amministrazione finanziaria notificava nei confronti di un contribuente un avviso di accertamento, contenente la determinazione di una plusvalenza derivante dalla cessione di un terreno di proprietà, sul quale erano state realizzate attività edificatorie. Avverso l’atto impositivo il contribuente proponeva prima ricorso in Commissione tributaria provinciale – parzialmente vinto con la riduzione alla metà del maggior reddito accertato – e, successivamente, dinanzi alla Commissione regionale, che lo accoglieva in toto, con conseguente annullamento dell’avviso di accertamento.
L’amministrazione finanziaria proponeva ricorso alla Commissione tributaria centrale, che lo rigettava sulla base del principio per cui non può ravvisarsi una plusvalenza in capo a un soggetto “che abbia ricevuto il bene, oggetto di realizzazione edificatoria, a titolo successorio”. L’amministrazione finanziaria, quindi, ha impugnato tale decisione dinanzi alla Corte di cassazione sulla base di due motivi. I giudici della Corte hanno accolto il principale motivo di impugnazione e hanno cassato con rinvio la sentenza.
LA DECISIONE
La questione posta all’attenzione dei giudici di legittimità ruota attorno alla corretta qualificazione e determinazione delle plusvalenze derivanti dalla cessione di terreni, su cui sono state realizzate attività edificatorie, nella particolare ipotesi di acquisto per successione. In tutti i gradi del giudizio, i giudici di merito hanno escluso la qualificazione di plusvalenza imponibile perché, essendo stato acquisito l’immobile per successione mortis causa, non si genererebbe mai una plusvalenza tassabile in capo al contribuente.
I giudici della suprema Corte di cassazione hanno ribaltato il giudizio di merito e hanno accolto le doglianze dell’amministrazione finanziaria, che lamentava violazione dell’articolo 76, comma 3, del Dpr 597/1973 (vigente ratione temporis), contenente le disposizioni sui redditi derivanti da operazioni speculative. Secondo il citato articolo 76, è sempre fatta “con intenti speculativi, senza possibilità di prova contraria, l’esecuzione di opere intese a rendere edificabili i terreni inclusi in piani regolatori o in programmi di fabbricazione, e la successiva vendita anche parziale dei terreni”. Sulla base di tale principio, pertanto, il realizzo di una plusvalenza derivante dalla cessione di un terreno, su cui sono state realizzate opere edificatorie che ne hanno aumentato il valore, costituisce reddito tassabile ai fini delle imposte dirette, quand’anche il bene sia pervenuto al contribuente per successione o per divisione ereditaria.
Infatti, sulla scia di una precedente decisione assunta dai giudici di legittimità, la Corte ha ribadito che, “quando tra il momento dell’acquisto e quello dell’alienazione siano state compiute attività e operazioni intese ad aumentare il valore dei beni così pervenuti”, si genera, comunque, materia imponibile in capo al cedente, indipendentemente dalle modalità di acquisizione del cespite. In tale prospettiva, non può essere accolta la posizione delle Commissioni tributarie che, sulla base di un’erronea interpretazione del citato articolo 76, hanno affermato di voler privilegiare l’interpretazione restrittiva che porta a escludere, in ogni caso, l’esistenza di una plusvalenza tassabile “ove il bene sia pervenuto al contribuente a seguito di successione mortis causa”.