“No al registro degli amministratori di condominio, che rischia di trasformarsi in una tassa sui professionisti, senza fornire alcuna garanzia all’utenza”. L’Anammi commenta così l’ordine del giorno, accolto in sede di esame della Manovra di bilancio, che impegna il Governo a valutare la possibilità di introdurre l’obbligo di iscrizione ad un Registro istituito presso il ministero della Giustizia.
“Condividiamo la preoccupazione per il sommerso fiscale nel nostro settore – osserva Giuseppe Bica, presidente dell’associazione -. Inoltre, chiediamo da tempo maggiori controlli sulla formazione periodica. Quello che non ci convince è la soluzione proposta che, a nostro giudizio, lascerà inalterati i problemi”.
Il registro, così come previsto dall’ordine del giorno approvato in Senato, sarebbe obbligatorio per coloro che svolgono attività di amministrazione condominiale, quindi anche per i condòmini-amministratori. Nel registro sarebbero indicati i dati anagrafici dell’operatore, quelli relativi al regime fiscale, l’eventuale adesione ad un’associazione di categoria e la frequenza annuale ai corsi di aggiornamento periodico.
“Il fine pubblicistico del registro – sottolinea Bica – non premia il ruolo svolto dalle Associazioni in questi anni a favore della qualificazione della categoria, non fornisce garanzie ai nostri utenti finali, che sono i condòmini, né tantomeno al professionista contro la concorrenza sleale di chi non rispetta le regole”. Inoltre, aggiunge il presidente, “non si colpirebbe il fenomeno dei corsi-truffa e la vendita di finti certificati, ottenuti on-line dietro pagamento. Anche le famose 15 ore di aggiornamento professionale obbligatorio sono spesso soltanto sulla carta e tali, anche con il registro, rimarrebbero”.
L’impressione è che l’unico vero vantaggio sarebbe per il bilancio dello Stato. “Poiché l’iscrizione sarebbe obbligatoria – avverte il presidente di Anammi – tutti i professionisti, pur di lavorare, sarebbero costretti a versare il contributo in modo da essere presenti nel Registro. Una norma del genere si trasformerebbe così in un balzello a carico dei professionisti, che ricadrebbe poi sui condòmini, senza però combattere l’evasione”. In tal senso, l’associazione propone di rendere almeno gratuita l’iscrizione, allo scopo di non gravare sulla categoria.
L’Anammi, che conta su oltre 13mila iscritti in tutta Italia, conferma la sua disponibilità a collaborare con le istituzioni per individuare insieme soluzioni e misure in grado di rafforzare e tutelare la categoria e, al tempo stesso, l’utenza condominiale. “Il registro presso il ministero della Giustizia lascerebbe intatti i problemi già esistenti – conclude il presidente Bica – rendendo meno credibile un settore che, nonostante la crisi, ha continuato a creare posti di lavoro”.