Il regolamento di condominio viene tradizionalmente definito con una delle seguenti espressioni: la legge interna del condominio, lo statuto del condominio, un accordo tra i diversi proprietari.
Occorre subito premettere che esistono due tipi di regolamento: il regolamento assembleare ed il regolamento contrattuale. In linea generale, il regolamento assembleare viene approvato dall’assemblea a maggioranza, mentre il regolamento contrattuale richiede il consenso di tutti i condòmini. Ma il numero di proprietari necessario per l’approvazione del regolamento non è l’unico criterio discretivo tra le due fattispecie, le quali differiscono anche per la natura giuridica, per il procedimento di formazione, per il contenuto, per i limiti, per l’efficacia. È necessario anzitutto comprendere le differenze esistenti tra i due tipi di regolamento, per poi arrivare al cuore della tematica, ovvero la natura della singola clausola regolamentare.
REGOLAMENTO ASSEMBLEARE
Il regolamento assembleare è disciplinato dall’art. 1138 cod. civ. Esso deve essere approvato dall’assemblea con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio. È possibile distinguere tra regolamento assembleare obbligatorio e facoltativo: quando il numero dei condòmini è superiore a dieci, la legge impone l’adozione del regolamento; al di sotto della detta soglia, la formazione di questo documento è rimessa alla volontà dei proprietari, i quali ne valuteranno l’opportunità. Circa l’esatta portata dell’espressione “numero dei condòmini superiore a dieci”, ci si è chiesti in dottrina se tale numero vada calcolato facendo valere per uno i comproprietari della stessa unità immobiliare; la risposta è stata positiva, sarebbe infatti assurdo rendere obbligatorio un regolamento solo perché un appartamento appartenga, anziché ad una persona, a più soggetti (A. CELESTE A. SCARPA, Il condominio negli edifici, Milano, 2017, p. 667).
Il regolamento assembleare contiene le norme relative all’uso delle cose comuni, alla ripartizione delle spese (secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino), alla tutela del decoro dell’edificio, all’amministrazione. Quanto ai limiti, questo regolamento innanzitutto non può disciplinare materie diverse da quelle elencate sopra; inoltre non può in alcun modo menomare i diritti dei singoli condòmini, quali risultano dagli atti di acquisto e dalle convenzioni. Per quanto riguarda l’efficacia, una volta decorso il termine di impugnazione della delibera assembleare che lo ha approvato, il regolamento diventa vincolante per tutti i proprietari e per i loro aventi causa.
IL REGOLAMENTO CONTRATTUALE
Il regolamento contrattuale è disciplinato dalle disposizioni codicistiche in tema di contratti. In particolare, con riferimento al procedimento di formazione, l’art. 1326 cod. civ., rubricato “Conclusione del contratto”, dispone che il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza dell’accettazione dell’altra parte. Sotto questo profilo, è possibile distinguere due procedimenti di adozione: interno ed esterno.
Il regolamento contrattuale di origine interna è quello approvato da tutti i condòmini: talvolta si parla, in proposito, di assemblea totalitaria, per sottolineare che il quorum necessario per l’approvazione è la totalità dei condòmini e, dunque, la totalità dei millesimi; si noti, tuttavia, che solo in maniera impropria il regolamento contrattuale può dirsi approvato dall’assemblea (pur totalitaria), trattandosi non di un atto collegiale ma di un contratto, dunque riferito non alla volontà del condominio ma a quella di tutti i proprietari come tali considerati.
Il regolamento contrattuale di origine esterna è quello predisposto dall’originario unico proprietario (solitamente, il costruttore) e poi accettato dai singoli condòmini via via che le unità immobiliari vengono alienate.
Questo regolamento è a contenuto libero, a mente dell’art. 1322 cod. civ., rubricato “Autonomia contrattuale”, in base al quale le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto. Quanto ai limiti, innanzitutto sulla base del citato art. 1322 cod. civ. le disposizioni del regolamento contrattuale devono rispettare i confini imposti dalla legge e devono essere dirette a realizzare interessi che l’ordinamento giuridico ritiene meritevoli di tutela. Inoltre, questo regolamento non può porsi in contrasto con alcune specifiche disposizioni indicate dall’art. 1138, co. 4, cod. civ. come inderogabili. Si tratta delle norme in tema di: impossibilità per il condomino di rinunciare al suo diritto sulle parti comuni (art. 1118, co. 2, cod. civ.); indivisibilità delle parti comuni (art. 1119 cod. civ.); innovazioni (art. 1120 cod. civ.); nomina e revoca ed obblighi dell’amministratore (art. 1129 cod. civ.); rappresentanza del condominio in capo all’amministratore (art. 1131 cod. civ.); dissenso dei condomini rispetto alle liti (art. 1132 cod. civ.); costituzione dell’assemblea e validità delle delibere (art. 1136 cod. civ.); impugnazione delle delibere (art. 1137 cod. civ.).
Per quanto riguarda l’efficacia, una volta che il contratto sia concluso (in base al procedimento adottato, interno od esterno), il regolamento diventa vincolante per tutti i proprietari attuali, mentre per i loro aventi causa occorrono ulteriori formalità. Infatti, per ottenere l’effetto dell’opponibilità ai terzi acquirenti, è necessario che il regolamento contrattuale sia trascritto nei registri immobiliari o sia approvato dall’acquirente nell’atto di acquisto. Si veda, ex multis, Cass. Civ. 2014/19798 (“Il regolamento di condominio edilizio predisposto dall’originario unico proprietario dell’edificio è vincolante, purché richiamato ed approvato nei singoli atti di acquisto, sì da far parte per relationem del loro contenuto, per coloro che successivamente acquistano le singole unità immobiliari”) e Cass. Civ. 1992/13179 (“Il regolamento in sé non va trascritto se non nei casi in cui vi siano clausole che – valide sotto il profilo contrattuale – producano gli effetti menzionati dall’art. 2643 c.c., ad esempio limitazioni in ordine al godimento della proprietà esclusiva del singolo condomino; limitazione a taluna soltanto delle facoltà di godimento della proprietà comune”).
LE SINGOLE CLAUSOLE
Si è detto sopra del regolamento assembleare e del regolamento contrattuale, delineandone le caratteristiche, dalle quali, riassumendo, emergono le seguenti differenze:
* il primo è disciplinato dalle norme in tema di condominio, il secondo da quelle in tema di contratti;
* il primo è approvato dall’assemblea a maggioranza, il secondo è approvato da tutti i partecipanti al condominio o predisposto dal costruttore e poi accettato dai singoli condòmini acquisto dopo acquisto;
* il primo è a contenuto vincolato ed incontra limiti in tali vincoli e nei diritti dei singoli condòmini; il secondo è a contenuto libero ed incontra limiti nella meritevolezza degli interessi tutelati e nelle norme inderogabili;
* il primo è efficace per i proprietari attuali e per quelli futuri, il secondo è efficace per i proprietari attuali mentre deve essere trascritto o richiamato negli atti di acquisto per essere efficace nei confronti dei proprietari futuri.
Occorre ora, tenendo fermo tutto quanto sopra esposto, spostare l’attenzione dal regolamento alla singola clausola. Infatti nel medesimo regolamento possono essere presenti clausole di natura assembleare e clausole di natura contrattuale; questo perché la natura della singola clausola non dipende tanto dal tipo di regolamento nel quale essa è contenuta, quanto dalla materia di cui si occupa. Si tratta, in altre parole, di tenere distinti il “contenitore” (il regolamento inteso come documento) ed il “contenuto” (la singola clausola), al fine di comprendere due aspetti distinti e complementari.
Uno: la natura della singola clausola dipende dalla materia di cui essa si occupa.
Due: la validità della singola clausola dipende dall’idoneità del “contenitore” a contenere quel “contenuto”; in particolare, un regolamento assembleare può contenere soltanto clausole di natura assembleare, un regolamento contrattuale può contenere clausole di natura assembleare e contrattuale. Alcuni esempi potranno aiutare a chiarire.
La clausola che stabilisca l’orario di battitura dei tappeti è clausola relativa all’uso delle cose comuni, come tale di natura assembleare; tale clausola può essere contenuta sia in un regolamento assembleare sia in uno contrattuale; nella seconda ipotesi, il fatto che il “contenitore” (il regolamento) sia contrattuale non muta la natura assembleare del “contenuto” (la clausola). Ne deriva logicamente che non sarà necessario il consenso di tutti i condòmini per modificare quella clausola, benché essa sia contenuta in un documento approvato con il consenso di tutti i condòmini.
La clausola che vincoli le proprietà esclusive a determinati utilizzi è clausola limitativa dei diritti dei singoli, come tale di natura contrattuale; tale clausola può essere contenuta solo in un regolamento contrattuale, perché il regolamento assembleare è un “contenitore” non idoneo a contenere un “contenuto” (la clausola) di questo tipo. Se comunque vi fosse contenuta, sarebbe nulla.