Le scale e i pianerottoli condominiali non sono assimilabili alle abitazioni e non si può pretendere di vita privata al riparo da sguardi indiscreti. Per questa ragione, è lecita l’apposizione di telecamere di sicurezza che ne riprendano gli spazi. Questo, in sostanza, il principio espresso dalla Corte di Cassazione con la sentenza 34151/2017, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. V pen., sent. n. 34151/2017
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RITENUTO IN FATTO
1. T.R. – condomino di uno stabile condiviso con i coniugi A./B. – era stato condannato dal Tribunale di Palermo per il reato di cui all’art. 615/bis cod. pen. per aver installato una telecamera sul muro del pianerottolo condominiale, nella parte contigua alla porta d’ingresso della propria abitazione, con cui inquadrava la porzione di pianerottolo prospiciente la porta suddetta, nonché “la rampa delle scale condominiali e una larga parte del pianerottolo condominiale”, in tal modo videoregistrando chiunque entrasse nel raggio d’azione della telecamera. Secondo la ricostruzione operata dal primo giudice, la telecamera inquadrava anche la porta d’ingresso dei coniugi A./B., prospiciente quella dell’imputato, allorché era chiusa l’anta della finestra che illuminava il pianerottolo condominiale: anta che, proprio per evitare l’indebita interferenza, i coniugi A./B. cercavano di tenere sempre aperta.
2. La Corte d’appello di Palermo – andando di contrario avviso rispetto al giudice di prima cura – ha assolto T.R. per insussistenza del fatto. Ad avviso del giudice di secondo grado, il pianerottolo condominiale non rientra nella nozione di privata dimora, di cui all’art. 614 cod. pen. (richiamato dall’art. 615/bis cod. pen.), e la telecamera di cui si discute – puntata sulla rampa di scale poste accanto alla porta d’ingresso dell’imputato – “aveva un raggio di ripresa che evidentemente interessava soltanto l’uscio di casa del T.R. e solo parte del pianerottolo”, tant’è che neppure la rampa di scale che porta al piano superiore era completamente ripresa.
3. Contro la sentenza suddetta ha proposto ricorso per Cassazione il difensore della parte civile lamentando l’erronea applicazione dell’art. 615/bis cod. pen. e l’illogicità della motivazione esibita dalla Corte d’appello.
3.1. Deduce, in primo luogo, che il giudice d’appello è incorso in “errore logico” allorché ha concluso che la telecamera non fosse in grado di riprendere la porta d’ingresso dell’abitazione della parte civile, giacché i fotogrammi di cui è composto il fascicolo processuale – posti a base del convincimento espresso in sentenza – sono stati estrapolati a campione dalla polizia giudiziaria, e se è vero che nessuno di essi inquadra la porta d’ingresso dei coniugi A./B., “è altrettanto vero che nel complesso essi mostrano almeno due diverse inquadrature del pianerottolo di cui si discute. Il che è chiaro segno del fatto che la telecamera fosse in grado di ruotare, in modo da riprendere angoli differenti del pianerottolo suddetto”. Non è senza rilievo, poi, che una parte dei fotogrammi fossero oscurati dall’anta della finestra del pianerottolo, giacché dietro quell’anta vi era la porta d’ingresso dell’abitazione della parte civile: segno che la telecamera, quando l’anta era accostata o addossata alla parete, poteva tranquillamente riprendere l’uscio di quest’ultima, come riferito – tra l’altro – dall’A., le cui dichiarazioni sono state interamente pretermesse (A. aveva riferito che, allorché apriva la porta della propria abitazione, la telecamera si accendeva, e che teneva accostata l’anta della finestra proprio per ostacolare le riprese del suo spazio privato). La Corte d’appello è incorsa, quindi, in un “travisamento del materiale di prova”.
3.2. Sotto altro profilo lamenta che la Corte d’appello abbia male interpretato l’art. 615/bis e la giurisprudenza formatasi sul punto, in quanto il pianerottolo condominiale costituisce “appartenenza” di un luogo di “privata dimora” ai sensi dell’art. 614 cod. pen. (richiamato dall’art. 615/bis cit.).
4. Con “memoria di replica” del 26/5/2017 T.R. ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non merita accoglimento.
1. Il primo motivo è inammissibile perché presuppone una situazione fattuale diversa da quella ricostruita dalla Corte d’appello. Questa, sulla base degli elementi di prova a sua disposizione, ha concluso che la telecamera non riprendeva nessuno spazio privato del ricorrente, in quanto inquadrava solamente una parte del pianerottolo condominiale e la rampa delle scale. (omissis).
2. Il secondo motivo è infondato. L’art. 615/bis è funzionale alla tutela della sfera privata della persona che trova estrinsecazione nei luoghi indicati nell’art. 614 cod. pen.; vale a dire, nell’abitazione e nei luoghi di privata dimora, oltre nelle “appartenenze” di essi. Si tratta di nozioni che individuano una particolare relazione del soggetto con l’ambiente ove egli svolge la sua vita privata, in modo da sottrarla ad ingerenze esterne indipendentemente dalla sua presenza.
Peraltro, proprio l’oggetto giuridico della tutela presuppone uno spazio fisico sottratto alle interferenze altrui, sia nel senso che altri non possano accedervi senza il consenso del titolare del diritto, sia nel senso che sia destinato a rimanere riservato ciò che avviene in quello spazio. Le scale di un condominio e i pianerottoli delle scale condominiali non assolvono alla funzione di consentire l’esplicazione della vita privata al riparo da sguardi indiscreti, perché sono, in realtà, destinati all’uso di un numero indeterminato di soggetti e di conseguenza la tutela penalistica di cui all’art. 615 bis c.p. non si estende alle immagini eventualmente ivi riprese (si vedano: Cass. 10.11.06 n. 5591, la quale ha escluso che comportino interferenze illecite nella vita privata le videoriprese del “pianerottolo” di un’abitazione privata, oltre che dell’area antistante l’ingresso di un garage condominiale; Cass., n. 37530 del 25.10.06, con riguardo alle videoregistrazioni dell’ingresso e del piazzale di accesso a un edificio sede dell’attività di una società commerciale; Cass., n. 44701 del 29/10/2008, ancora una volta con riguardo alle riprese di un’area condominiale destinata a parcheggio e del relativo ingresso).
Segue a tanto che il ricorso, proposto per motivi in parte infondati e in parte inammissibili, va rigettato; ai sensi dell’art. 592 c.p.p., comma 1, e art. 616 c.p.p. il ricorrente va condannato al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.